Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-01-2013) 25-01-2013, n. 4034 Scarcerazione per decorrenza termini

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1 – Il GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, con ordinanza del 28.12.2011 rigettava la richiesta di declaratoria di perdita di efficacia della custodia cautelare in carcere per decorrenza del termine di fase relativamente alla posizione di:

B.C.C..

– l’istanza di scarcerazione veniva proposta ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3 atteso che il termine della carcerazione avrebbe dovuto essere retrodatato, con inizio a partire dal 10.5.2011, data della prima ordinanza cautelare emessa a carico dello stesso indagato nell’ambito del processo cd. (OMISSIS) per l’imputazione di associazione per delinquere ex art. 416 bis c.p.;

– il ricorrente sottolineava che i reati di cui alla prima ordinanza erano collegati ex art. 81 c.p., dal vincolo della continuazione con i fatti oggetto della seconda ordinanza custodiale emessa per l’ipotesi delittuosa L. n. 356 del 1992, ex art. 12 quinquies aggravata L. 203 del 1991, ex art. 7;

1.2 – Il Tribunale per il riesame di Reggio Calabria, con ordinanza del 0.05.2012, respingeva l’appello osservando che la contestazione di partecipazione all’associazione per delinquere di cui alla prima ordinanza non consentiva di ritenere provata l’esistenza del vincolo della continuazione con il reato-fine di intestazione fittizia di beni di cui alla seconda ordinanza cautelare e che dall’imputazione provvisoria non emergevano elementi per ritenere che l’imputato avesse deliberato sin dall’origine di compiere anche i singoli reati per i quali si sarebbe espletato il programma associativo;

1.3 – Avverso tale decisione, ricorre per cassazione il difensore dell’indagato, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

2.1 – manifesta illogicità della motivazione e lamenta che il Tribunale non avrebbe considerato che la prova del vincolo della continuazione emergeva dalla circostanza che entrambe le condotte: – di adesione al sodalizio mafioso e – di commissione della condotta di intestazione fittizia, erano state commesse nello stesso arco temporale;

ne derivava a parere del ricorrente l’evidenza del nesso soggettivo idoneo a dimostrare l’identità del disegno criminoso;

2.2 – manifesta illogicità della motivazione per avere trascurato che anche per il secondo procedimento era stata prevista l’imputazione di associazione per delinquere, sostanzialmente identica alla prima;

2.3 – manifesta illogicità della motivazione per non avere approfondito l’elemento soggettivo della continuazione tra il reato associativo e quello dell’intestazione fittizia;

CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

3.1 – I motivi di ricorso sono totalmente infondati.

3.2 – Il Tribunale del riesame ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione, evidenziato tutte le ragioni, fattuali e giuridiche, che sostengono il provvedimento restrittivo impugnato.

3.3 – In maniera del tutto esaustiva l’ordinanza impugnata sottolinea che dall’imputazione provvisoria non emergono elementi per ritenere che, già al momento dell’adesione al sodalizio criminoso, di cui alla prima ordinanza cautelare, l’indagato avesse previsto e progettato di compiere anche il reato-fine di intestazione fittizia, di cui alla seconda ordinanza, sicchè non vi sarebbe la possibilità di ritenere, allo stato, il vincolo dell’unicità del disegno criminoso e della continuazione tra i due reati.

3.4 – La motivazione è congrua perchè aderente alle emergenze processuali e conforme al principio per il quale non sussiste il vincolo di connessione qualificata, e cioè quello di continuazione o di connessione teleologica, per l’applicazione della regola di retrodatazione dei termini di custodia cautelare, in caso di ordinanza emessa per l’addebito di partecipazione ad associazione di tipo mafiosa e di altra ordinanza emessa per gli addebiti di reati- fine, (nel caso di specie reato di intestazione fittizia), non potendo ritenersi che i reati fine rientrino nel generico programma associativo, nè che i medesimi siano consumati per "eseguire" il reato associativo. (Cassazione penale, sez. 1, 11/02/2011, n. 18340).

3.5 – I motivi di ricorso si limitano a proporre deduzioni di carattere generico, come: la sostanziale coincidenza temporale tra i fatti di cui alle due imputazioni ed il mancato approfondimento dell’elemento soggettivo, circostanze non idonee a dimostrare l’assunto difensivo e, soprattutto, non sufficienti a dimostrare che il B. sin dal momento dell’adesione al sodalizio criminoso avesse già deciso di compiere anche il reato di cui alla seconda ordinanza, così che i motivi proposti non risultano idonei a contrastare efficacemente la motivazione impugnata, per altro conforme alla eccitante giurisprudenza di legittimità costante nell’affermare che tra il reato associativo ed i reati-fine non è ravvisabile un vincolo rilevante ai fini della continuazione o della connessione teleologica, poichè, di regola, al momento della costituzione dell’associazione, i reati-fine sono previsti solo in via generica e programmatica. Il vincolo suddetto potrà piuttosto configurarsi solo quando, nel momento anzidetto, i reati fine siano stati concepiti in maniera chiara e definita. (Cassazione penale, sez. 5, 10/07/2009, n. 40093).

3.6) – Consegue il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento;

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2013

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