Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-11-2012) 19-12-2012, n. 49321

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha osservato quanto segue:
"Il P.G., Letto il ricorso n. 44967/2011 proposto dalla Difesa nell’interesse di P.I. avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Napoli sezione distaccata di Ischia, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione disposto con sentenza 18/4/2008 dello stesso Tribunale e della conseguente ingiunzione a demolire del P.M. del 6/6/2011;
Rilevato che il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 655, comma 5, artt. 96 e 97 c.p.p. per omesso avviso della ingiunzione al difensore di fiducia nominato anche per la fase esecutiva e il vizio di motivazione laddove il giudice non ha valutato l’incompatibilità dell’ordine adottato con determinazione dell’UTC Barano d’Ischia del 3/9/2009 di applicazione per gli stessi fatti della sanzione pecuniaria amministrativa D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 37 e di revoca parziale dell’ordinanza di demolizione dello stesso UTC del 13/9/2005;
Ritenuto che la nomina del difensore di fiducia fatta nel giudizio di cognizione non estende i suoi effetti alla fase esecutiva (salvo che per la sola esecuzione delle pene detentive ex art. 656 c.p.p., comma 5) sicchè il PM correttamente procede alla designazione di un difensore di ufficio ex art. 655, comma 5 al quale debbono essere notificati i provvedimenti del PM (Cass. Sez. Un., 2109 del 16/6/2000; Sez. 3^, 9890 del 4/3/2003);
Ritenuto che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito con la sentenza di condanna non è caducato in modo automatico dal rilascio del permesso di costruire in sanatoria o di altri atti amministrativi di applicazione di sanzioni alternative e di revoca delle ordinanze di demolizione, avendo il giudice dell’esecuzione il dovere di controllare la legittimità degli atti amministrativi in questione, sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la loro emanazione e dei requisiti di forma e sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio o di adozione (arg ex Sez. 3^, sent. 40475 del 28/9/2010, Ventrici);
Ritenuto che il ricorso appare manifestamente infondato, essendo il percorso argomentativo del provvedimento impugnato coerente con il dato normativo, con i principi fissati da codesta Suprema Corte e con i dati emergenti dalla procedura esecutiva, avendo il giudice correttamente sottolineato che;
– non risulta dagli atti la nomina di un difensore di fiducia valevole anche per la fase esecutiva (in atti è presente solo la nomina dell’avv. A. de G. – difensore di fiducia per la fase di cognizione – quale difensore per la fase esecutiva solo in data 28/6/2011, dopo la notifica dell’ingiunzione del PM) e che comunque l’eventuale nullità sarebbe sanata dal concreto esercizio delle facoltà difensive da parte del difensore fiduciario attraverso la proposizione dell’incidente di esecuzione del 21.7.2011 avverso l’ingiunzione a demolire;
– che la determinazione dell’UTC del comune di Barano d’Ischia del 3.9.2009, essendo basata su un presupposto erroneo (e cioè la qualificazione delle opere abusive come di manutenzione straordinaria come tali richiedenti la semplice DIA e quindi sanzionabili D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 37, anzichè come necessitanti di permesso di costruire in quanto inerenti ad immobile abusivo ab origine come ritenuto nella sentenza di condanna del 18/4/2008 e nell’originaria ordinanza 13/9/2005 dello stesso UTC) deve ritenersi inidonea a determinare l’incompatibilità con l’ordine di demolizione".
Questa Corte condivide pienamente le su riportate considerazioni del Procuratore generale e le fa integralmente proprie.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, che contrastano con una giurisprudenza consolidata senza apportare argomentazioni nuove.
In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 20 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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