Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 12-07-2012, n. 11803

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Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 27 febbraio 2007, la Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale di Milano n. 2319/2005, ha rigettato l’opposizione proposta da V.I. alla cartella esattoriale (OMISSIS), con la quale era stato ingiunto alla prima il pagamento della somma di Euro 4.971,42, a titolo di contributi e somme aggiuntive dovuti per gli anni dal 1997 al 2002 alla Gestione commercianti.
La Corte d’appello ha rilevato: che la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203 risponde alla ratio di obbligare all’iscrizione nella Gestione commercianti i soggetti, i quali, oltre ad avere una significativa posizione nella titolarità dell’azienda, siano anche impegnati nell’attività aziendale in prima persona; che il requisito della prevalenza menzionato dalla L. n. 662 del 1996, medesimo art. 1, comma 208 va apprezzato in relazione all’interno delle attività autonome estranee al rapporto organico; che, nel caso di specie, si era in presenza di attività relative a distinti rapporti giuridici, ossia quella del socio che esercita attività lavorativa in azienda e quella de socio che svolge anche attività di amministratore; che, nel caso di specie, alla stregua del non contestato accertamento degli ispettori INPS, la V. era socia al 50% e amministratrice della E. s.r.l., si occupava dell’assunzione del personale, svolgendo i colloqui e stipulando poi i contratti di lavoro (ciò che poteva ritenersi ricompreso nell’attività di amministratrice), ma seguiva anche un certo gruppo di clienti, curava il lavoro creativo, impartiva direttive ai dipendenti e ai collaboratori che si occupavano dell’organizzazione dei congressi, controllava il loro operato e gestiva l’organizzazione del lavoro (e tali attività non potevano invece ricondursi alla carica di amministratore); che una delle impiegate incaricate dell’organizzazione dei congressi aveva dichiarato di avere sempre avuto come responsabile la V., che una collaboratrice con mansioni di segretaria organizzativa aveva dichiarato di avere lavorato in staff anche con la V., la quale era la responsabile del progetto, impartiva le direttive, effettuava il controllo dell’attività; che, in definitiva, la V. svolgeva un’attività lavorativa all’interno dell’azienda, sia pure con valenza anche organizzativa e gestionale, ma sicuramente non di alta direzione, con caratteri esulanti da quelli connessi alla carica di amministratore e, quindi, partecipava con carattere di abitualità al lavoro aziendale.
Avverso tale sentenza la V. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo. Resiste l’INPS con controricorso. La V. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
La Esatri – Esazione Tributi spese non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso, la V. lamenta violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26 e della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 202, 203 e 208, in relazione anche all’art. 2384 c.c., comma 1, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). La ricorrente, nell’esaminare dettagliatamente il quadro normativo di riferimento, ha lamentato che la Corte territoriale non avesse considerato che nel nostro ordinamento non esiste una norma che precisi dettagliatamente i poteri degli amministratori delle società di capitali, talchè arbitrariamente si erano operate distinzioni all’interno di un’attività unitaria, mentre avrebbe dovuto fare applicazione del principio di prevalenza dettato dalla L. 992 del 1996, art. 1, comma 208.
La V. ha quindi formulato il seguente quesito di diritto: "si chiede di conoscere se, in applicazione del combinato disposto della L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1, come sostituito dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, nonchè in applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26 e della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 202-203 e 208, colui che nell’ambito di una società a responsabilità limitata svolga attività di socio amministratore e di socio lavoratore, nell’incompatibile coesistenza di due corrispondenti iscrizioni alla Gestione Separata e alla Gestione Commercianti, ha l’obbligo di chiedere l’iscrizione unicamente nella gestione in cui svolge l’attività con carattere di abitualità e prevalenza, con onere a carico dell’INPS di decidere sull’iscrizione all’assicurazione corrispondente all’attività prevalente".
2. Il ricorso è infondato.
Esso muove dalla premessa della correttezza della ricostruzione in fatto operata dalla Corte territoriale delle mansioni svolte dalla V..
