Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-11-2012) 29-01-2013, n. 4355

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza datata 11/10/2010, la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina, sezione distaccata di Taormina del 15/03/2007, con la quale D.B.G. era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 582, 585 cod. pen., commesso in danno di C.G. in data 10/06/2001.

2. La Corte, escluso che la rinnovazione parziale del dibattimento fosse necessaria ai fini della decisione, ha rilevato: a) che la documentazione della quale era stata chiesta l’acquisizione si riferiva ad episodi accaduti nel 2006 e dunque inidonei a fornire elementi di valutazione rispetto al fatto contestato; b) che il capo d) della rubrica nel quale si contestavano le lesioni, descriveva queste ultime, come "complessivamente giudicate guaribili "in gg. 30 circa"; c) che, nel merito, la valutazione del consulente del P.M., operata ex post, non poteva che prevalere sul giudizio di prognosi espresso dai sanitari dell’ospedale di Messima subito dopo i fatti;

d) che la ricostruzione dell’imputato, il quale aveva sostenuto di avere preso il coltello solo per intimorire il cognato e che quest’ultimo si era ferito accidentalmente mentre si avvicinava a lui per colpirlo, era smentita dalle molteplici ferite sofferte dalla vittima e dalle deposizioni dei testi ascoltati; e) che le dichiarazioni della persona offesa e di sua moglie, sorella dell’imputato, avevano trovato riscontro nelle affermazioni dei testi C.G. e D.B.R..

3. Nell’interesse del D.B. è stato proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.

3.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 178, lett. c), artt. 494 e 598 cod. proc. pen., dal momento che, in sede di spontanee dichiarazioni, egli era stato interrotto e non aveva potuto esplicitare fatti anche successivi che dimostravano le aggressioni subite dal C..

3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 190, 234, 238, 603, in relazione all’art. 121 cod. proc. pen. dal momento che la Corte territoriale aveva ignorato la sua richiesta depositata in data 04/11/2009, alla quale aveva allegato due sentenze emesse contro il C. per reati commessi nei confronti del D. B., nel senso che non aveva dimostrato di aver valutato siffatti documenti.

3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione degli artt. 521, 429, lett. c), in relazione agli artt. 507, 508, 598 cod. proc. pen. e agli art. 81 cod. pen., dal momento che il riferimento della Corte alle valutazioni espresse dal consulente del P.M. era illogico e incoerente, non essendo stato superato il fatto che il P.M. aveva esercitato l’azione penale, "con due autonomi decreti di citazione", indicanti il tempo di guarigione in quindici e trenta giorni, laddove due sanitari dell’ospedale di Taormina aveva diagnosticato per la guarigione quindici e venticinque giorni.

3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 81, 582, 585, comma 2, art. 577 cod. pen., comma 1, n. 4, in relazione agli artt. 52, 54, 55, 586 cod. pen., nonchè vizi motivazionali, dal momento: a) che la Corte territoriale, sebbene si stesse Occupando di un unico episodio, non aveva escluso l’operatività dell’art. 81 cod. pen.; b) che erano state privilegiate le dichiarazioni della persona offesa e del coniuge, nonostante la evidente conflittualità tra i nuclei familiari, e le affermazioni dei coniugi C. – D.B., in parte neutre, in parte favorevoli all’imputato, quarto gli avevano attribuito la invocazione di soccorso in favore del cognato ferito; c) che non aveva considerato la sussistenza della scriminante di cui all’art. 52 cod. pen., per essere i fatti accaduti nella pertinenza del domicilio dell’imputato.

3.5. Con il quinto motivo, l’imputato lamenta l’assenza di motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione.

3.6. Con il sesto motivo, il ricorrente chiede dichiararsi l’avvenuta estinzione del reato per prescrizione, precisando che alla parte civile, non appellante contro la sentenza di primo grado e non ricorrente avverso la sentenza di appello, non può competere alcuna liquidazione per danni.
Motivi della decisione

1. Il reato contestato all’imputato si è estinto per prescrizione, maturata il 23/12/2010, ossia in data successiva alla sentenza di secondo grado.

2. Con riferimento alle domande civili, il ricorso è infondato.

2.1. La rilevanza delle spontanee dichiarazioni dell’imputato e le sentenza prodotte, idonee a dimostrare l’indole violenta della persona offesa, sono elementi che la Corte territoriale ha valutato, escludendone con motivazione puntuale la rilevanza al fine di ricostruire l’episodio sul quale era chiamata a giudicare e alla luce della distanza temporale rispetto a quest’ultimo dei procedimenti concernenti il C.. Nè il ricorso, nei suoi primi due motivi, riesce a fornire una convincente dimostrazione del contrario.

2.2. Anche la durata della malattia è stata puntualmente accertata dal giudice di secondo grado, facendo riferimento, anche in questo caso con motivazione congrua, alle risultanze della consulenza disposta dal P.M. che, per il fatto di collocarsi a valle rispetto alle prognosi operate nell’immediatezza, assume un rilievo preminente. Va aggiunto che, nel terzo motivo di ricorso, non si critica il percorso logico – scientifico seguito dal consulente, ma ci si limita ad operare un raffronto con le non coincidenti prognosi di due sanitari, intervenuti dopo l’aggressione, destinate ad essere superate dalla valutazione operata a posteriori.

2.3. Passando ad esaminare il quarto motivo, si rileva: a) che l’erroneo riferimento all’art. 81 cod. pen. contenuto nel capo di imputazione non ha avuto alcun riflesso nella valutazione dell’unico episodio e nel conseguente trattamento sanzionatorio; b) che la motivazione della Corte territoriale nell’apprezzamento delle risultanze istruttorie e nella valutazione di credibilità assegnata ai testi non esibisce alcun vizio di manifesta illogicità, talchè il ricorrente aspira ad un’inammissibile rivalutazione del materiale probatorio; c) l’invocata scriminante di cui all’art. 52 cod. pen. muove da una premessa (la violazione da parte della persona offesa dell’art. 614 cod. pen.) che non trova alcun riferimento nella sentenza impugnata o in altri atti processuali indicati dal ricorrente.

2.4. Il quinto motivo è assorbito dalla declaratoria di estinzione de. reato per intervenuta prescrizione.

3. Attesa la soccombenza nei confronti della parte civile, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese sostenute da quest’ultima nel giudizio di legittimità che in relazione all’attività svolta, venogno liquidate in Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato si è estinto per intervenuta prescrizione; rigetta il ricorso agli effetti civili; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *