Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-01-2013) 25-01-2013, n. 4046 Impugnazioni Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – Tramite difensore, S.G., in stato di custodia cautelare per i delitti di associazione a delinquere, falso e calunnia, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 13/14.8.2012 del tribunale di Bologna che, in sede di appello, confermava il pregresso provvedimento del gip del tribunale di Parma, datato 9.7.2012, di rigetto della richiesta di sostituzione della misura custodiale carceraria in corso con gli arresti domiciliari presso la abitazione della compagna G.M., deducendo con una ragione di doglianza la carenza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari una volta ridimensionate in seguito a nuova documentazione prodotta in sede di appello.

Il ricorso non merita accoglimento perchè non fondato.

Premette la Corte che nel giudizio di appello in materia di provvedimenti "de libertate", pur se l’art. 310 cod. proc. pen. non richiama le disposizioni dell’art. 309 c.p.p., comma 9 – che con riferimento alla procedura di riesame riconosce espressamente alle parti la facoltà di addurre nuovi elementi probatori fino all’udienza di discussione – è però evidente che, applicandosi all’impugnazione prevista dall’art. 310 cod. proc. pen. i principi che regolano in generale il giudizio di appello, ivi compresi quelli indicati nell’art. 603 c.p.p., commi 2 e 3, non è inibito alle parti di richiedere al giudice del gravame, entro i limiti del "devolutum", l’acquisizione di nuova documentazione, con la conseguenza che il detto giudice può respingere la richiesta solo se inconferente o relativa ad atti di cui sia vietata l’acquisizione ovvero se ritenga di essere in grado di decidere senza le acquisizioni richieste (v.

per tutte. Sez. Un. 31.3/20.4.2004, Donelli e a., Rv 227357).

Cosa debba intendersi per punti della decisione è presto detto: i punti della decisione, ai quali fa espresso riferimento l’art. 597 c.p.p., comma 1, coincidono con le parti della sentenza relative alle statuizioni indispensabili per il giudizio su ciascun reato; in primo luogo, l’accertamento della responsabilità e la determinazione della pena, che rappresentano, in tal senso, due distinti punti della sentenza. Ne consegue che ad ogni capo corrisponde una pluralità di punti della decisione, ognuno dei quali segna un passaggio obbligato per la completa definizione di ciascuna imputazione, sulla quale il potere giurisdizionale del giudice non può considerarsi esaurito se non quando siano stati decisi tutti i punti, che costituiscono i presupposti della pronuncia finale su ogni reato, quali l’accertamento del fatto, l’attribuzione di esso all’imputato, la qualificazione giuridica, l’inesistenza di cause di giustificazione, la colpevolezza, e – nel caso di condanna – l’accertamento delle circostanze aggravanti ed attenuanti e la relativa comparazione, la determinazione della pena, la sospensione condizionale di essa, e le altre eventuali questioni dedotte dalle parti o rilevabili di ufficio. Nella prospettiva del punto della decisione in merito al capo costituito dalle diverse misure cautelari, i punti della decisione sono rappresentati dall’ indizio sufficiente o grave ,come richiesto dalla disposizione di legge, e anche dalle situazioni di fatto costitutive del periculun libertatis: pericolo di inquinamento, pericolo di fuga, pericolo di reiterazione qualificata di reati.

Punto, in tale prospettiva, ancora ogni statuizione della decisione che può essere considerata in modo autonomo. Non sono punti allora le questioni poste a base della risoluzione dei punti.

Ora i nuovi documenti presentati attengono alla sussistenza o meno del punto relativo alla pericolosità del prevenuto, attraverso la risoluzione di una diversa, nuova ragione proposta ma che non si traduce nella ridefinizione del punto: discusso, in questa sede, non in forza del già dedotto tempo trascorso in custodia, della volontà di risarcimento alle persone offese, della sufficienza – ragione generica e degli arresti domiciliari a fronteggiare la pericolosità, ma per la ragione di una attività lecita del prevenuto consistita nelle sue iniziative legali negli anni 2010-2011 volte ad offrire ad ignari studenti l’opportunità di acquisire lauree in Albania suscettibili di valenza in Italia. Ma la ragione dedotta finisce per infirmare la validità del ragionamento giudiziale solo per derivazione, indirettamente in merito alla pericolosità dell’indagato, ed invece direttamente sul punto relativo alla sussisteva degli indizi. Ma su questo punto si è formato il giudicato cautelare per avere, puntualmente i giudici di appello argomentato che al di là delle forme, in tesi rispettose di norme e regolamenti, l’attività del ricorrente era volta, con il concorso di altri, a sottrarre risorse economiche ad ignari studenti che venivano illusi di acquisire una laurea straniera potenzialmente valevole in Italia.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2013

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