Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-11-2012) 20-12-2012, n. 49488

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.M.G., a mezzo degli avv.ti A. R. e L. M., propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dal giudice del tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, quale giudice dell’esecuzione, in data 16 gennaio 2012, che aveva rigettato l’istanza di revoca (o in subordine di sospensione) dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza dello stesso tribunale del 27.11.1995, divenuta irrevocabile in data 27.11.1995, con riferimento a reati di abuso edilizio commessi nel comune di (OMISSIS), completamente assoggettato a vincolo paesaggistico.

L’ordinanza impugnata si fonda sulla considerazione che non vi è la prova, e nemmeno l’allegazione, di un provvedimento amministrativo incompatibile con l’esecuzione dell’ordine di demolizione disposto con la sentenza di condanna e che non è possibile effettuare una prognosi positiva sull’esito dell’istanza di condono presentata dal dante causa della ricorrente nel febbraio del 1995.

La ricorrente deduce violazione di legge, violazione del diritto di difesa, abnormità del provvedimento impugnato e difetto assoluto di motivazione.

In particolare osserva che i versamenti concessori sono stati effettuati il 30.12.1994 e solo integrati il 28.6.2011 e che, secondo la giurisprudenza, la presentazione di una regolare domanda di condono (in ordine al condono del 1994) accompagnata dal versamento della oblazione autodeterminata può determinare in fase esecutiva la sospensione dell’ordine di demolizione. Nella specie si è comunque determinata la sospensione del procedimento sanzionatorio il versamento completo della oblazione ha poi determinato l’estinzione del reato edilizio.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Quanto all’assunto secondo cui la presentazione della domanda di condono edilizio ex L. n. 724 del 1994 e il pagamento sia pure tardivo dell’intera oblazione avrebbe determinato addirittura l’estinzione del reato edilizio, è sufficiente ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, "Il pagamento completo e nei termini della somma versata a titolo di oblazione per la definizione dell’illecito edilizio non determina, ove sia intervenuta sentenza di condanna, nè l’estinzione del reato nè l’automatica caducazione dell’ordine di demolizione. (In motivazione la Corte ha precisato che, in base al disposto della L. n. 47 del 1985, art. 38, comma 3, non si tiene conto della condanna agli effetti dell’art. 99 c.p. e dell’art. 163 c.p.)" (Sez. 3, 15.4.2009, n. 24665, Murgia, m.

244076); e "In materia di sanatoria edilizia va escluso che il legislatore abbia inteso comprendere l’estinzione della pena e la cessazione della sua esecuzione fra le conseguenze derivanti dall’oblazione intervenuta dopo il giudicato di condanna, in quanto preciso intendimento legislativo è stato quello di limitare l’efficacia estintiva del condono edilizio fino alla sentenza definitiva. Su tali basi deve pervenirsi alla conclusione di negare che l’oblazione di cui si discute da causa speciale di estinzione del reato possa degradare a causa estintiva della pena o della sua esecuzione, se corrisposta dopo intervenuto il giudicato irrevocabile, atteso che in tale ipotesi l’avvenuta sanatoria comporta la cessazione di alcuni soltanto degli effetti penali della condanna, essendosi esclusa la sua computabilità ai fini della recidiva e la valutabilità della stessa come precedente ostativo alla concessione della sospensione condizionale della pena" (Sez. 3, 27.11.1998, n. 3196, Sacchetti, m. 213009).

In ogni modo, quanto alla richiesta di revoca o di sospensione dell’ordine di demolizione, il giudice ha fatto esatta e puntuale applicazione del principio consolidato secondo cui in tema di reati edilizi ai fini della revoca o sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive (L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7, u.c. oggi previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9) in presenza di una istanza di condono o di sanatoria, il giudice dell’esecuzione investito della questione è tenuto ad una attenta disamina dei possibili esiti e tempi di definizione della procedura ed in particolare ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento (con riferimento alla tempestività della domanda, all’epoca di ultimazione dei lavori, al tipo di intervento e alle dimensioni volumetriche, alla sussistenza di cause di incondonabilità, al versamento delle somme dovute a titolo di oblazione, al rilascio di una concessione in sanatoria legittima) e nel caso di insussistenza di tali cause a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso (Cass. Sez. 3, 26/9/2007 n 38997 Di Somma; Cass. sez. 4, 10/4/2008 n 15210; Cass. sez. 3, 23/12/2004 n. 3992; Cass. Sez. 3, del 4/2/2000 n 3683). Invero, il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di revocare l’ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento, ove sopravvengano atti amministrativi con esso del tutto incompatibili, ed ha, invece, la facoltà di disporne la sospensione quando sia ragionevolmente prevedibile e probabile l’emissione, in base ad elementi concreti e specifici, entro breve tempo di atti amministrativi incompatibili, non potendo la tutela del territorio essere rinviata indefinitamente (da ultimo, Sez. 3, 24.3.2010, n. 24273, Petrone, m. 247791; Sez. 3, 18.1.2012, n. 25212, Maffia, m. 253050).

Nella specie l’impugnato provvedimento è coerente con il dato normativo, i principi ermeneutici predetti e i dati emergenti dagli atti della procedura di esecuzione, avendo il Giudice sottolineato, ai fini della prognosi di rilascio della concessione in sanatoria in tempi brevi in relazione ad attività valutative in corso da parte della PA, l’univoca rilevanza negativa del lunghissimo lasso di tempo ormai decorso dalla presentazione della domanda di condono (avvenuta nel febbraio 1995), e quindi con tempi già dilatati oltre ogni limite di ragionevolezza, senza alcuna attività significativa.

Inoltre, il giudice ha puntualmente evidenziato che, pur essendo presenti in atti la domanda di condono, il parere di congruità e il bollettino postale relativo al pagamento della oblazione, tuttavia le dimensioni del fabbricato, il materiale impiegato per la sua costruzione (cemento armato), la circostanza che la zona è sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico; il pagamento tardivo della maggior parte dei ratei della o-blazione, effettuato addirittura a distanza di ben 18 anni dalla presentazione della domanda di condono e successivamente alla notifica dell’ordine di demolizione, il mancato rilascio del parere positivo da parte della amministrazione competente a distanza di 17 anni dalla data di presentazione della domanda; l’impossibilità di una celere definizione del procedimento amministrativo impediscono una prognosi favorevole sull’esito entro brevissimo tempo dell’istanza di sanatoria.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 20 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2012

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