Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-07-2012, n. 11808

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 6 maggio 2011 n. 10018 questa Corte si pronunciava sui ricorsi, principale e incidentale, proposti rispettivamente dalla lavoratrice N.L. e dalla datrice di lavoro Avvocatura dello Stato contro la decisione della Corte d’appello di Perugia, resa in materia di assegnazione della lavoratrice a mansioni ritenute incompatibili col suo stato di salute nonchè dequalificanti, di sanzione disciplinare per scarso rendimento e di risarcimento dei danni, lamentati dalla suddetta.

Questa Corte, in particolare, accolti i motivi 5, 6 e 7, rigettava o dichiarava inammissibili gli altri motivi del ricorso principale della N. (alcuni erano assorbiti) ed accoglieva il ricorso incidentale dell’Avvocatura.

Contro questa sentenza ricorre per revocazione la N. mentre l’Avvocatura resiste con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria. Motivazione semplificata.

MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso per revocazione, benchè non diviso in motivi, si articola in diversi punti.

Nel primo punto la ricorrente lamenta errori nella lettura dei motivi di ricorso per cassazione (10, 11, 12) relativi alla dequalificazione professionale, che questa Corte dichiarò inammissibili perchè non pertinenti alla decisione d’appello impugnata. La ricorrente dissente da quanto ritenuto da questa Corte quanto alla non pertinenza.

Nel secondo punto ella lamenta lo stesso errore nella lettura del motivo 14, relativo alla sanzione disciplinare per scarso rendimento, che questa Corte ritenne infondato per genericità. La ricorrente addebita a questa Corte un’omessa lettura di alcuni passaggi del ricorso, idonei a chiarire, ossìa a specificare, il contenuto della censura.

Nel terzo punto non è in realtà prospettato alcun motivo di revocazione ma la ricorrente dice soltanto che i motivi di ricorso per cassazione (15 e 16) ritenuti assorbiti nella sentenza qui impugnata dovranno essere esaminati in sede rescissoria.

Nel quarto punto la ricorrente svolge considerazioni analoghe al primo punto, con riferimento al motivo n. 17, in materia di illegittimità di assegnazione alle nuove mansioni.

Nel quinto punto la stessa lamenta che la Corte abbia male interpretato il quesito di diritto contenuto nel motivo n. 18 del ricorso per cassazione.

Nel sesto punto si duole che la Corte abbia ravvisato la mancanza di indicazione del fatto controverso e trascurato in motivazione mentre col motivo di ricorso (n. 19) si denunciava il vizio di omessa pronuncia.

Nel settimo punto osserva che la Corte ritenne erroneamente motivi di impugnazione ex art. 360 cod. proc. civ. delle semplici richieste di decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, seconda parte.

Tutti questi connessi motivi possono essere esaminati insieme quali parti dell’unico motivo di revocazione, che è inammissibile.

Infatti l’art. 395 c.p.c., n. 4, integrato dalla sent. n. 36/1991 della Corte costituzionale, prevede la revocazione delle sentenze emesse da questa Corte per errore "di fatto" nella lettura degli atti interni al suo giudizio, ossia per avere la Cassazione trascurato fatti decisivi presupposti e non dibattuti oppure per aver affermato fatti incontestabilmente inesistenti (Cass. 7 marzo 2002 n. 3339, 9 gennaio 2007 n. 213).

Non costituisce per contro errore revocatorio una asserita, erronea interpretazione dei motivi di ricorso per cassazione ossia un patimenti asserito errore di giudizio (Cass. 4 aprile 2006 n. 7812), come quelli che vengono denunciati ora dalla ricorrente.

In particolare, quanto al sesto punto, questa Corte può avere erroneamente richiamato la seconda anzichè la prima parte dell’art. 366 bis cod. proc. civ., ancora applicabile ratione temporis, ma il suo giudizio di inammissibilità della censura per incertezza di formulazione non è qui censurato attraverso la prospettazione dell’errore previsto dall’art. 395, n. 4 cit.

Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento complessivo delle spese processuali in Euro cinquanta oltre ad Euro quattromila per onorario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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