Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-01-2013) 08-02-2013, n. 6328

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza dell’8 giugno 2012, il Tribunale di Napoli ha respinto l’istanza di riesame proposta, ai sensi degli artt. 322, 324 e 325 cod. proc. pen., da L.F. avverso il provvedimento in data 17 maggio 2012, con il quale il G.I.P. in sede aveva disposto il sequestro preventivo della somma in contanti di Euro 13.780,00, rinvenuta presso la sua abitazione, ai sensi del D.L. 3 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 1992 n. 356, introdotto dal D.L. 20 giugno 1994, n. 399, art. 2, convertito con modificazioni nella L. 8 agosto 1994, n. 501.

2. Secondo il Tribunale del riesame sussistevano i presupposti per far luogo al sequestro preventivo della somma di danaro anzidetta, essendo stato il L. condannato con sentenza definitiva per il reato di partecipazione ad associazione criminosa di stampo mafioso e non avendo lo stesso giustificato la provenienza di tale somma, si che sussisteva a suo carico una presunzione di illecita accumulazione patrimoniale, non svolgendo egli alcuna attività lavorativa idonea ad avergli procurato la disponibilità di danaro anzidetta. La documentazione depositata non era stata idonea a dimostrare la lecita provenienza della somma di danaro in sequestro, trattandosi di atti molto risalenti nel tempo, anche perchè il suo nucleo familiare aveva dichiarato redditi quasi del tutto inesistenti; neppure erano state idonee a giustificare la lecita provenienza delle somme rinvenute nella sua disponibilità le dichiarazioni dei parenti, che avevano affermato di aver regalato somme di danaro alla figlia del L. in occasione del suo compleanno, festeggiato in un locale pubblico.

3. Avverso detto provvedimento del Tribunale di Napoli, L. F. propone ricorso per cassazione per il tramite del suo difensore, che ha dedotto erronea applicazione della legge penale e motivazione carente ed illogica circa la ritenuta sproporzione della somma in contanti rinvenuta nella sua disponibilità, rispetto alla sua situazione reddituale, avendo esso ricorrente ampiamente documentato la sua legittima disponibilità di danaro, potendo il suo nucleo familiare disporre di oltre Euro 450,00 mensili per pensione di invalidità civile della sua figlia convivente ed avendo egli introitato dal 2006 una somma totale pari ad Euro 58.357,79 per due liquidazioni disposte dall’INPS in favore della sua figlia L. e di sua moglie ed avendo poi sua figlia L. ottenuto, pochi giorni prima del sequestro preventivo impugnato, un regalo in danaro di Euro 5.000,00 da parte dei suoi nonni.
Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da L.F. è inammissibile siccome manifestamente infondato.

2. Il Tribunale del riesame di Napoli, con l’ordinanza impugnata nella presente sede, ha respinto l’istanza di riesame proposta dal ricorrente avverso il provvedimento del G.I.P. di Napoli, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo della somma in contanti di Euro 13.780,00, rinvenuto nella sua abitazione, sul presupposto che essa fossero stati acquistati col provento di attività illecite.

Ai sensi de D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 1992, n. 356, introdotto dal D.L. 20 giugno 1994, n. 399, art. 2, convertito con modificazioni nella L. 8 agosto 1994, n. 501, il sequestro preventivo è strettamente collegato alla confisca obbligatoria, prevista in caso di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti per determinati reati, elencati dalla norma di legge di cui sopra, fra i quali quello di cui all’art. 416 bis cod. pen., per il quale il ricorrente aveva già riportato condanna definitiva.

In tal caso la confisca ha struttura e presupposti diversi dall’istituto della confisca prevista dall’art. 240 c.p., in quanto, mentre per tale ultima norma assume rilievo la correlazione fra un determinato bene ed un determinato reato, nella confisca D.L. n. 306 del 1992, ex art. 12 sexies viene data rilevanza al diverso nesso che si stabilisce fra un patrimonio ingiustificato ed una persona, nei cui confronti sia stata pronunciata condanna per uno dei reati indicati nell’articolo da ultimo citato, fra i quali quello di cui all’art. 416 bis cod. pen. (partecipazione ad associazione criminosa di stampo mafioso) (cfr. Cass. 1^, 25.10.2000 n. 5263).

3.Quindi, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, convertito nella L. n. 356 del 1992, aggiunto dal D.L. n. 399 del 1994, art. 2, convertito con modificazioni nella L. n. 501 del 1994, è necessario accertare, quanto al cd. "fumus commissi delicti", la configurabilità a carico del soggetto di uno dei reati indicati dalle norme citate e, quanto al cd. "periculum in mora", elemento quest’ultimo coincidente con la confiscabilità del bene, la presenza dei medesimi indizi che potrebbero legittimare la confisca e cioè da un lato la sproporzione fra il valore dei beni rispetto al reddito od alle attività economiche del soggetto indagato e, dall’altro, la mancata giustificazione della legittima provenienza dei beni medesimi (cfr. Cass. 1^ 19.1.07 n. 15908).

4. E’ noto che il sindacato di legittimità esercitato da questa Corte, con riferimento alle ordinanze emesse dal Tribunale del riesame ai sensi degli artt. 322 e 324 cod. proc. pen. è limitato, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., comma 1, alla violazione di legge, si che va esclusa perfino la sindacabilità dell’illogicità manifesta della motivazione, di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), non essendo tale vizio riconducibile alla tipologia della violazione di legge (cfr., in termini, Cass. SS. UU. 28.5.03 n. 12).

Per aversi violazione di legge è cioè richiesto che la motivazione manchi assolutamente, ovvero sia del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza, si da non essere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero che le linee argomentative del provvedimento siano così scoordinate da rendere impossibile la percezione delle ragioni che hanno giustificato il provvedimento (cfr., in termini, Cass. 2^ 16.11.2006 n. 5225).

5.Tanto premesso, va ritenuto che, nella specie, la motivazione addotta dal Tribunale di Napoli per respingere l’istanza di riesame proposta da L.F. sussista e non può qualificarsi come meramente apparente, avendo il Tribunale confutato le argomentazioni svolte dal ricorrente per ritenere la legittima provenienza della somma di Euro 13.780,00, rinvenuta presso la sua abitazione, in particolare avendo ritenuto non decisiva la documentazione prodotta dal ricorrente ed allegata anche al presente ricorso. Il Tribunale ha invero ritenuto detta documentazione inaffidabile siccome risalente nel tempo (2006), per avere il nucleo familiare del ricorrente dichiarato, dopo tale epoca, redditi quasi del tutto inesistenti; ha poi ritenuto inadeguate allo scopo le dichiarazioni, con le quali i parenti del ricorrente hanno riferito di somme di danaro elargite alla figlia del medesimo.

6. Da quanto sopra consegue la declaratoria d’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2013

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