Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-11-2012) 29-01-2013, n. 4344

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 03/05/2011 la Corte d’appello di Perugia ha confermato la sentenza del 24/10/2007 del Tribunale di Perugia, che, per quanto ancora rileva, aveva condannato gli odierni ricorrenti alla pena di giustizia, in relazione al reato di cui al capo J di imputazione, per avere cagionato lo stato di insolvenza del Consorzio Agrario Provinciale di Perugia (d’ora innanzi, CAP), dichiarato con sentenza n. 1/96 del Tribunale di Perugia, con varie operazioni e, in particolare, con vendite in gran parte fittizie di bestiame in favore del CAP, con relative fittizie stabulazioni, per importi via via crescenti, al fine di far fronte ai pagamenti a termine relativi ai precedenti riacquisti del medesimo bestiame, solo in minima parte esistente.

2. Avverso tale sentenza sono stati proposti distinti ricorsi per cassazione nell’interesse rispettivamente di C. F., S.F.O., R.P. e F.M., da un lato, e di C.A., dall’altro.

3. Il primo ricorso è affidato a sei motivi.

3.1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla L. Fall., artt. 110, 117 e 223 e vizi di motivazione. In particolare, essi sottolineano; a) l’inesistenza in capo ai ricorrenti della necessaria qualifica soggettiva richiesta dalla L. Fall., art. 223, comma 1; b) l’inesistenza della condotta di distrazione patrimoniale – colta dalla Corte territoriale nell’inesistenza, totale o parziale, dei bovini, nonostante le contrarie risultanze dell’incidente probatorio e della prova dichiarativa; c) l’inesistenza di un pregiudizio per il CAP, prima (1985 – 1988), e per la Fedit poi; d) comunque l’insussistenza dell’elemento soggettivo.

3.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione ed erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 40, 41 cod. pen. e L. Fall., art. 223 e vizi di motivazione, sottolineando il difetto di nesso eziologico tra la condotta dei ricorrenti e il dissesto del CAP, manifestatosi a distanza di anni.

3.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 267 cod. proc. pen., in vista della conseguente inutilizzabilità dei risultati delle disposte intercettazioni telefoniche ed ambientali. In particolare, sottolineano che le motivazioni dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche e delle successive proroghe non davano conto delle ragioni giustificative.

3.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano violazione ed errata applicazione dell’art. 268 cod. proc. pen., comma 3, in vista della conseguente inutilizzabilità dei risultati delle disposte intercettazioni telefoniche ed ambientali. In particolare essi rilevano l’assenza di motivazione legittimanti l’utilizzo di impianti diversi da quelli installati presso la Procura della Repubblica.

3.5. Con il quinto motivo, i ricorrenti lamentano violazione ed errata applicazione degli artt. 538, 539 cod. proc. pen., per non avere la Corte fornito alcuna concreta motivazione in ordine all’entità del danno che l’aveva condotta a liquidare una provvisionale di Euro 500.000,00.

3.6. Con il sesto motivo, i ricorrenti sottolineano che in data 25/06/2011 il reato si è estinto per prescrizione.

4. Il ricorso dell’imputato C. è affidato a sei motivi.

4.1. Con il primo motivo, il C. lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. c) violazione degli artt. 516, 517, 518, 522 cod. proc. pen. e del principio di correlazione tra contestazione e condanna, e, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. c) violazione dell’art. 125, comma 3, art. 546, comma 1, lett. e) per carente, illogica e contraddittoria motivazione.

In particolare, il ricorrente si duole che sia stata affermata la sua responsabilità in un reato proprio (L. Fall., art. 223, in relazione alla L. Fall., art. 216), senza che nel capo di imputazione sia stato indicato il comportamento che sarebbe stato da lui posto in essere in concorso con il soggetto qualificato, nè il nesso tra l’attività di soggetti estranei alla società e quella di coloro che della società dichiarata insolvente abbiano responsabilità di gestione.

4.2. Con il secondo motivo, il C. lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b) violazione degli artt. 110, 117, cod. pen., L. Fall., art. 223, e, comunque, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, dal momento che tutti i soggetti indicati come concorrenti nel capo di imputazione non possedevano la qualifica soggettiva richiesta dalla L. Fall., art. 223. Inoltre, l’unico brano della motivazione nel quale si menziona la posizione del C. si rinviene a pag. 59 della sentenza impugnata in cui si valorizza il fatto che egli era componente del consiglio di amministrazione della società CASO, senza indicare alcun atto gestionale o di esercizio della delega a lui conferita.