Ciò posto, le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 17076 del 2011, hanno esaminato le questioni sollevate dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività E.omica. Tale disposizione prevede, con norma dichiaratamente di interpretazione autentica: "La L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208, si interpreta nel senso che le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente, sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’INPS. Restano, pertanto, esclusi dall’applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26".
A sua volta la disposizione interpretata prevede nel suo primo periodo: "Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente".
Quindi il criterio dell’attività "prevalente", quale parametro di valutazione per individuare la gestione assicurativa dell’INPS alla quale versare i contributi previdenziali nel caso di svolgimento di plurime attività che, autonomamente considerate, comporterebbero l’iscrizione a diverse gestioni previdenziali, opera per le attività esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti. Per queste attività vale il criterio (semplificante) dell’attività prevalente per individuare l’unica gestione assicurativa alla quale versare i contributi previdenziali in riferimento anche all’attività non prevalente che, ove esercitata da sola, comporterebbe riscrizione in un’altra gestione assicurativa;
ciò nel concorso con l’assenso dell’INPS che, in ragione del disposto del sE.do periodo del medesimo art. 1, comma 208 cit., è chiamato a "decidere" sulla iscrizione nell’assicurazione corrispondente all’attività prevalente.
Siffatto criterio dell’"attività prevalente" non opera invece – prevede la norma di interpretazione autentica sopra citata – per i rapporti di lavoro – quelli a carattere autonomo – per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 26; disposizione quest’ultima che ha creato una nuova gestione assicurativa nel complesso sistema della previdenza obbligatoria introducendo l’obbligo assicurativo per i lavoratori autonomi. Ha infatti previsto che a decorrere dal 1 gennaio 1996, sono tenuti all’iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l’INPS, e finalizzata all’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, (Testo Unico delle imposte sui redditi), nonchè i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’art. 49, comma 2, lett. a), del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a domicilio di cui alla L. 11 giugno 1971, n. 426, art. 36.
Quindi la regola espressa dalla norma risultante dalla disposizione interpretata (L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 208,) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, comma 11) è molto chiara: l’esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella Gestione separata, che si accompagni all’esercizio di un’attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sè comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS, non fa scattare il criterio dell’"attività prevalente";
rimangono attività distinte e (sotto questo profilo) autonome sicchè parimenti distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa. Non opera il criterio "semplificante" (dell’art. 1, comma 208, cit.) e derogatorio – dell’unificazione della posizione previdenziale in un’unica gestione con una sorta di fictio juris per cui chi è ad un tempo commerciante ed artigiano (o coltivatore diretto), con caratteristiche tali da comportare l’iscrizione alle relative gestioni assicurative, è come se svolgesse un’unica attività d’impresa – quella "prevalente" – con la conseguenza che unica è la posizione previdenziale. Si tratta non solo di un criterio di semplificazione – perchè nelle attività "miste" può non essere agevole distinguere ciò che è da qualificare come impresa commerciale, o artigianale, o agricola (si pensi all’artigiano o al coltivatore diretto che abbia anche un’attività di vendita al minuto) – ma anche di un sostanziale beneficio previdenziale perchè il soggetto obbligato vede tutti i suoi contributi accreditati in un’unica gestione, senza quindi che in seguito possa porsi un problema di trasferimento di contributi da una gestione ad un’altra.
3. In tale cornice di riferimento, proprio assumendo come svolte le attività indicate nelle sentenza – e sul punto manca qualunque censura in ordine all’iter logico – giuridico che ha condotto la Corte ad accogliere siffatta ricostruzione – deve ritenersi infondata la pretesa del ricorrente di sottrarsi all’obbligo di iscrizione nella Gestione commercianti, dal momento che emerge in modo evidente la sua partecipazione abituale e prevalente al lavoro aziendale.
4. Tenuto conto delle incertezze interpretative e delle modifiche normative intervenute, ritiene il Collegio di compensare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2012

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