Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-01-2013) 08-02-2013, n. 6329

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 6.7.2012 il Tribunale di Roma, decidendo quale giudice del riesame, riformava l’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Civitavecchia, in data 15.6.2012, con la quale era stata applicata a Y.D.A. la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sostituendola con la misura dell’obbligo di dimora nel comune di Ancona.

Il tribunale, quindi, riteneva la sussistenza di un compendio indiziario connotato della necessaria gravità avuto riguardo al fatto contestato, tratto dal verbale di arresto e dagli accertamenti della polizia giudiziaria.

Quanto alle esigenze cautelari, il tribunale evidenziava che, dovendosi ritenere allo stato l’episodicità del fatto e tenuto conto dello stato di incensuratezza e del solido contesto familiare dell’indagata che consente di formulare un giudizio positivo sulla capacità di autocontrollo della ricorrente, la misura in atto applicata doveva ritenersi sproporzionata, ben potendo essere adeguatamente salvaguardato il pericolo di recidiva – comunque attuale trattandosi di persona con doppia nazionalità e adusa a frequenti viaggi – con la misura dell’obbligo di dimora nel comune in cui attualmente abita.

2. Avverso il citato provvedimento l’indagata ha proposto ricorso per cassazione, personalmente.

Con il primo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. In specie, ribadisce la spiegazione alternativa dei fatti già indicata, lamentando che il tribunale non ha fornito alcuna spiegazione della ritenuta inverosimiglianza di tale versione.

Il tribunale, ad avviso della ricorrente, da per scontata la consegna volontaria del documento alla cittadina camerunese, omettendo di spiegarne le ragioni e di indicare gli elementi di fatto da cui trae tale conclusione; nè esplicita le ragioni per le quali l’indagata non poteva avere a sua insaputa i documenti della donna.

Infine, rappresenta la sussistenza di elementi nuovi sopravvenuti al riesame che confortano la testi difensiva acquisiti nel procedimento penale avviato in Camerun a seguito della querela presentata dall’indagata; in tale sede la cittadina camerunese ha ammesso di essersi impossessata dei documenti dell’indagata all’insaputa di questa.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio della motivazione, per illogicità e contraddizione, dell’ordinanza impugnata avuto riguardo alla sussistenza della esigenze cautelari sotto il profilo del pericolo della recidiva.

Contesta, in particolare, la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione del reato, atteso che lo stesso tribunale ha ritenuto la episodicità del fatto ed ha formulato un giudizio positivo in ordine alla capacità di autocontrollo dell’indagata. Rileva, altresì, come il tribunale non abbia in alcun modo preso in considerazione la circostanza documentata che la misura cautelare impedisce all’indagata di riprendere la attività lavorativa che svolge in Francia con regolare contratto a tempo indeterminato.
Motivi della decisione

1. E’ manifestamente infondato il primo motivo di ricorso.

Con specifico riferimento alla motivazione dei provvedimenti emessi nella fase cautelare, il vaglio demandato a questa Corte non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

Orbene, la motivazione della ordinanza impugnata sullo specifico punto contestato dalla ricorrente si sottrae alle censure che le sono state mosse perchè il tribunale ha rappresentato con argomenti logici e coerenti, ancorati alle circostanze di fatto acquisite, le ragioni che hanno indotto il giudice a ritenere sussistente un consistente quadro indiziario connotato dalla necessaria gravità.

Il tribunale, infatti, ha sottolineato come emergeva dal verbale di arresto e dagli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria che la ricorrente, cittadina francese, in data 12/6/2012 aveva favorito l’immigrazione clandestina di una cittadina camerunense che si era presentata al controllo passaporti degli arrivi internazionali dell’aeroporto di Fiumicino esibendo la carta d’identità francese, autentica ed in corso di validità, di proprietà dell’indagata. La polizia di frontiera aveva, quindi, individuato l’indagata nella zona del ritiro bagagli rinvenendo in possesso della stessa il bagaglio contenente numerosi documenti personali della cittadina camerunense (carta d’identità del Cameroun, certificati di nascita di matrimonio, fotografie formato tessera, biglietti elettronici per la tratta Roma Tel Aviv, Roma Addis Abeba e ritorno). Risultava accertato, altresì, che le donne avevano viaggiato sullo stesso volo da Tel Aviv Roma, occupando posti vicini, e che vi erano stati numerosi contatti telefonici tra le due donne in concomitanza dello sbarco a Fiumicino.

Il tribunale, quindi, ha sottolineato come apparisse più che verosimile che l’indagata avesse favorito l’ingresso nel territorio nazionale della cittadina camerunense, mentre, doveva ritenersi del tutto illogica ed inverosimile la versione fornita dall’indagata secondo la quale le due donne, amiche da tempo, avrebbero condiviso il viaggio in maniera del tutto casuale e che all’insaputa della ricorrente la cittadina camerunense l’avesse derubata del documento mettendo i propri nel bagaglio a mano dell’indagata.

E’, peraltro, opportuno ribadire che non possono essere dedotte in questa sede circostanze sopravvenute – come la intervenuta ammissione da parte della cittadina camerunese di essersi impossessata dei documenti dell’indagata – non valutate dal tribunale del riesame, che devono, invece, formare oggetto di valutazione del giudice di merito attraverso istanza di revoca o modifica della misura cautelare.

E’ orientamento consolidato quello secondo il quale l’ambito conoscitivo del giudice del riesame è circoscritto alla valutazione delle acquisizioni coeve all’emissione dell’ordinanza coercitiva, delle sopravvenienze favorevoli all’indagato e degli ulteriori elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza, anche se non presentati al giudice che emise la misura: eventuali acquisizioni successive rispetto al momento della chiusura della discussione dinanzi al collegio non assumono alcun rilievo nell’ambito del successivo giudizio di legittimità, e possono essere fatte valere soltanto con la richiesta di revoca o modifica della misura al giudice competente (Sez. 1, n. 34616 del 13/07/2007 – dep. 12/09/2007, Speziale, rv. 237764).

2. Non sono fondate le censure formulate dalla ricorrente in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.

Il giudizio prognostico relativo al pericolo di recidiva deve avere riguardo alle specifiche modalità e circostanze del fatto, indicative dell’inclinazione del soggetto a commettere reati della stessa specie, alla personalità dell’indagato, da valutare alla stregua dei suoi precedenti penali e giudiziari, all’ambiente in cui il delitto è maturato, nonchè alla vita anteatta dell’indagato, come pure di ogni altro elemento compreso fra quelli enunciati nell’art. 133 cod. pen.. A detti elementi, all’evidenza, il giudice può fare riferimento congiuntamente o alternativamente.

Deve essere, altresì, ricordato che l’insussistenza delle esigenze cautelari è censurabile in sede di legittimità soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme o nella mancanza o manifesta illogicità della motivazione, rilevabili dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 795, 06/02/1996, rv. 204014).

Orbene, la motivazione dell’ordinanza impugnata sullo specifico punto contestato dalla ricorrente si sottrae alle censure che le sono state mosse perchè ha esplicitato le ragioni che hanno indotto il giudice a ritenere – pur tenuto conto della episodicità del fatto e dello stato di incensuratezza – sussistenti le esigenze cautelari poste a fondamento della misura.

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2013

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