Inoltre, come precisato dal consulente di parte, rag. B., e come emergeva dalle conclusioni della perizia disposta dal G.i.p., il CAP di Perugia non aveva sofferto alcun pregiudizio, sicchè arbitrariamente i giudici avevano concluso per l’esistenza di atti distrattivi smentiti dalle attestazioni del citato rag. B., che dovevano essere qualificate come quietanze liberatorie. In definitiva, secondo le risultanze della perizia contabile disposta in sede di incidente probatorio, il C. aveva sottoscritto nel 1988 degli effetti cambiari a favore del CAP di Perugia, effetti che erano stati onorati, talchè non era dato intendere come tale attività potesse aver contribuito al dissesto del CAP medesimo. Infine, non era stata fornita alcuna adeguata motivazione in ordine all’elemento soggettivo.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, dal momento che la Corte non aveva dimostrato il presupposto dell’inesistenza, totale o parziale, del bestiame, nè aveva spiegato le modalità di esecuzione nè le ragioni che avrebbero condotto i concorrenti a realizzare le operazioni di fittizio trasferimento degli animali, nè come potessero ricavarne un utile.

4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b), ed e) violazione e falsa applicazione degli artt. 40, 41 cod. pen, e L. Fall., art. 223 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, quanto al nesso causale tra la condotta ascritta all’imputato e l’evento, sottolineando che l’inattendibilità dei bilanci 1985 – 1989, valorizzata dalla Corte territoriale, non aveva impedito il risanamento dei conti al 31/12/1992, talchè non poteva ritenersi che i comportamenti attribuiti al C. potessero avere avuto incidenza causale a distanza di quattro anni (la dichiarazione di insolvenza è datata 21/10/1996).

4.5. Con il quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b), c) ed e) si lamenta violazione degli artt. 133 e 69 cod. pen. e carenza, insufficienza e illogicità della motivazione, per l’eccessività della pena e il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche.

4.6. Con il sesto motivo, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b), ed e) si lamentano violazione ed errata applicazione degli artt. 538, 539, 540 cod. pen., e carenze motivazionali in ordine alla liquidazione del danno, per avere la Corte territoriale liquidato, a titolo di provvisionale, la somma di Euro 500.000,00, a fronte di una richiesta della parte civile di Euro 15.000,00, in tal modo pronunciando ultra petita.
Motivi della decisione

1. In assenza di evidenti cause di inammissibilità del ricorso, va preso atto dell’estinzione del reato per effetto della prescrizione intervenuta in data 25/06/2011. Agli effetti penali, la sentenza va, pertanto, annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 cod. proc. pen., comma 1, lett. a).

2. Ciò posto, attesa la presenza della parte civile, occorre scrutinare i vizi lamentati dai ricorrenti.

Ora, appare assorbente l’esame del primo motivo di entrambi i ricorsi, A fronte di un capo di imputazione che, in relazione ad un reato proprio, non indica la figura dell’intraneus, nè descrive le condotte poste in essere da quest’ultimo, la Corte territoriale avrebbe dovuto con stringenti argomentazioni illustrare tali profili, che invece vengono affidati ad una motivazione, per un verso, laconica (pag. 49, nella quale si fa riferimento alla doppia veste assunta dal F. all’insaputa del Consorzio "ad eccezione del direttore S. e del responsabile dell’ufficio crediti del Cap Natalini", ciò che, all’evidenza, non descrive chiaramente una fattispecie concorsuale e non consente neanche di appurare i profili distintivi rispetto ad una truffa; pag. 53, nella quale si fa riferimento ancora in modo non specifico all’attività svolta dal S.), e, per altro verso, generica, giacchè, nell’affrontare il puntuale motivo di gravame proposto dai ricorrenti, la Corte si limita alla considerazione, esatta, ma sganciata da ogni concreto riferimento fattuale, che anche l’extraneus può concorrere nel reato proprio. Ne discende che la sentenza, agli effetti civili, va annullata con rinvio al giudice civile competente in appello per valore.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perchè il reato si è estinto per intervenuta prescrizione. Annulla la stessa sentenza agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente in appello per valore.

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