Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-12-2012) 18-03-2013, n. 12615

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L.D. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia in data 17-8-12, che ha rigettato la richiesta di riesame proposta avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, in data 31-7-12, dal Gip di Padova, in ordine al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere illecitamente detenuto, in concorso con K.A., gr 1529 di eroina, che trasportava all’interno dell’auto Wv Golf, da lui condotta.

2. Il ricorrente deduce, con unico motivo, vizio di motivazione in merito al requisito della gravità indiziaria poichè il K. si è sempre assunto in via esclusiva la responsabilità dell’agire criminoso, affermando l’estraneità alla detenzione della sostanza stupefacente del ricorrente, che era all’oscuro di tutto. La difesa ha anche fornito un’estrapolazione degli sms, da cui si evince la conferma dell’affermazione del L. circa il luogo dell’incontro con il K., in (OMISSIS). Nè il ricorrente sapeva nulla circa i motivi per i quali il K. doveva andare a (OMISSIS).

Lo stesso fatto che il sacchetto, poi risultato contenere l’eroina, fosse stato appoggiato, in bella vista, dal K. sul sedile posteriore dell’auto contribuiva a fugare, nel L., ogni eventuale preoccupazione circa la perfetta regolarità del contenuto.

Mentre il nervosismo palesato dal ricorrente, al momento del controllo, era ascrivibile all’atteggiamento non certo amichevole degli Operanti di p.g., che avevano già ricevuto, in via confidenziale, notizia del reato. L’ordinanza impugnata omette di motivare su tali rilievi e, in particolare, sugli sms appena menzionati. Nè vi è alcun riscontro di carattere individualizzante, che confermi cioè in modo specifico la responsabilità dell’accusato, collocando la sua condotta nell’ambito del fatto costituente reato.

Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato. In tema di misure cautelari personali, infatti, allorchè, come nel caso in disamina, sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. La richiesta di riesame ha infatti, come mezzo d’impugnazione, la precipua funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti enumerati dall’art. 292 c.p.p., e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo. La motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve pertanto conformarsi al modello delineato dal citato articolo, che si ispira al modulo di cui all’art. 546 c.p.p., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità ma di una qualificata probabilità di colpevolezza. Nei procedimenti incidentali de libertate, lo sviluppo della motivazione è inficiato dalla mancanza di approfondimento critico e di rigore argomentativo, allorchè l’asserto relativo al carattere di gravità degli indizi non trovi giustificazione in un organico e coerente apprezzamento degli elementi di prova nè risulti articolato attraverso passaggi logici dotati dell’indispensabile solidità (Cass., Sez. un. 22-3-2000, Audino, Cass. pen. 2000, 2231). 4. Nel caso in disamina, non può essere ravvisato il vizio di motivazione lamentato dal ricorrente, avendo la Corte d’appello evidenziato che l’indagato guidava l’autovettura a bordo della quale vi era la borsa contenente lo stupefacente e che entrambi gli indagati si erano dimostrati molto nervosi al momento del controllo, continuando a guardare la borsa contenente lo stupefacente, per paura,evidentemente, che gli Operanti la aprissero. Non appare d’altronde ipotizzarle – sottolinea il Tribunale – che il K., grosso trafficante di stupefacenti, si sia affidato, per il trasporto della sostanza, ad un soggetto ignaro di quanto stava accadendo, essendo invece altamente probabile che egli si sia affidato, per farsi aiutare nel trasporto, a persona di sua fiducia. Dalle cadenze motivazionali dell’ordinanza è dunque enuclearle una attenta analisi della regiudicanda, avendo i giudici del controllo preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla conferma del provvedimento genetico attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile sotto il profilo della correttezza logica,e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Nè la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sullo spessore dimostrativo delle risultanze procedimentali giacchè questa prerogativa è attribuita al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle acquisizioni probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimità Sez. un. 25-11-95, Facchini, rv203767). Costituisce d’altronde ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che il giudice di legittimità, nel momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e dell’osservanza della legge, non può divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della logicità della motivazione (cfr, ex plurimis, Cass Sez fer., 3-9-04 n. 36227, Rinaldi, Guida al dir., 2004 n. 39, 86; Cass sez 5, 5-7-04 n. 32688, Scarcella, ivi, 2004, n. 36, 64;

Cass, Sez 5, 15-4-2004 n. 22771, Antonelli, ivi, 2004 n. 26, 75).

Ne deriva che dedurre vizio di motivazione della sentenza significa dimostrare che essa è manifestamente carente di logica e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione (Sez un. 19-6-96, Di Francesco, rv 205621), come ha fatto il ricorrente, nel caso in esame.

5. Il ricorso va dunque rigettato, siccome infondato, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali. Vanno infine espletati gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2013

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