Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-01-2013) 08-02-2013, n. 6320 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 2 marzo 2012 la Corte d’appello di Torino ha confermato il provvedimento in data 1 dicembre 2011, con il quale il Tribunale in sede ha applicato a D.R. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. per un periodo di anni 3, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.

2.Avverso detto decreto della Corte d’Appello di Torino ricorre per cassazione D.R. per il tramite del suo difensore, che, con un unico ed articolato motivo, ha dedotto erronea applicazione di legge, in quanto la proposta applicativa della misura di prevenzione era stata depositata il 14 luglio 2011 e quindi ben oltre il termine triennale dall’avviso orale, formulato nei suoi confronti dal Questore il 3 aprile 2003; pertanto, ai sensi della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 2, la richiesta applicativa della misura di prevenzione era da ritenere inammissibile, siccome formulata in assenza dei necessari presupposti; invero l’avviso orale anzidetto era una condizione di procedibilità, si che, in sua assenza, la richiesta applicativa di una misura di prevenzione era inammissibile per carenza dei necessari presupposti.

Ha ritenuto di non condividere la giurisprudenza, la quale, partendo dall’equiparazione disposta dalla L. n. 152 del 1975, art. 19, comma 1, fra i soggetti considerati pericolosi L. n. 575 del 1965, ex art. 2 ed i soggetti contemplati dalla L. n. 1423 del 1956, art. 1, n.ri 1 e 2, quelli cioè dediti, come esso ricorrente, ai traffici delittuosi o che vivano abitualmente dei proventi di attività delittuose, ha ritenuto che per essi non fosse più richiesto l’avviso orale, tenuto conto della radicale diversità riscontrabile fra i soggetti, come lui rientranti nelle categorie di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 1, n.ri 1 e 2, normalmente dediti a reati contro il patrimonio spesso di limitato allarme sociale ed i soggetti indiziati di appartenere ad associazioni mafiose; era invece da privilegiare un’interpretazione più garantistica ed a lui più favorevole, atteso che l’avviso orale consentiva al soggetto di ravvedersi, si da essere più consona alla sua funzione rieducativa.

Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto da D.R. è infondato.

2. Premesso che la L. 27 dicembre 1956 n. 1423, all’art. 4, comma 11, stabilisce che i provvedimenti relativi alle misure di prevenzione sono censurabili innanzi alla Corte di Cassazione solo per violazione di legge (cfr. Cass. 2^, 16.5.2008 n. 19694), va rilevato che non è condivisibile l’assunto del ricorrente secondo cui la misura di prevenzione indicata in narrativa sarebbe stata adottata nei suoi confronti in assenza dei presupposti di legge, in quanto la proposta era stata formulata il 14 luglio 2011, mentre l’avviso orale del Questore sarebbe stato a lui comunicato nel 2003 e quindi ben oltre il termine triennale di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 2.

Dall’esame del provvedimento impugnato, emerge invero che il Questore di Torino gli ha comunicato un ulteriore avviso orale nel corso del 2011; e non è dubbio che tale ulteriore avviso sia tempestivo rispetto alla misura di prevenzione impugnata nella presente sede.

3. Va comunque rilevato che, nei confronti di soggetti rientranti nella categorie di cui ai numeri 1) e 2) della L. n. 1423 del 1956, art. 1, non vi è necessità, ai fini dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., del previo avviso orale, di cui all’art. 4, comma 1 della legge citata e quindi neppure è necessario il rispetto del termine triennale previsto dal secondo comma dell’articolo citato, essendo applicabili, ai sensi della L. n. 152 del 1975, art. 19 le disposizioni di cui alla L. 31 maggio 1965, n. 575, le quali prevedono espressamente che le suddette persone possono essere proposte dal P.M. del luogo di dimora anche se non vi è stato il preventivo avviso orale (cfr. Cass. 1^, 21.11.07 n. 254, rv. 238770); ed è stato lo stesso ricorrente ad avere ammesso di essere stato proposto per l’applicazione della misura di prevenzione in esame, siccome ritenuto appartenente ad una delle categorie indicate nella L. n. 1423 del 1956, art. 1, n. 1) e 2), essendo stato fatto esplicito riferimento ai suoi reiterati precedenti penali, tali da farlo ritenere come soggetto abitualmente dedito ad attività criminose, il quale traeva abitualmente il proprio sostentamento, almeno in parte, dai proventi di attività delittuose. Trattasi di orientamento giurisprudenziale, che, oltre ad essere ormai univoco, appare altresì condivisibile, essendo pienamente ragionevole e dettato da concrete ed imprescindibili esigenze di contrasto alla criminalità la completa equiparazione operata dal legislatore, con riferimento alle misure di prevenzione personali, fra i soggetti ritenuti pericolosi siccome indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso ovvero ad esse assimilate ed i soggetti ritenuti, come l’odierno ricorrente, pericolosi siccome abitualmente dediti a traffici delittuosi ovvero ad attività criminose, da cui traggano, almeno in parte, i mezzi di sostentamento.

4. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2013

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