Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-01-2013) 08-02-2013, n. 6327 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 19.10.2011, depositata il 10.1.2012, la quinta sezione di questa Corte – per quanto qui interessa – rigettava il ricorso proposto da C.S. avverso il decreto in data 20.9.2010 con il quale della Corte di appello di Palermo aveva parzialmente confermato il provvedimento di primo grado di applicazione al predetto della misura di prevenzione personale e patrimoniale.

2. Ricorre ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen. S. C., a mezzo dei difensori di fiducia, chiedendo l’annullamento della suddetta sentenza della Corte di cassazione per errore di fatto.

In specie, lamenta che la Corte ha omesso di valutare il contenuto della memoria difensiva, depositata in data 13.10.2011 al fine di replicare alla requisitoria scritta del Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Infatti, la Corte erroneamente ha dichiarato la inammissibilità della memoria perchè depositata oltre il termine di giorni quindici previsto dall’art. 611 cod. proc. pen., non accorgendosi che si trattava di memoria di replica alla requisitoria del Procuratore generale che, ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., comma 1, ultima parte, può essere depositata fino a cinque giorni prima dell’udienza camerale.

L’errore di fatto – ad avviso del ricorrente – decisivo ai fini del convincimento dei giudici della Corte, consiste nell’errore percettivo, frutto di svista o equivoco in cui il Collegio è incorso nella lettura degli atti inerenti il giudizio. La valutazione del contenuto della memoria – che viene ripercorsa punto per punto in uno al contenuto della requisitoria scritta del Procuratore generale – avrebbe potuto comportare, ad avviso del ricorrente, un diverso convincimento del Collegio.
Motivi della decisione

Deve premettersi che, secondo l’orientamento costante di questa Corte, non è applicabile alla decisione della Corte di cassazione intervenuta in tema di misura di prevenzione la procedura di correzione dell’errore di fatto prevista dall’art. 625 bis cod. proc. pen. Sez. 6, n. 18982 del 28/03/2006 – dep. 26/05/2006, Romeo, Rv.

234624).

Tale principio è stato affermato da un lato tenuto conto che l’impugnazione straordinaria avverso i provvedimenti della Corte di cassazione è uno strumento di carattere eccezionale per cui la definizione normativa del perimetro di esperibilità del ricorso ha carattere tassativo, non suscettibile di interpretazione analogica, in quanto costituisce deroga alla regola dell’intangibilità dei provvedimenti del giudice di legittimità; dall’altro, che si tratta di rimedio ammesso soltanto con riferimento a pronunce di condanna, dovendosi intendere con tale termine l’applicazione di una sanzione penale, suscettibili di divenire irrevocabili, mentre nell’ambito del procedimento di prevenzione si forma un giudicato rebus sic stantibus (Sez. 1, n. 26660 del 12/06/2002 – dep. 12/07/2002, Mazzaferro, rv.

222095; Sez. 6, n. 2430 del 08/10/2009 – dep. 20/01/2010, Cacucci, rv. 245772).

Tanto premesso, deve rilevarsi, altresì – alla luce di quanto prospettato dal ricorrente e dei canoni ermeneutici indicati da questa Corte, tenuto conto della ratto e della lettera dell’art. 625 bis cod. proc. pen. che non consentono di sindacare a mezzo di ricorso straordinario altro (asserito) errore di fatto che non sia quello costituito da sviste o errori di percezione nei quali sia incorsa la Corte di Cassazione – che il ricorrente ipotizza un errore estraneo al paradigma dell’art. 625 bis cod. proc. pen..

La erronea dichiarazione di inammissibilità della memoria depositata oltre il termine di giorni quindici previsto dall’art. 611 cod. proc. pen., perchè si trattava di memoria di replica alla requisitoria del Procuratore generale che, ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., comma 1, ultima parte, può essere depositata fino a cinque giorni prima dell’udienza camerale, non potendo considerarsi errore di fatto, resterebbe, comunque, irrilevante ai fini dell’art. 625 bis cod. proc. pen..

Per tutte le predette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2013

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