T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 14-01-2011, n. 182

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Col ricorso introduttivo, G.S. – proprietaria di un’abitazione sita alla via S. XXX. n. X di Vico Equense, località S. S. – ha impugnato, in uno alla precedente ordinanza del 13.5.2003 di sospensione dei lavori, l’ordinanza n. 198 del 6.6.2003 con la quale il comune le aveva ordinato di demolire le seguenti opere realizzate senza titolo abilitativo: a) in aderenza al corpo di fabbrica, ampliamento con struttura portante in lapilcemento di ca. mq. 16; b) modifica della copertura di un preesistente locale posto in aderenza a quello sub a); c) in aderenza al fabbricato principale, ulteriore ampliamento con struttura portante in lapilcemento di ca. mq. 40 a livelli sfalsati; d) locale interrato sotto il precedente ampliamento di mq. 11; e) modifica della copertura di un comodo rurale; f) varie altre modifiche dell’area cortilizia e delle altre aree esterne.
Il ricorso censura vari aspetti di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si è costituito il Comune intimato chiedendo che il ricorso fosse dichiarato improcedibile, ovvero fosse respinto nel merito.
Con motivi aggiunti, notificati il 5 dicembre 2006 e depositati il successivo 14 dicembre, G.S. ha poi impugnato l’ordinanza n. 34 dell’8.2.2005 (notificata il 13.10.2006) con la quale il Comune di Vico Equense aveva ordinato la demolizione di ulteriori opere di completamento e di ultimazione del manufatto già oggetto dell’ordine di ripristino n. 198 del 6.6.2003, consistenti nella posa in opera di infissi sia esterni che interni, nel completamento degli impianti nonché della pavimentazione interna e dell’area cortilizia, nella posa in opera di paline esterne per l’illuminazione, tutte realizzate senza permesso di costruire e ritenute in contrasto con le prescrizioni urbanistiche e ambientali.
Il ricorso censura:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del d.l. 30.6.2003, n. 269 convertito nella legge n. 326/2003 e dell’art. 44 della legge n. 47/1985, vizio del procedimento, difetto di istruttoria, in quanto non sarebbe possibile ordinare la demolizione delle opere in questione, già realizzate al momento della presentazione, il 15.11.2004, di istanza di condono edilizio; e, inoltre, in quanto il provvedimento demolitorio sarebbe generico e non conterrebbe la data di realizzazione dei lavori ritenuti abusivi;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001, difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto gli interventi in questione integrerebbero mere sistemazioni ed adeguamenti funzionali di un edificio preesistente per i quali non è richiesto il permesso di costruire;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 22 del d.P.R. n. 380/2001, difetto di istruttoria, erroneo presupposto, in quanto gli interventi di sistemazione degli infissi, pavimentazione interna e completamento degli impianti rientrerebbero nella categoria della manutenzione ordinaria, eseguibili senza alcun titolo abilitativo;
4) violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, vizio del procedimento, difetto di istruttoria, non essendo stata indicata l’aera che sarà acquisita in caso di inottemperanza all’ordine demolitorio;
5) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d.l. 23.1.1982, n. 9, convertito dalla legge 25.3.1982, n. 94, difetto di istruttoria, in quanto gli interventi di pavimentazione costituiscono opere pertinenziali di mero adeguamento funzionale e sistemazione di edificio preesistente;
6) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. n. 241/1990, essendo mancata la comunicazione di avvio del procedimento.
Il Comune di Vico Equense si è difeso invocando la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, comunque, il rigetto dello stesso.
Con ulteriori motivi aggiunti, notificati il 2 luglio 2007 e depositati il successivo 3 luglio, G.S. ha infine gravato il provvedimento comunale prot. n. 14974 del 4.6.2007 col quale, accertata l’inottemperanza all’ordine demolitorio, veniva comunicata "l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive realizzate nella proprietà sita in via S. XXX. n. 1, distinta al foglio di mappa n. 2 con particella n. 259, di cui all’ordinanza n. 34 dell’8.2.2005, così come disciplinato dal comma 3 dell’art. n. 31 del D.P.R. n. 380/2001".
In particolare, la ricorrente ha censurato:
1) invalidità derivata da quella dell’ordine demolitorio e dell’illegittimo diniego di condono frattanto opposto dal Comune di Vico Equense ed autonomamente impugnato;
2) violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 per omessa descrizione delle opere abusivamente realizzate, della superficie occupata e dell’area di sedime, posto che il provvedimento gravato richiama le sole opere di completamento di cui all’ordinanza n. 34 dell’8.2.2005 e non anche quelle di cui all’ordinanza n. 198 del 6.6.2003;
3) comunque, mancata indicazione analitica delle opere e degli immobili da acquisire, anche tenuto conto che quelle di cui all’ordinanza n. 34 dell’8.2.2005 sono meramente pertinenziali e insuscettibili di uso autonomo.
Si è difeso il Comune di Vico Equense eccependo, in via pregiudiziale, la carenza di interesse a ricorrere avverso l’atto di acquisizione gratuita al patrimonio comunale perchè sprovvisto di consistenza provvedimentale e, nel merito, l’infondatezza del ricorso.
Nella Camera di consiglio del 25 luglio 2007 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione articolata dalla ricorrente e, all’esito dell’odierna udienza, la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. Quanto al ricorso introduttivo, col quale è impugnata l’ordinanza di demolizione n. 198 del 6.6.2003, questo va dichiarato improcedibile in conseguenza dell’avvenuta presentazione in data 15.11.2004, ad opera della ricorrente, di domanda di condono relativa agli abusi edilizi contestati.
