Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-11-2012) 29-01-2013, n. 4361

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Z.L., tramite il difensore, ricorre avverso la sentenza in data 9-7-2010 con la quale il Tribunale di Lodi, confermando quella del giudice di pace della stessa località del 10-1-2008, ne aveva riconosciuto la responsabilità per il reato di minaccia nei confronti di V.M..

Con il primo motivo si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la frase "prendo il badile e ti spacco la testa, ti ammazzo, ti faccio cadere i quattro capelli che hai in testa", pronunciata da un uomo anziano – l’imputato – all’indirizzo di un uomo molto più giovane, ex carabiniere, era, stante il contesto, priva di efficacia intimidatoria. Il fatto poteva al più costituire ingiuria scriminata dalla provocazione e comunque ricorreva quest’ultima attenuante.

Con il secondo motivo erano dedotti violazione di norme previste a pena di nullità e vizio motivazionale per essere stata ritenuta rituale la costituzione di parte civile benchè il difensore e procuratore speciale non fosse presente all’udienza, in quanto sostituito da altro legale, mentre il vizio non poteva considerarsi il vizio sanato dalla presenza personale della parte civile, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito.
Motivi della decisione

Le doglianze prospettate con il ricorso sono manifestamente infondate.

La sentenza impugnata si sottrae alle censure di violazione di legge e vizio di motivazione in punto di efficacia intimidatoria della frase pronunciata ("prendo il badile e ti spacco la testa, ti ammazzo, ti faccio cadere i quattro capelli che hai in testa").

Premesso che ai fini dell’integrazione del reato di minaccia, non è necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito, essendo sufficiente che la condotta posta in essere dall’agente sia potenzialmente idonea ad incidere sulla libertà morale del soggetto passivo (Cass. 46528/2008) -sempre che, s’intende, le espressioni usate non siano prive, ictu oculi, di qualunque portata minacciosa-, il giudice di secondo grado non ha mancato di valorizzare il contesto della vicenda, caratterizzato dalla vicinanza di abitazione tra i due protagonisti, cui ha correlato, anche alla stregua del forte astio manifestato dal prevenuto nei confronti della persona offesa, la possibilità di concretizzazione del male ingiusto prospettato.

Consegue la manifesta infondatezza della pretesa di qualificare il fatto come ingiuria scriminata dalla provocazione. Nè ha maggior fondamento l’assunto della ricorrenza della provocazione come attenuante della minaccia, essendo meramente congetturale il presupposto di un non meglio precisato fatto ingiusto della p.o., argomentato soltanto sul rilievo che le frasi minatorie iniziavano con le parole "non me ne frega niente".

La fondatezza della questione in rito circa l’irregolarità della costituzione della parte civile, è poi radicalmente contraddetta dal consolidato orientamento di questa corte che ritiene l’assenza del difensore procuratore speciale, il quale abbia nominato un sostituto processuale, sanata dalla presenza personale in udienza della persona offesa (Cass. n. 19548 del 03/02/2010 e n. 6680 del 23/10/2009).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. pen., determinandosi in Euro 1000, in ragione della natura delle questioni dedotte, la somma da corrispondere alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore delle Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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