Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-01-2013) 25-01-2013, n. 4045 Giudice competente Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – Tramite difensore, N.R., in stato di custodia cautelare per i delitti, in concorso, di tentativo di estorsione, rapina, lesioni – ex artt. 56, 629, 628 e 582 c.p. – ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 2/6.7.2012 del tribunale di Milano che, in sede di riesame, confermava il pregresso provvedimento, emesso dal tribunale di Monza in data 14.6.2012, della custodia in carcere del N., deducendo due ragioni di doglianza: carenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza degli indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari,da un lato, inefficacia, dall’altro, della misura cautelare adottata per essere intervenuta l’ordinanza cautelare del gip di Monza dopo i 20 giorni, prescritti dall’art. 27 c.p.p., dall’emissione dell’ ordinanza cautelare del tribunale del riesame di Bolzano, datata 24.5.2012, che aveva contestualmente dichiarato la propria incompetenza per territorio e disposto la trasmissione degli atti al gip del tribunale di Milano che, emesso il titolo cautelare, aveva, previa a sua volta, declaratoria della propria incompetenza territoriale, trasmesso gli atti al gip del tribunale di Monza.

Il ricorso non è fondato e pertanto va respinto.

Preliminare ed assorbente è prendere posizione sulla eccezione di inefficacia della misura adottata dal tribunale di Monza oltre l’asserito ventesimo giorno dalla data della prima ordinanza di incompetenza emessa dal tribunale del riesame di Bolzano. Anche per un momento ammessa la violazione del termine, non è possibile condividerne le conclusioni: invero anche nel caso in cui il giudice competente abbia riemesso l’ordinanza applicativa di una misura cautelare dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 27 c.p., questa si caratterizza per la completa autonomia rispetto alla precedente ad effetti interinali, con la conseguenza che il termine di venti giorni costituisce il limite temporale dell’efficacia della prima ordinanza, emessa dal giudice incompetente, senza alcuna influenza sulla autonoma determinazione del secondo giudice indicato come competente dal primo (già S.U. 20.7.1003, Silvano, Rv. 194315).

Il rilievo assorbe ogni pur possibile altro: quello della rilevanza dell’ordinanza cautelare emessa dal giudice – gip di Milano – ritenuto erroneamente competente dall’Autorità giudiziaria di Bolzano, con la conseguente trasmissione, previo rinnovata misura cautelare, al gip del tribunale di Monza, come ancora il rilievo che la data di emissione dell’ ordinanza di misura cautelare emessa dal predetto Gip deve individuarsi nell’atto del deposito del dispositivo, unitamente alla motivazione, per essere la data apposta in calce del tutto ininfluente per essere priva di un attestato di certezza (Sez. 6, 21/27.3.2012, B., Rv. 252567).

Inammissibili, poi, perchè impostati tutti sul piano del merito, le critiche difensive in punto di motivazione relativa ai presupposti condizionanti l’emissione della misura cautelare: le condotte di rapina e di estorsione a livello di tentativo sono state recepite sul piano della legittimità valorizzando le dichiarazioni della persona offesa W.T., che sono state ritenute attendibili, anche se solo sul piano della probabilità e salvo le verifiche sul piano della certezza processuale che deve contrassegnare il giudizio definitivo del grado, rilevando la plausibilità dell’ante-fatto condizionante le condotte criminose, come emergenti dalle dichiarazioni, oltre che dello stesso indagato, anche degli altri protagonisti della vicenda, nonchè sottolineando il contenuto di intercettazioni telefoniche per nulla contestate dalla difesa del ricorrente. In proposito deve ribadirsi che le regole dettate dall’art. 192 c.p.p., comma 3 non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.

Il pericolo di fuga, poi, ed il tentativo di concordare tra tutti gli indagati la versione da riferire agli inquirenti emerge con particolare nitore dalla necessità di catturare l’indagato, ben a conoscenza delle indagini in corso, con un ordine internazionale, da un lato, e dal contenuto di intercettazioni di conversazioni tra gli indagati funzionali a costruire una versione unitaria dei fatti funzionale all’inquinamento delle prove, dall’altro.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2013

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