Ed infatti, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questo tribunale (v., ex multis, Sez. VI, 3 settembre 2010, n. 17279), "la presentazione dell’istanza di condono successivamente all’impugnazione dell’ordine di demolizione produce l’effetto di rendere inefficace tale provvedimento e, quindi, improcedibile l’impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse. Invero, il riesame dell’abusività dell’opera provocato dalla predetta istanza di sanatoria comporta la necessaria formazione di un nuovo provvedimento (esplicito o implicito, di accoglimento o di rigetto), che vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell’impugnativa. Infatti, nell’ipotesi di rigetto dell’istanza, l’Amministrazione deve adottare un nuovo provvedimento sanzionatorio, con l’assegnazione di un nuovo termine per adempiere. Del pari, nel caso di positiva delibazione dell’istanza non si avrebbe più interesse alla definizione del giudizio, essendo stato sanato il lamentato abuso, con effetto estintivo anche delle sanzioni acquisitive eventualmente già adottate".
2. Quanto al primo ricorso per motivi aggiunti, col quale è impugnato l’ordine demolitorio n. 34 dell’8.2.2005 relativo a lavori di completamento delle opere abusive di cui all’ordinanza n. 198/2003, questo va dichiarato inammissibile posto che, riguardo ad esso, la S. si duole soltanto della mancata ovvero della erronea valutazione di profili squisitamente edilizi, ma non svolge alcuna censura con riferimento al profilo paesaggistico, su cui pure è esplicitamente fondato, con motivazione di per sé idonea a sostenere il decisum, il provvedimento gravato.
Questo, infatti, dopo aver chiarito che le opere in questione sono "in contrasto con le disposizioni di legge, con le prescrizioni urbanistiche ed ambientali", richiama espressamente, tra le fonti normative che lo fondano, il d.lgs. n. 42 del 2004.
2.1. Peraltro, non è inutile considerare che i motivi aggiunti sono anche infondati.
Ed infatti, grava in primo luogo sulla ricorrente l’onere di provare che le opere in questione, accertate con rapporto del 25.1.2005 a seguito di apposito sopralluogo, risalgono, nella attuale consistenza, ad epoca anteriore a quella stabilita dalla legge per ottenere il condono e sono state incluse nella domanda del 15.11.2004.
Sul punto la S. si è invece limitata ad affermare che le opere di completamento erano già state realizzate al momento della presentazione dell’istanza di condono.
Sono del pari infondati gli ulteriori motivi di doglianza diretti ad inquadrare le opere in questione tra quelle di mera sistemazione ed adeguamento funzionale del preesistente fabbricato, ovvero di manutenzione ordinaria, per trarne la conseguenza della superfluità di un titolo di legittimazione edilizia.
Si deve infatti considerare a tal proposito che, "secondo il principio desumibile dal comma 14 dell’art. 35 l. n. 47 del 1985, la presentazione di un’istanza di condono non autorizza la prosecuzione di lavori a completamento o ad integrazione delle opere delle quali è ingiunta la demolizione, le quali, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive" (cfr., da ultimo, Tar Campania, Napoli, Sez. VI, 22 dicembre 2009, n. 9335).
Ancora, quanto alla mancata indicazione nel provvedimento gravato dell’area da acquisire in caso di inottemperanza all’ordine demolitorio, essa non costituisce causa di illegittimità dell’ingiunzione a demolire, in quanto tali indicazioni appartengono al successivo atto di accertamento dell’inottemperanza e di acquisizione gratuita al patrimonio comunale (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 9 febbraio 2010, n. 1785).
Infine, in caso di ordine di demolizione di opere abusive, non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. n. 241 del 1990, trattandosi di atto dovuto e rigorosamente vincolato, sicché non sono richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario (v. sul punto, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 5 maggio 2010, n. 2667).
3. Vanno invece accolti, per le assorbenti ragioni di seguito indicate, i secondi motivi aggiunti coi quali è impugnato l’atto, avente autonoma consistenza provvedimentale, di "acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive realizzate nella proprietà sita in via S. XXX. n. 1, distinta al foglio di mappa n. 2 con particella n. 259, di cui all’ordinanza n. 34 dell’8.2.2005".
Ed infatti, tale provvedimento ha ad oggetto le sole opere abusive di completamento di quelle, principali, individuate dall’ordinanza n. 198/2003 (peraltro, comunque superata per effetto dell’avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio ad opera della ricorrente), ragion per cui, proprio il carattere accessorio e strumentale delle stesse non può determinare l’effetto acquisitivo dell’intera area di sedime dei fabbricati cui esse accedono e per i quali, per quanto sopra considerato, non può dirsi consolidata alcuna inottemperanza all’ordinanza n. 198/2003 che ne disponeva la demolizione.
Pertanto, in accoglimento dei motivi rubricati nella parte in fatto coi numeri 2) e 3), il provvedimento così gravato va annullato.
4. Infine, la soccombenza ripartita consente di compensare le spese di lite.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
– dichiara improcedibile il ricorso introduttivo;
– dichiara inammissibili i primi motivi aggiunti;
– accoglie i secondi motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla il provvedimento con essi gravato;
– compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
S. Veneziano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere
Alfredo Storto, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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