Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-11-2012) 29-01-2013, n. 4352 Falsità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. P.F. e T.V. sono imputati del reato di cui all’art. 416 c.p., perchè, in qualità rispettivamente di medico dell’aeronautica militare abilitato al rilascio di certificati di idoneità psicofisica ai sensi dell’art. 119 C.d.S., e di titolare dell’autoscuola Italia, si associavano anche con altre persone allo scopo di commettere un numero indeterminato di reati di cui all’art. 479 c.p., consistenti nella redazione di numerosissimi certificati di idoneità fisica alla guida, ideologicamente falsi in quanto attestanti il compimento di visite e di accertamenti medici che in realtà non venivano effettuati. Al T. viene attribuita la qualifica di promotore dell’associazione. Ad entrambi gli imputati vengono poi contestati numerosi reati fine ex art. 479 c.p..

2. Il gip del tribunale di Foggia dichiarava non doversi procedere nei confronti di P.F. per il reato di associazione in quanto prescritto (essendo state a lui concesse le attenuanti generiche) mentre lo dichiarava colpevole dei reati fine, condannandolo alla pena di anni due di reclusione. T.V. veniva ritenuto responsabile dei capi A e B e condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione. Pena sospesa per entrambi.

3. La corte d’appello ha di Bari, con sentenza del 05/05/2011, in parziale riforma della pronuncia di primo caso dichiarava non doversi procedere per prescrizione nei confronti di P.F. per i reati di cui ai capi B (limitatamente agli episodi commessi fino al 30/04/1996), C, D, E, G, H, L, Y e nei confronti di T.V. per i reati di cui ai capi B (limitatamente agli episodi commessi fino al 30/04/1996).

4. Per T.V. la pena veniva rideterminata in anni uno, mesi quattro e giorni 10 di reclusione (per i reati di cui al capo A e quelli del capo B posteriori al 30/04/1996); per P.F. la pena veniva rideterminata in mesi otto e giorni 10 di reclusione (per i reati di cui al capo B posteriori al 30/04/1996).

5. Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati per i seguenti motivi:

6. T.V.:

a. mancanza della motivazione con riferimento agli elementi soggettivo ed oggettivo integranti la fattispecie di cui all’articolo 416 del codice penale;

b. carenza ed illogicità della motivazione relativamente alla qualificazione giuridica della condotta dell’imputato.

7. P.F.:

a. mancanza assoluta della motivazione con riferimento al reato di cui all’art. 416 cod. pen..

b. Violazione degli artt. 63 191 e 350 c.p.p., per avere utilizzato per la decisione delle dichiarazioni rilasciate dai beneficiari dei certificati medici asseritamente falsi.

c. violazione del divieto di reformatio in peius nella parte in cui la sentenza impugnata ha riconosciuto l’imputato responsabile anche delle ipotesi di falso relative al certificato medico rilasciato a C.V., mentre la sentenza di primo grado, nella elencazione dei certificati falsi, non aveva indicato quello relativo alla C.. Non essendoci stata impugnazione da parte del pubblico ministero, il P. non poteva essere condannato in appello per questo episodio.Vi sarebbe poi un errore dell’indicazione della data del certificato rilasciato a favore di L.A..
Motivi della decisione

1. I motivi di ricorso sollevati da T.V., relativi a vizi di motivazione, non sono meritevoli di accoglimento, ma non si presentano manifestamente infondati e consentono pertanto di rilevare la prescrizione eventualmente decorsa, come si dirà in seguito, mentre è del tutto irrilevante valutare se il motivo sia fondato o meno. La Suprema Corte (Cass., sez. 4, 5 giugno 1992/15 febbraio 1993, n. 1340, CED 193033; S.U. 21 ottobre 1992/22 febbraio 1993, n. 1653, Marino, CED 192465; Cass., Sez. 6, 7/31 marzo 2003, n. 15125, CED 225635) ha stabilito che in presenza di una causa di estinzione del reato non sono rilevabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza, perchè l’inevitabile rinvio della causa all’esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta estinzione del reato, stabilito dall’art. 129 c.p.p., comma 1.

2. P.F. deduce come primo motivo una mancanza assoluta della motivazione con riferimento al reato di cui all’articolo 416 cod. pen., per il quale vi è stata declaratoria di prescrizione in appello; tale motivo è inammissibile, in quanto l’inevitabile declaratoria di estinzione anche da parte del giudice del rinvio preclude che l’impugnata sentenza possa essere annullata con rinvio (cfr. sez. 6, n. 40570 del 29/05/2008 – dep. 30/10/2008, Di Venere, Rv. 241317).

3. Il secondo motivo di ricorso è infondato per i motivi già indicati alle pagine tre e quattro della sentenza impugnata e comunque il suo eventuale accoglimento non prevarrebbe sulla dichiarazione di prescrizione, la quale è rilevabile in questa sede non essendo il ricorso inammissibile.

4. Analoga considerazione va fatta per il terzo motivo di ricorso, non emergendo peraltro dal testo della sentenza impugnata la sussistenza del vizio dedotto; ed in presenza della causa estintiva della prescrizione, l’obbligo di declaratoria di una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., comma 2, da parte della Corte di Cassazione richiede il controllo unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli atti dai quali può essere desunta la sussistenza della causa più favorevole sono costituiti unicamente dalla predetta sentenza, in conformità con i limiti di deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità di motivazione, che, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), deve risultare dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 4, n. 9944 del 27/04/2000 – dep. 22/09/2000, Meloni, Rv. 217255).

5. Quanto all’asserito errore dell’indicazione della data del certificato rilasciato a favore di L.A., lo stesso è del tutto irrilevante, sia perchè trattasi comunque di data posteriore al 30/04/1996, sia per quanto si dirà in prosieguo sulla prescrizione dei reati.

6. Ebbene, per i reati contestati agli imputati, pur tenuto conto delle sospensioni di mesi tre e giorni 21, il termine prescrizionale di anni 15 – secondo il previgente testo dell’art. 157 c.p. che appare applicabile nel caso di specie, poichè la decisione di primo grado è del maggio 2005, ovvero anteriore alla entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 – è maturato il 21 agosto 2011, ovvero successivamente alla pronuncia della sentenza di secondo grado.

7. I motivi di impugnazione, come si è detto, non sono inammissibili (se non in parte) e, quindi, del maturarsi del termine prescrizionale si deve tenere conto anche in sede di legittimità.

8. Non ricorrono, in ogni caso, i presupposti per una pronuncia assolutoria ex art. 129 c.p.p., comma 2, perchè, tenuto conto di quanto emerge a carico degli imputati dalla motivazione delle due sentenze, non risulta affatto evidente la estraneità dei ricorrenti ai fatti contestati (Sez. 6, n. 32872 del 04/07/2011 – dep. 25/08/2011, Agulli, Rv. 250907).

9. Cosicchè è necessario prendere atto della intervenuta causa estintiva e annullare senza rinvio la sentenza impugnata per essere estinti i reati per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè i reati sono estinti per intervenuta prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *