Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-11-2012) 29-01-2013, n. 4500 Coltivazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Lecce ha assolto l’imputato in epigrafe dal reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 in relazione alla coltivazione di una pianta di canapa indiana. La pronunzia è stata riformata dalla Corte d’appello di Lecce che ha affermato la responsabilità in ordine al reato di cui al richiamato art. 73, comma 5.

2. Ricorre per cassazione l’imputato tramite il difensore deducendo l’irrilevanza penale del fatto, atteso che il principio attivo presente nella pianta era esiguo, tanto che avrebbe consentito di formare pochissime dosi. Un fatto tanto lieve è privo di offensività, in conformità alla giurisprudenza delle Sezioni unite.

Si tratta di sostanza per uso personale che non può implicare pericolo per la salute pubblica o per l’ordine pubblico. I beni giuridici protetti dalla norma non sono dunque in pericolo.

3. Il ricorso è infondato. La Corte d’appello, dissentendo dalla valutazione espressa dal primo giudice, evidenzia che la pianta in questione, alta 120 centimetri, non era priva di principio drogante;

che avrebbe consentito di produrre circa 6 dosi. Si è quindi esclusa la dedotta inoffensività della sostanza.

Tale valutazione si sottrae alle indicate censure. E’ sufficiente rammentare che le Sezioni unite di questa suprema Corte hanno affermato il condiviso principio che nell’ambito della fattispecie di cui si discute non è configurabile la coltivazione per uso personale (S.U. 24/04/2008 Rv. 239920).

Dunque, correttamente la Corte d’appello ha escluso implicitamente che il non cospicuo compendio illecito potesse essere collocato nella fattispecie di detenzione per uso personale. D’altra parte la richiamata pronunzia rapporta, condivisibilmente, l’offensività al contenuto drogante della sostanza. Tale indagine è stata esperita considerando l’entità del principio attivo e le dosi ricavabili.

Risultano quindi inconferenti le censure in esame, tutte focalizzate sull’ultronea valutazione delle implicazioni connesse alla lesione dei beni giuridici.

Il gravame deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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