Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 11-07-2012, n. 11681 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 9 luglio 2010 la Corte d’Appello di Campobasso ha confermato la sentenza del Tribunale di Campobasso del 28 gennaio 2009 che ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato dalla T. I. s.r.l. a M.L. disponendo la reintegrazione del lavoratore e la condanna della società al pagamento delle retribuzioni globali di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia ritenendo il licenziamento in questione ontologicamente disciplinare e mancando la preventiva contestazione della condotta del lavoratore. La Corte molisana ha inoltre rigettato l’eccezione all’aliunde perceptum ritenendola tardiva non essendo stata proposta nel primo atto difensivo utile. La stessa Carte d’Appello ha pure ritenuto tardiva la produzione del verbale di conciliazione del 29 giugno 2006 dal quale risulterebbe la disponibilità della T. I. a far rientrare il lavoratore in azienda, disponibilità non accolta dal M..
La T. I. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolandolo su due motivi.
Resiste con controricorso il M..

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2218 e 2219 cod. civ. della L. n. 300 del 1970 e L. 604 del 1966, e degli artt. 421 e 437 cod. proc. civ. relativamente all’omesso esercizio dei poteri istruttori ex officio spettanti al giudice del lavoro e comunque insufficienza della motivazione sulla richiesta di ammissione e valutazione di prove documentali. In particolare si deduce che la T. I. avrebbe comunque contestato immediatamente al lavoratore gli addebiti con telegramma del 16 maggio 2005 mentre il lavoratore stesso non avrebbe mai chiesto di essere ascoltato a sua difesa. Inoltre la Corte territoriale non avrebbe acquisito il decisivo documento costituito dal verbale di accordo con il quale in data 29 giugno 2005 la T. I. avrebbe formulato una proposta di riammissione al lavoro.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione per omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia relativo alla mancata considerazione della prova della conoscenza da parte del datore di lavoro dell’aliunde perceptum; violazione e falsa applicazione degli artt. 421, 345 e 437 cod. proc. civ. in tema di valutazione dell’eccezione dell’aliunde perceptum; vizio della sentenza per omessa motivazione sulla mancata ammissione dei mezzi istruttori ex art. 210 cod. proc. civ.. In particolare si assume che la Corte territoriale non avrebbe acquisito la prova documentale dello svolgimento dell’attività lavorativa svolta dal M. presso il Centro per l’Impiego, mentre la relativa eccezione sarebbe stata formulata tempestivamente appena ottenuto il rifiuto del medesimo Centro per l’Impiego all’accesso alla documentazione relativa all’attività lavorativa del M..
I due motivi possono essere trattati congiuntamente perchè si riferiscono entrambi al mancato esercizio di poteri istruttori da parte della corte territoriale con riferimento all’accertamento di circostanze rilevanti per il giudizio. I motivi sono infondati in quanto dalla sentenza impugnata risulta che il verbale di conciliazione dal quale risulta l’offerta di riammissione al lavoro è di data antecedente al ricorso introduttivo del giudizio di primo grdo e quindi prodotto tardivamente in appello; anche riguardo all’aliunde perceptum la Corte d’appello ha congruamente motivato la tardività della relativa deduzione sollevata in appello pur in presenza di un’attività lavorativa asseritamente svolta dal M. in epoca antecedente alla pronuncia di primo grado. Anche l’effettiva osservanza del procedimento disciplinare è stata solo dedotta ed investe un accertamento di fatto non ammissibile in sede di legittimità.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 50,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A..
Così deciso in Roma, il 31 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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