Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-01-2013) 18-02-2013, n. 7922

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’11 giugno 2012 il Tribunale dell’Aquila, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., in accoglimento della richiesta di riesame avanzata da M.D., annullava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti il 9 maggio 2012 dal giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale in ordine ai delitti di cui all’art. 416 c.p (capo h), D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3, lett. a) e d) e comma 3 bis (capi i, l).

Il ricorrente era accusato di avere partecipato ad un’associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di una serie indeterminata di delitti connessi all’ingresso irregolare nel territorio dello Stato in violazione delle norme di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3, e successive modifiche, in grado di soddisfare, previo pagamento di ingenti somme di denaro come corrispettivo per le illecite prestazioni fornite, le richieste di ingresso in Italia di cittadini extracomunitari secondo un tariffario prestabilito, previ appuntamenti con i fittizi datori di lavoro, con programmazione delle indicazioni necessarie per far apparire come adempiuti i rispettivi obblighi di legge, ricevendo dai cittadini extracomunitari il denaro e la documentazione apparentemente idonea a dar seguito alle richieste nominative D.Lgs. n. 286 del 1998, ex artt. 22 e 24, individuandoli e prelevandoli per condurli sull’apparente posto di lavoro, coordinando i loro arrivi fin dalla terra d’origine. Il ricorrente è, inoltre, indagato in relazione al compimento di specifici atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato di numerosi cittadini extracomunitari in violazione della disciplina vigente all’epoca di commissione dei fatti.

2. Il Tribunale osservava che il quadro di gravità indiziaria ravvisato dal g.i.p. si fondava prevalentemente sul contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali e su taluni riscontri svolti in merito all’effettiva esecuzione del rapporti di lavoro dedotti a fondamento delle richieste di visto dal 2009 sino all’aprile del 2011.

Tali elementi, a giudizio del Tribunale, non erano idonei ad integrare i presupposti richiesti dall’art. 273 c.p.p., tenuto conto del carattere criptico dei colloqui, evidenzianti talora la consapevolezza di taluno dei indagati di essere sottoposto ad accertamenti, dell’omesso svolgimento delle indagini necessarie in ordine alle circostanze di fatto emerse nelle conversazioni, alla natura effettivamente simulato dei contratti, ai soggetti che avevano presentato le domande di assunzione nell’area destinataria di ripartizione territoriale, alle caratteristiche dei soggetti che direttamente o indirettamente avevano avanzato istanza di assunzione dei cittadini extracomunitari, all’iter delle relative pratiche, alla tipologia e causale dei rapporti intercorrenti tra interlocutori occasionalmente intercettati e persone con cui essi erano in contatto, alle condotte poste in essere dai richiedenti (s.a.s. "lago d’oro" e, per essa, D.D.), all’effettivo impiego dei cittadini extracomunitari presso i richiedenti, alla natura simulata o meno dei contratti di lavoro, all’entità e alle modalità dei pagamenti.

3. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica dell’Aquila-Direzione Distrettuale Antimafia, il quale lamenta violazione di legge con riferimento al carattere meramente apparente della motivazione, del tutto svincolata dall’esame degli specifici elementi indicati nel provvedimento applicativo della custodia cautelare in carcere e caratterizzata da argomentazioni non coordinate fra loro, formulate in modo astratto e assertivo, in quanto tali inidonee a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice del riesame.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per aspecificità.

1. Il requisito della specificità dei motivi trova la sua ragione d’essere nella necessità di porre il giudice dell’impugnazione in grado di individuare i punti e i capi del provvedimento impugnato oggetto delle censure: inerisce al concetto stesso di "motivo" di impugnazione l’individuazione dei punti ai quali la censura si riferisce.

La previsione contenuta nell’art. 581 c.p.p. ha una portata generale ed è, pertanto, pacificamente applicabile alle impugnazioni cautelari.

In coerenza con tale previsione la legge prevede che sia onere della parte non solo dedurre le censure che intende muovere a uno o più punti determinati della decisione, ma anche indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato (Sez. 6, n. n. 5020 del 17 dicembre 2009; Sez. 4, n. 20054 dell’1 aprile 2004; Sez. 2, n. 8803 del 27 maggio 1999).

Al requisito della specificità, quindi, non corrisponde il motivo che non esprime una determinata censura contro uno o più punti della decisione: ciò si verifica, in particolare, quando si espongono critiche che, potendo adattarsi all’impugnativa di un qualunque provvedimento, non hanno alcun preciso e concreto riferimento al provvedimento impugnato.

2.Nel caso in esame i motivi posti a base del ricorso del pubblico ministero non sono idonei ad assolvere la funzione di critica specifica, mirata e necessariamente personale della decisione impugnata, in quanto il ricorso, pur volto a dimostrare la presunta rilevanza penale della condotta ascritta all’indagato e ai suoi correi, non contiene alcun riferimento ai motivi per i quali, in concreto, il giudice del riesame ha ritenuto l’insussistenza del fatto illecito nè l’illustrazione delle ragioni idonee a consentire al giudice dell’impugnazione di esercitare il proprio sindacato. Il Procuratore della Repubblica, infatti, si è limitato a denunciare il carattere meramente apparente della motivazione, peraltro identica a quella resa nell’ambito di distinte procedure incidentali aventi il medesimo oggetto e concernenti le posizioni di altri coindagati. Ha lamentato, inoltre, l’assenza di qualsiasi collegamento con gli atti di indagine, ma non ha illustrato in concreto le specifiche emergenze processuali atte a confortare il suo assunto e ad integrare il quadro di gravità indiziaria richiesto dall’art. 273 c.p.p., ai fini dell’adozione di un provvedimento limitativo della libertà personale (Sez. Un. n. 36267 del 30 maggio 2006). Non ha, infine, proceduto ad un’autonoma critica indicando, in maniera specifica e con illustrazione delle ragioni della decisività al fine di una diversa deliberazione, i passaggi argomentativi dell’ordinanza di custodia cautelare ignorati dal Tribunale del riesame.

Per tutte queste ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per specificità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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