Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-11-2012) 29-01-2013, n. 4339

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 23/06/2010, la Corte d’appello di Roma, decidendo sull’appello proposto avverso la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Latina, sezione distaccata di Gaeta in data 16/12/2009, ha: A) confermato l’affermazione di responsabilità di A. R. e V.F., in relazione al reato di cui all’art. 61, n. 1, artt. 5 e 10, artt. 582, 583, 585 cod. pen., commessi, in data (OMISSIS), in danno di D.P., carabiniere in servizio presso lo stadio di (OMISSIS), che era stato colpito con calci, pugni e pietre per alcuni minuti, con sfondamento del casco di protezione e nonostante fosse ormai rovinato in terra, all’esito dell’incontro di calcio tra la squadra locale e il Latina (capo a), e in relazione al reato di cui all’art. 61, n. 1, artt. 110 e 336 cod. pen., commesso lo stesso giorno in danno dell’ispettore della Polizia di Stato M.G., colpito con un colpo di cinghia al braccio sinistro (capo b); B) ha dichiarato l’intervenuta prescrizione per il reato di cui al capo b) con riguardo alla posizione del R., ma non del V., alla luce della maggiore ampiezza dei periodi di sospensione del decorso del termine; C) ha rideterminato la pena per entrambi gli imputati;

D) ha confermato le statuizioni civili.

2. I giudici di secondo grado, disattese le eccezioni processuali, hanno ritenuto che i rilievi degli appellanti non fossero tali da incrinare le conclusioni del primo giudice. In particolare, essi hanno rilevato: a) che l’individuazione di una persona, in quanto espressione della percezione visiva del teste, assume rilievo probatorio in relazione al valore della dichiarazione confermativa resa dal teste; b) che nella specie non v’era alcun motivo per dubitare dell’attendibilità del teste M., che aveva riconosciuto con certezza negli imputati, bloccati da altri operanti e condotti in commissariato, gli autori dell’aggressione ai danni del D., alla quale egli aveva assistito ad una distanza di circa cinque – sei metri, al punto che, quando il carabiniere era caduto a terra per effetto di un pugno e aveva iniziato a ricevere calci, era intervenuto ed era stato colpito con un colpo di cinghia; c) che il M. aveva quindi visto da vicino i due aggressori; d) che il riconoscimento da parte del M., confermato in dibattimento e proveniente da soggetto privo di intenti calunniatori, aveva trovato riscontro nelle dichiarazioni del teste I.A., il quale si era posto all’inseguimento dei due giovani che avevano aggredito il suo collega D. e non li aveva persi di vista sino a quando non erano stati bloccati da altri colleghi; che anche lo I. aveva riconosciuto i due imputati; e) che l’assenza di riconoscimenti da parte del D. dipendeva dal fatto che egli era stato trasportato all’ospedale per le sue condizioni di salute; f) che comunque la descrizione fatta dal D. della persona che lo aveva colpito, provocandone lo svenimento, trovava riscontro nelle dichiarazioni, oltre che del M. e dello I., anche di S.A..

3. Avverso tale sentenza è stato proposto ricorso per cassazione nell’interesse dei due imputati.

4. Il ricorso proposto nell’interesse del V. si articola in due motivi.

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. c) violazione della disciplina processuale, per effetto dell’utilizzazione a fini di prova del riconoscimento informale del V. operato al di fuori e in contrasto con gli artt. 213 e 214 cod. proc. pen. 4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b) ed e) violazione della legge penale e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena e quanto al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

5. Il ricorso del R. è affidato a tre motivi (per mero errore materiale il terzo è indicato con il numero romano 4^).

5.1. Con il primo motivo, l’imputato lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 420 ter e art. 178 cod. proc. pen., lett. c) dal momento che risultava in atti la sua sottoposizione all’obbligo di dimora e che non era configurabile, a suo carico, a differenza che per il difensore, l’onere di una tempestiva comunicazione dell’impedimento.

5.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la motivazione illogica, contraddittoria ed apparente della sentenza impugnata che aveva trascurato di considerare: a) l’assenza di qualunque riconoscimento da parte del D.; b) il fatto che il teste I. non avesse mai riconosciuto "nel R. la persona colpita"; c) il fatto che le testimonianze degli ispettori C. e Ma. fossero assolutamente neutre; d) che il riconoscimento operato dal teste M., in relazione alla confusione del momento e alla presenza di numerosi tifosi, non aveva alcuna valenza probatoria.

5.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l’assenza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, in ordine al riconoscimento della sussistenza delle contestate aggravanti.
Motivi della decisione

1. Il ricorso proposto dal V. è inammissibile per le seguenti ragioni.

1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato. Come affermato reiterata mente da questa Corte (v., ad es., Sez. 1, n. 3642 del 03/12/2004, Izzo, Rv. 230781), il riconoscimento dell’imputato presente, operato in udienza, nel corso della deposizione da parte del testimone, trova il suo paradigma nella prova testimoniale proveniente da un soggetto che, nel corso della testimonianza, abbia accertato direttamente l’identità personale dell’imputato. Esso deve, pertanto, essere tenuto distinto dalla ricognizione personale, disciplinata dall’art. 213 cod. proc. pen., ed è inquadrabile tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all’art. 189 cod. proc. pen..

1.2. Il secondo motivo è inammissibile, dal momento che la Corte ha fornito ampia e adeguata motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena (pag. 20 e 21 della sentenza impugnata), facendo essenziale riferimento alla gravità del fatto, caratterizzata da una carica di ingiustificata violenza, alla personalità degli imputati desumibile dai loro precedenti, tali da dimostrare un’acquisita e comprovata capacità delinquenziale e non una incompleta maturità frutto della giovane età, e, infine, all’assenza di manifestazioni di resipiscenza.

Tale motivazione non è affetta da alcuna manifesta illogicità, giacchè la complessiva e non atomistica valutazione di siffatti elementi dimostra che la Corte territoriale non ha inteso porre a carico degli imputati un inosservato dovere di collaborazione o addirittura di confessione, ma solo sottolineato gli elementi obiettivi e soggettivi che esprimono l’assenza di ragioni idonee a giustificare una diminuzione della pena.

2. Anche il ricorso del R. è inammissibile.

2.1. Con riferimento al primo motivo, si rileva che esso è inammissibile in quanto trascura di considerare il punto centrale della motivazione della sentenza impugnata, ossia che la sottoposizione dell’imputato all’obbligo di dimora per altra causa non determina il suo legittimo impedimento ai sensi dell’art. 420 ter cod. proc. pen., ben potendo lo stesso richiedere in tempo utile alla competente autorità l’autorizzazione ad allontanarsi dal Comune di residenza per partecipare al dibattimento. In termini, si veda Sez. 3, n. 35871 del 15/06/2011, A.O., Rv. 251082, secondo cui è legittimamente impedito a comparire in giudizio l’imputato che, nonostante espressa richiesta, non sia stato autorizzato dal giudice ad allontanarsi dal comune, diverso da quello ove ha sede l’ufficio giudiziario, in cui egli è sottoposto all’obbligo di dimora. Nella specie, non risulta che il R. abbia mai chiesto siffatta autorizzazione nè il ricorso deduce e dimostra tale circostanza.

2.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.

Ed infatti, ripercorrendo le articolate censure del R.: a) la Corte, a pag. 18 della sentenza, ha rilevato che il D. ricordava solo la persona del giovane che l’aveva colpito e che aveva rivisto a (OMISSIS) in occasione del processo, mentre non ricordava nulla degli altri, perchè era caduto a terra ed era svenuto; inoltre ha precisato, sempre a pag. 18 della sentenza, che gli imputati non erano stati sottoposti ad individuazione da parte del D., perchè quest’ultimo, per le sue condizioni di salute, era stato trasportato in ospedale; b) la deduzione che il teste I. non avesse mai riconosciuto "nel R. la persona colpita", anche a tacer del fatto che il R. non era la persona colpita, ma l’autore dell’aggressione, contrasta con quanto affermato a pag. 17 della sentenza impugnata, senza che il ricorrente indichi da quale atto del processo si desuma il lamentato travisamento della prova; c) l’affermazione secondo cui le testimonianze degli ispettori C. e Ma. siano assolutamente neutre non è esatta, sia perchè esse hanno per oggetto il riconoscimento dei due imputati da parte del M. e dello I. (pag. 18 della sentenza impugnata), sia perchè esse si integrano con quelle degli altri testimoni, cui la Corte ha affidato l’individuazione dei responsabili, e concorrono alla completa ricostruzione dell’episodio;

d) la censura secondo cui il riconoscimento operato dal teste M., in relazione alla confusione del momento e alla presenza di numerosi tifosi, non aveva alcuna valenza probatoria mira ad una rivalutazione del materiale istruttorio e contrasta con la conclusione della Corte secondo cui tale riconoscimento si era manifestato come privo di alcuna incertezza, attendibile e, pertanto, idoneo a costituire prova a carico degli imputati (pag. 17 della sentenza impugnata).

2.3. Il terzo motivo è del pari inammissibile, dal momento che: a) con riferimento all’aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., n. 1, muove dal presupposto, privo di qualunque riferimento ad atti del processo, che il R. ebbe a reagire ad un’aggressione subita ad opera delle forze dell’ordine; b) con riferimento all’aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., n. 5, trascura di considerare che la Corte territoriale ha doverosamente motivato in modo puntuale sul fatto che il D. venne colpito mentre si trovava a terra, privo di conoscenza (pag. 19 della sentenza impugnata), e che i poteri di piena cognizione e valutazione del fatto attribuiti al giudice d’appello consentono di fornire una motivazione non rinvenibile nella sentenza di primo grado (anzi, come ricordato da Sez. 6, n. 26075 del 08/06/2011, B., Rv. 250513, addirittura la mancanza assoluta di motivazione della sentenza non rientra tra i casi, tassativamente previsti dall’art. 604 cod. proc. pen., per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado, ben potendo lo stesso provvedere, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, a redigere, anche integralmente, la motivazione mancante); c) con riferimento all’aggravante di cui all’art. 61 cod. pen., n. 10 essa è stata ritenuta sussistente dalla Corte in relazione al capo A), in cui non figura la contestazione dell’art. 336 cod. pen., talchè non è dato ravvisare alcuna ipotesi di assorbimento.

3. Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile e tale situazione, implicando il mancato perfezionamento del rapporto processuale, cristallizza in via definitiva la sentenza impugnata, precludendo in radice la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione intervenuta successivamente alla pronuncia in grado di appello (cfr., tra le altre, Sez. U, n. 21 dell’11/11/1994, Cresci, Rv. 199903; Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011, Morrà, Rv. 250328, in motivazione).

4. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa alle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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