Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 20-11-2012) 17-12-2012, n. 49046

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

T.A. e B.M. ricorrono avverso la sentenza 17.10.11 della Corte di appello di Napoli che, decidendo in sede di rinvio da sentenza di questa Corte in data 24.5.11 – con la quale veniva annullata la sentenza 6.11.09 della Corte di appello di Napoli nei confronti di entrambi gli imputati limitatamente alla determinazione della pena e nei confronti del solo T. anche con riguardo alle attenuanti generiche – ha confermato quella del G.u.p. di Napoli in data 9.10.08 con la quale sono stati condannati ciascuno alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa per il reato di tentata estorsione in concorso, aggravata L. n. 203 del 1991, ex art. 7.

Il difensore di T. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all’art. 62-bis c.p., per mancanza di motivazione sul punto, non avendo inoltre la Corte partenopea considerato che dalle dichiarazioni delle stesse parti lese non era dato evincere un particolare timore nell’azione posta in essere dagli imputati, tanto da essersi determinate a denunciare immediatamente il tentativo di estorsione perpetrato ai loro danni.

Il difensore di B. deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per avere la stessa Corte di merito formulato un giudizio positivo circa l’apporto, nella ricostruzione dei fatti, offerto dal B. alle autorità competenti, pervenendo però contraddittoriamente a comminare una pena eccessiva.

Osserva la Corte che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto manifestamente infondati, avendo i giudici del rinvio, con riferimento al T., legittimamente negato le invocate attenuanti generiche, tenuto conto dei criteri di cui all’art. 133 c.p., in particolare facendo espresso riferimento alla estrema gravità dei fatti – consistiti in reiterate richieste estorsive a committente e appaltatore di alcuni lavori edili, rappresentando l’intervento di appartenenti al clan dei Casalesi per fermare il cantiere -, nonchè alla intensità del dolo manifestato e alla mancanza di un apprezzabile comportamento collaborativo.

Tali elementi, relativamente alla posizione del B., sono stati correttamente evidenziati per ritenere non suscettibile di riduzione la pena irrogata dal primo giudice, anche alla luce di un mancato comportamento processuale favorevolmente apprezzabile in sede di merito. Alla inammissibilità dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti, singolarmente, al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2012

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