Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-07-2012, n. 11654 Dichiarazione di adottabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Su ricorso del Pubblico ministero ex art. 330 cod. civ. il Tribunale per i minorenni di Torino disponeva l’inserimento di M. N. – nato il (OMISSIS), da genitori tossicodipendenti privi di un’occupazione stabile – presso una famiglia affidataria, dopo le dimissioni dall’ospedale dov’era stato partorito.

Il P.M. presentava poi ricorso per la dichiarazione dello stato di adottabilità e il tribunale per i minorenni provvedeva all’affidamento ad una famiglia provvista dei requisiti per l’eventuale adozione; con sospensione sia degli incontri tra il minore ed i genitori e parenti, sia della potestà genitoriale e con nomina di un tutore provvisorio.

Con provvedimento del 3 giugno 2008 la Corte d’appello di Torino revocava la sospensione della potestà genitoriale e ripristinava gli incontri in luogo neutro.

In data 8 ottobre 2008, il Tribunale per i minorenni di Torino respingeva i ricorsi per l’affidamento del minore proposti dagli zii materni, nonchè dalla cugina paterna e da suo marito; e con sentenza 4 maggio 2010 dichiarava lo stato di adottabilità, disponendo che il minore rimanesse nella famiglia cui era stato affidato, con interruzione dei rapporti con i genitori ed i parenti.

Il successivo gravame era rigettato dalla Corte d’appello di Torino – sezione per i minorenni con sentenza 29 giugno 2011.

La corte territoriale motivava:

– che i genitori naturali non avevano proposto appello avverso la decisione di primo grado ed era comunque indubbia la loro incapacità ad occuparsi del bambino;

– che la zia materna F.I. ed il di lei marito U. V. non avevano mai avuto rapporti significativi con il minore, nè si erano attivati per richiedere l’autorizzazione alle visite;

– che la nonna paterna, I.G., pur apparendo capace di rispondere alle esigenze di cura materiale del bambino, non era altrettanto idonea al suo accudimento morale, in considerazione sia dell’età piuttosto avanzata, sia dei rapporti tesi con il proprio figlio, padre naturale del piccolo N.: tali da suscitare preoccupazioni sulla capacità di assolvere un ruolo protettivo da eventuali interferenze degli stessi genitori, affetti da gravi problematiche di dipendenza dalla droga;

– che analoga valutazione doveva farsi del coniuge della I., pur sicuramente affezionato al minore;

– che, infine, anche lo zio paterno appariva del tutto inadatto, privo com’era di un nucleo familiare proprio e di adeguata capacità di occuparsi delle esigenze del minore.

Avverso la sentenza, notificata l’11 luglio 2011, i sigg. I. R., Z.D., M.C., I. G., S.M., F.I. e U.V. proponevano ricorso per cassazione articolato in sei motivi e notificato il 23 settembre 2011.

Deducevano:

1) la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8 e 12 e del correlato principio secondo cui lo stato di adottabiiita può essere dichiarato soltanto ove si accerti l’impossibilità, nonostante adeguati interventi di sostegno da parte dei servizi sociali, di consentire la crescita del minore nella sua famiglia naturale;

2) la violazione delle medesime norme per aver dedotto lo stato di abbandono da elementi del tutto astratti, in assenza di alcuna sperimentazione di affidamento del minore ai genitori o ai parenti.

3) la falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 12 in ordine al rigetto della richiesta di affidamento svolta dei sigg.

I. e S., sulla base della sola mancanza formale del grado di parentela entro il quarto grado;

4) la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 8 e 15 nella mancata verifica della persistente situazione di abbandono all’esito del procedimento, senza possibilità di porvi rimedio;

5) la carenza di motivazione del ritenuto stato di abbandono del minore.

6) la nullità del procedimento per inosservanza della L. n. 184 del 1983, art. 10, commi 1-3.

Resisteva con controricorso il curatore speciale del minore M.N..

All’udienza del 21 maggio 2012 il Procuratore generale ed il difensore dei ricorrenti precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
Motivi della decisione

Con i primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per affinità di contenuto, i ricorrenti deducono la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8 e 12 e l’accertamento dello stato di abbandono sulla base di parametri astratti.

I motivi sono infondati.

Al riguardo, premesso che i genitori non hanno proposto gravame contro la decisione di primo grado, si osserva come la corte territoriale abbia dato ampio conto delle ragioni di inidoneità dei nonni e degli zii a prendersi cura del minore, attribuite a fattori oggettivi insuperabili, come l’età nel caso dei primi, e la mancanza di rapporti affettivi significativi per i secondi: circostanze ostative, in nessun modo superabili per mezzo di un sostegno esterno da parte dei servizi sociali. Per quanto riguarda, poi, la cugina I.G. – della quale si assume l’esperienza e la competenza specifica, quale assistente per l’infanzia – ed il di lei coniuge S.M., natura preclusiva riveste il difetto del requisito della parentela entro il quarto grado, che delimita il concetto di famiglia di origine, rilevante ai fini dell’affidamento.

Oltre ciò, la corte territoriale ha fornito una concorrente motivazione in punto di fatto, nel rilievo dell’assenza di rapporti significativi dei sigg. I. e S. con il minore.

In conclusione, le ragioni della ritenuta inidoneità ad ottenere l’affidamento del minore sono state diffusamente e particolarmente esposte con riferimento a ciascuno dei ricorrenti; i quali, in questa sede, si limitano a prospettare spiegazioni diverse del loro comportamento e di quello del minore in occasione degli incontri tenutisi in luogo neutro: senza individuare precise ragioni di illogicità dell’iter argomentativo seguito dalla corte d’appello di Torino, che ha anche dato conto, adeguatamente, delle ragioni della superfluità della consulenza tecnica d’ufficio richiesta.

Il quarto ed il quinto motivo motivo, relativi, rispettivamente, alla violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 8 e 15 ed alla carenza di motivazione, per mancata verifica della persistente situazione di abbandono, sono inammissibili.

Richiamata la mancata proposizione dell’appello da parte dei genitori naturali – di cui inutilmente si allega quindi, in questa sede, il percorso riabilitativo volto al recupero dalla tossicodipendenza – si osserva come le censure in esame si risolvano in una difforme valutazione degli elementi di fatto apprezzati dalla corte, avente natura di merito, che non può trovare ingresso in questa sede.

L’ultimo motivo, con cui si denunzia la nullità del procedimento per inosservanza della L. n. 184 del 1983, art. 10, commi 1-3, è inammissibile per novità, non risultando dedotto nel corso del processo di appello.

Il ricorso è dunque infondato e dev’essere respinto.

In considerazione dell’oggetto del giudizio, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese di giudizio;

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52 (Codice in materia di protezione dei dati personali).

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *