Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-07-2012, n. 11650 Opposizione a dichiarazione di fallimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. E. s.r.l. propose reclamo contro la sentenza 1 luglio 2008, con la quale il Tribunale di Vibo Valenzia aveva dichiarato il suo fallimento, in accoglimento dei ricorsi di M. S. s.p.a. e dello stesso M.S. in data 13 febbraio 2006, e di C.D. in data 3 luglio 2007, e nei quali era intervenuta C.I.L. spa. La reclamante dedusse la nullità della sentenza impugnata per violazione del contraddittorio, a causa della mancata notificazione al legale rappresentate della società E. s.r.l. della pendenza del procedimento.
2. Con sentenza 29 agosto 2009, la Corte d’appello di Catanzaro ha respinto il reclamo. La corte ha accertato che i due ricorsi di fallimento di cui s’è detto avevano avuto trattazione separata sino all’udienza 5 dicembre 2007, quando erano stati riuniti. Il ricorso 13 febbraio 2006 proposto dalla M. S. s.p.a. e da M.S., unitamente al decreto 13 marzo 2006 del giudice delegato e al verbale di udienza 5 luglio 2006, in cui era stata rilevata l’omessa produzione delle notificazioni, era stato notificato all’E. in persona del legale rappresentante pro tempore V.D. in Bologna via S. F. n. x in data 31 luglio 2007, e il plico risultava non ritirato; e il ricorso di C.D. 3 luglio 2007, unitamente al decreto del giudice delegato del 19 luglio 2007 era stato notificato al rappresentante legale in Bologna via Schiassi n. 50 in data 1 luglio, con attestazione del mancato ritiro del plico in data 21 agosto 2007.
Alla procedura era stato poi riunito il ricorso 27 agosto 2007 della C.I.L., e all’udienza 17 ottobre 2007, fissata per la comparizione del debitore, si era presentato nell’interesse dell’E. l’avv. T., il quale aveva dichiarato che a causa dello stato di salute del legale rappresentante della società debitrice era sfornito di regolare procura, e aveva chiesto un rinvio per alcune trattative in corso.
3. Per la cassazione di questa sentenza ricorre la E. s.r.l.
per cinque motivi.
C.D. ha depositato un controricorso notificato il 24 novembre 2009.

Motivi della decisione

4. L’eccezione d’improcedibilità ex art. 369 c.p.c., u.c. è infondata. E’ in atti la richiesta di trasmissione del fascicolo della causa depositata presso la cancelleria della corte d’appello di Catanzaro.
5. Con il primo motivo, si denuncia la violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c.. La corte territoriale aveva omesso di pronunciarsi sul motivo di appello, con il quale si deduceva la mancata instaurazione del contraddittorio, a seguito dell’ordinanza di rinnovazione delle notificazioni in data 20 agosto 2007, e del rinvio a tal fine della causa all’udienza 20 ottobre 2007. Sarebbe violato anche l’art. 115 perchè la corte ha ritenuto instaurato il contraddittorio sul più antico ricorso alla data 31 luglio 2007, sebbene il 20 agosto 2007 il tribunale avesse ritenuto irregolare la notifica, e gli artt. 115 e 116 perchè la corte aveva basato il suo convincimento su un atto contenuto nel fascicolo della ditta M., che all’udienza del 28 aprile 2009 aveva espressamente rinunciato agli atti e fatto istanza di ritiro del fascicolo.
5.1. Nessuna delle prospettate violazioni è ravvisabile nella fattispecie. La violazione dell’art. 112 c.p.c. è da escludere, essendosi la corte pronunciata sul motivo di appello concernente l’instaurazione del contraddittorio, pur decidendolo sulla base di elementi diversi da quelli valorizzati nell’appello. La violazione dell’art. 115 c.p.c. è esclusa perchè i documenti prodotti dalle parti sono acquisiti al giudizio e liberamente utilizzabili dal giudice ai fini della decisione. Il riferimento all’art. 116 c.p.c., circa la valutazione delle prove, è inammissibile nel caso che sia proposto un motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, qual è certamente la denuncia di violazione di norme sul contraddittorio, nelle quali questa corte è giudice del fatto processuale, e decide sulla base della consultazione diretta degli atti del processo, non essendo vincolata alle valutazioni del giudice di merito.
6. Con il secondo motivo, denunciando la violazione o falsa applicazione dell’art. 15 L. fall., artt. 140 e 145 c.p.c., art. 101 c.p.c. e art. 24 Cost., la ricorrente sostiene che l’atto in forza del quale, secondo la corte di merito, sarebbe stato istituito il contraddittorio non era in realtà regolare. Deduce che tutte le notifiche effettuate prima del 20 agosto 2007 erano state ritenute dal tribunale fallimentare non correttamente eseguite, sicchè ne era stata ordinata la rinnovazione per l’udienza del 7 novembre 2007. La rinnovazione per quest’udienza non era valida, perchè, sebbene l’ufficiale giudiziario conoscesse l’indirizzo del legale rappresentante della società, avrebbe proceduto prima a norma dell’art. 140 c.p.c. ma sempre nei confronti della società e non del legale rappresentante, e poi a norma dell’art. 143, inapplicabile se l’indirizzo non sia sconosciuto. Quanto al ricorso del creditore C., gli avvisi di ricevimento utilizzati dalla corte sono presenti "solo nel fascicolo di parte del resistente C. D.", ma non sono stati verificati dal tribunale di Vibo Valenzia.
6.1. Il motivo è infondato. La corte d’appello, nell’esaminare il punto controverso, ha osservato tra l’altro che all’udienza del 7 novembre 2007, fissata per la comparizione del debitore a seguito della rinnovazione delle notificazioni, si era presentato nell’interesse dell’E. l’avv. T., il quale aveva fatto presente che a causa dello stato di salute del legale rappresentante della società debitrice era sfornito di regolare procura, e aveva chiesto un rinvio per alcune trattative in corso. Il punto, ignorato dalla ricorrente nel suo motivo, dimostra come il debitore fosse stato tempestivamente informato della pendenza del giudizio, e avesse fatto comparire un suo legale, sicchè il diritto del debitore di essere sentito era stato rispettato.
7. Con il terzo motivo si denuncia il vizio di motivazione sull’accertamento dello stato d’insolvenza. Il giudice d’appello non avrebbe esaminato il motivo di gravame con il quale si censurava l’accertamento svolto, dal primo giudice, non con riguardo esclusivo alla situazione economica della società, ma accomunando questa indistintamente, nella valutazione dei presunti indici dello stato di decozione, alla Sud Beton. Secondo la ricorrente non si comprenderebbe su quali elementi la corte territoriale abbia confermato l’insolvenza della società, dopo aver riconosciuto l’insufficienza della motivazione del giudice di primo grado.
7.1. La censura è inammissibile per la sua genericità. A pagina 7 della sentenza sono indicati i molteplici e univoci elementi indiziari, riferibili esplicitamente e specificamente alla società E. s.r.l., che a giudizio della corte territoriale dimostravano lo stato d’insolvenza della società.
8. Con il quarto motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 5 della legge fallimentare. Si sostiene che sarebbe del tutto generico l’accenno della corte territoriale agli indici d’insolvenza richiamati nella sentenza di rigetto, e che il giudice d’appello avrebbe omesso ogni valutazione sulla possibilità dell’impresa di continuare a operare sul mercato proficuamente, e sul significato sintomatico degli inadempimenti, soprattutto perchè tutti i crediti insoluti erano stati dalla società contestati. La ricorrente ripropone quindi le sue difese di merito sull’esistenza di questi crediti.
8.1. Anche questo motivo è generico, perchè privo di riferimento puntuale alla motivazione della sentenza impugnata. In essa non si fa genericamente cenno d’inadempienze della società, bensì di "innumerevoli protesti", i quali hanno un significato sintomatico diverso da quello del rifiuto di adempiere crediti contestati nella loro esistenza. Nè la ricorrente considera l’osservazione del giudice d’appello, circa lo stato di "totale abbandono" in cui era l’impianto e l’impossibilità di eseguire le notifiche presso la sede sociale lasciata abbandonata, e circa il fatto che si trattava di elementi non contestati dalla società appellante.
9. Con il quinto motivo si denuncia l’insufficienza della motivazione sui presupposti di fallibilità di cui all’art. 1 legge fall. Si deduce di aver censurato la sentenza di primo grado per non aver effettuato un’indagine sul punto, resa più necessaria dal fatto che le istanze di fallimento erano state presentate tra il 2006 e il 2007, nella vigenza della prima riforma, che aveva parametri di fallibilità differenti dal testo vigente a seguito del decreto correttivo.
9.1. Il motivo è insufficiente, perchè, pur in presenza di una motivazione che riferisce in sintesi le censure dell’appellante e le respinge motivatamente, non indica quali di esse, in particolare, sarebbero state ignorate, nè l’atto del processo nel quale esse sarebbero state svolte, in tal modo precludendo alla corte di legittimità ogni verifica sul punto. In particolare, quanto all’intervenuta modifica normativa dei presupposti di fallibilità, la società non indica quali elementi, richiesti dalla nuova disciplina del fallimento, sarebbero stati assenti nella concreta fattispecie giudicata, con riferimento alla data della dichiarazione di fallimento, sì da rendere decisivo il punto sul quale era stata sollecitato l’accertamento del giudice di merito. In questo contesto, la censura ha evidente carattere esplorativo.
10. In conclusione il ricorso è respinto. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2012

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