Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-01-2013) 25-01-2013, n. 4031

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Tramite difensore, A.M., già condannato, in abbreviato, con sentenza 14.5.2010 della corte di appello di Bologna alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 18.000 di multa per il delitto di detenzione ai fini di spaccio di una lieve quantità di stupefacente – D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5 – ricorre per cassazione avverso la sentenza 10.4.2012 della stessa corte, che, in seguito all’annullamento con rinvio della prima decisione in grado di appello dianzi indicata da parte della corte di cassazione con sentenza in data 4.11.201, confermava, malgrado l’esclusione, come statuito dal giudice di legittimità, della aggravante di cui all’art. 61 c.p.p., comma 1, n. 11 bis, il dispositivo della pregressa decisione. Il ricorrente deduce, con una unica ragione di doglianza, violazione dell’art. 624 c.p.p. per avere il giudice del rinvio confermato, e non rideterminato, come indicato dalla sentenza della corte di cassazione, la pena in seguito alla rivisitazione del bilanciamento delle circostanze di segno opposto.

Il ricorso è manifestamente infondato, e quindi inammissibile.

Sta di fatto che il giudice del rinvio, in seguito all’annullamento della sentenza di merito da parte della Corte di Cassazione, non può mai estendere il suo campo di conoscenza sui punti della decisione ormai coperti dal giudicato parziale. E coperto dal giudicato deve ritenersi la valutazione del peso delle circostanze di segno opposto, nel senso di un giudizio di equivalenza come ormai ipotizzato dal giudice della legittimità, il dispositivo della cui sentenza ha per oggetto, e solo, l’eliminazione per il calcolo della pena della aggravante prevista dall’art. 61 c.p., comma 1, n. 11 bis. Ne consegue che nessuna possibilità di modificare la pena comminata – anni quattro di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa – residuava in seguito all’annullamento, per essere la pena così determinata equivalente al minino edittale, una volta fissato irrevocabilmente il giudizio di equivalenza tra le circostanze di segno opposto e una volta operata la riduzione per la scelta del rito. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue anche la condanna del pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2013

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