Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-11-2012) 29-01-2013, n. 4351 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. C.F. e F.F. sono imputati dei reati di cui agli articoli 216, 219 e 223 della legge fallimentare perchè rispettivamente quale amministratore e quale dominus della società TULIPANO S.r.l., dichiarata fallita dal tribunale di Roma in data 10/07/1996, distraevano il complesso immobiliare sito in Terni, via Eroi Dell’aria, in quanto ceduto alla società Terni due S.r.l. per l’importo di circa 12.000.000.000, non incassati in quanto vendita simulata. Tenevano inoltre le scritture contabili in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società.

2. Il tribunale di Roma, con sentenza del 28/01/2005, dichiarava entrambi gli imputati responsabili del reato di bancarotta patrimoniale per distrazione, limitatamente alla somma di L. 945.871.467, ed il C. anche del reato di bancarotta documentale; riconosciute ad entrambi le attenuanti generiche, prevalenti per il C., li condannava alla pena di anni due e mesi sei di reclusione. Assolveva F. dal reato di bancarotta documentale per non aver commesso il fatto.

3. Proposto appello, la Corte territoriale confermava integralmente la sentenza di primo grado. Contro la sentenza di appello propongono ricorso gli imputati per i seguenti motivi:

4. C.:

a. violazione degli artt. 504, 499 cod. proc. pen. e art. 111 Cost., con riferimento alle domande formulate ai testi dal Pubblico Ministero; secondo il ricorrente le ordinanze con le quali venivano rigettate le opposizioni alle continue domande suggestive del pm devono essere annullate perchè emesse in violazione dei principi sull’assunzione della prova e sul giusto processo;

b. violazione degli artt. 62 e 63 c.p.p., per aver utilizzato le dichiarazioni rese dall’imputato al curatore.

c. Estinzione del reato per prescrizione alla data del 10/07/2011.

d. Il 4 ottobre 2012 l’imputato ha depositato memoria ex art. 611, con la quale ha eccepito il decorso della prescrizione al 10.07.2012, dovendosi applicare la vecchia disciplina della prescrizione, più favorevole per essere state riconosciute le attenuanti generiche prevalenti, con applicazione di un termine prescrizionale di anni dieci, aumentabile per effetto delle interruzioni sino a 15.

5. F.:

a. violazione della L. Fall., art. 216, e artt. 43, 49 cod. pen.;

secondo il ricorrente la sentenza della Corte d’appello è viziata da una palese violazione di legge e da una oggetti va contraddittorietà nella sua motivazione. Se la Corte avesse analizzato tutti gli atti e gli elementi probatori non avrebbe potuto non riconoscere che nella fattispecie è stato fatto un malgoverno della L. Fall., art. 216; la somma di 945.871.467 non è stata distratta, perchè era prevista una contropartita e comunque tale somma non era contrattualmente dovuta in quanto i debiti accollati dalla cessionaria erano superiori a quanto indicato nel contratto. Inoltre, l’immobile era stato pignorato prima del trasferimento e fu quindi venduto in sede esecutiva ed il ricavato è stato acquisito all’attivo del fallimento, per cui non solo non vi è stato danno per i creditori (e quindi manca la idoneità dell’azione a ledere l’interesse protetto dalla norma), ma nemmeno si può dire che vi fosse da parte dell’amministratore l’intenzione di sottrarre il bene ai creditori, per cui difesa anche l’elemento soggettivo.

b. mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla responsabilità del F., fondata non sul complesso delle prove emerse al dibattimento, ma esclusivamente sulle dichiarazioni del coimputato C..

c. Con memoria depositata il 9.11.12, l’avv. Pannella per F. comunica il proprio impedimento a comparire all’udienza e avanza istanza di sostituzione ex art. 97 c.p.p., comma 4, ricordando che il reato contestato al suo assistito si è estinto per prescrizione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso di C. è inammissibile: il primo motivo, infatti, è affetto da estrema genericità ed è anche palesemente infondato; la Corte d’appello, alla pagina quattro della sentenza, ha innanzitutto correttamente argomentato sulla non impugnabilità dell’ordinanza che decide sulla opposizione relativa all’esame dei testimoni, facendo comunque presente che dopo le suddette deposizioni testimoniali l’istruttoria era stata rinnovata e la stessa difesa aveva dato il consenso alla lettura di tutti gli atti già formati in precedenza.

2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile per genericità, oltre che palesemente infondato; la Corte d’appello, alla pagina quattro della sentenza, ha spiegato efficacemente perchè ha ritenuto utilizzabili le dichiarazioni rese dall’imputato al curatore, conformemente all’orientamento consolidato di questa Corte ed alle indicazioni della Corte costituzionale. Si veda tra tutte Sez. 5, n. 36593 del 18/04/2008 – dep. 24/09/2008, Mangano e altri, Rv. 242020: Le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all’art. 63 cod. proc. pen.,, comma 2, che prevede l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria da chi, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere sentito in qualità d’imputato, in quanto il curatore non rientra in queste categorie e la sua attività non può farsi rientrare nella previsione di cui all’art. 220 norme di coordinamento cod. proc. pen., che concerne le attività ispettive e di vigilanza.

3. Per quanto riguarda l’eccepita prescrizione dei reati alla data del 10/07/2011, la stessa non è rilevabile in questa sede.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione, infatti, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266; nella specie si trattava proprio della prescrizione del reato, maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso).

4. Per quanto riguarda il F., con il primo motivo di ricorso egli non solo solleva questioni valutative della prova che sono riservate al giudice di merito, ma soprattutto introduce per la prima volta in sede di legittimità questioni mai dibattute in precedenza, e pertanto inammissibili. Mancava, infatti, nell’atto di appello un motivo di doglianza specifico sulla distrazione della somma di Euro 945.871.467; nell’impugnazione contro la sentenza di primo grado, infatti, il F. lamentava genericamente la ricostruzione dei fatti con riferimento al ruolo dominante attribuitogli dal tribunale di Roma nella operazione immobiliare, senza alcun approfondimento sulla vicenda distrattiva.

5. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto attraverso una lettura alternativa delle emergenze di causa l’imputato propone una diversa ricostruzione dei fatti, non consentita in questa sede, in presenza di adeguata motivazione.

6. Entrambi i ricorsi sono, dunque, inammissibili, e ciò determina la impossibilità di rilevare la eventuale prescrizione nel frattempo maturata; l’inammissibilità, infatti, non consentendo il formarsi di un valido rapporto di impugnazione preclude la possibilità di valutare l’eventuale decorso dei termini prescrizionali, tanto più se maturati dopo la sentenza impugnata e la proposizione medesima del ricorso (Sez. U., n. 23428 del 22/03/2005, Bracale; Sez. U., n. 33542 del 27/06/2001, Cavaliera; Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca). E ad essa consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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