Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-11-2012) 07-12-2012, n. 47547

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Catania, decidendo sull’impugnativa proposta da G.P. ed altri avverso la sentenza del Tribunale della medesima città del 4.2.2004, di condanna anche del G. per il delitto di rapina ed altro, confermava la decisione.

2. Avverso la pronunzia ricorre personalmente l’imputato contestando violazione di legge per nullità delle seguenti notificazioni: della fissazione dell’udienza preliminare; della sentenza di primo grado;

della sentenza di appello.

E’ inoltre esposta una doglianza sulla illogicità e insufficienza della motivazione in ordine alla decisione sulla penale responsabilità dell’imputato, definendosi il contributo dello stesso ai delitti contestati quale quello di "ausiliatore partecipe", ed affermandosi nella decisione l’esistenza di prove certe di cui non si fa menzione. Infine, si eccepisce l’intervenuta prescrizione dei reati: non dichiarata dalla Corte di appello benchè già maturata in data 1.2.2009.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Parte ricorrente denuncia violazioni di legge e difetti di motivazione come tali insussistenti (nemmeno indicando le norme asseritamente violate o il vizio logico della motivazione).

Così nel primo motivo, in cui si contesta la nullità di alcune notificazioni con argomentazione assolutamente generica, risolventesi in una mera enunciazione degli atti viziati (cfr. ultimo foglio del ricorso). Così pure nel secondo motivo, in cui si lamenta illogicità e carenza della motivazione in maniera del tutto generica. Le censure sono infatti formulate senza puntuali riferimenti alla fattispecie concreta e senza collegamento con i passaggi della motivazione della sentenza impugnata, risolvendosi in una serie di doglianze prive di contenuto specifico che non consentono il controllo di legittimità; ciò anche alla luce della dettagliata motivazione sulla penale responsabilità dell’imputato contenuta nella sentenza di primo grado a p. 13 s., sentenza integralmente confermata sul punto in sede di appello. Va al proposito ricordato che nel caso di specie ci si trova dinanzi ad una "doppia conforme", e cioè doppia pronuncia di eguale segno, per cui:

a) mentre un eventuale vizio di travisamento può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti che l’argomento probatorio asseritamene travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado; invece b) le motivazioni delle due sentenze si integrano a vicenda riesaminando il giudice di appello lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e giungendo, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, alla medesima conclusione di affermazione di responsabilità.

Nemmeno sussiste l’invocata causa estintiva del reato data dalla prescrizione del reato. Considerati: l’epoca dei fatti (13.12.93); la data della sentenza di primo grado (4.2.2004), e dunque la disciplina applicabile; il periodo di sospensione del processo, complessivamente ammontante ad anni uno e mesi quattro; tutto ciò considerato, ne discende che la contestata rapina aggravata si sarebbe prescritta in anni 22 e mesi sei (dunque, in data 13.8. 2015); i reati satelliti – entrambi aggravati – di violenza privata e porto abusivo di arma in anni sedici, mesi quattro di reclusione: e dunque il 13.6.09.

Nemmeno per tali ultimi reati può tuttavia essere dichiarata la prescrizione: atteso che la sentenza di appello è intervenuta in data 9.2.2009 (dunque in data precedente al tempo necessario per la prescrizione); e che il ricorso si appalesa inammissibile. Non possono infatti trovare applicazione le norme sulla prescrizione del reato, pur essendo maturati i relativi termini, dal momento che – secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte – l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen., ovvero alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (cfr.: Cass. Sez. Un., sent. n. 21 del 11.11.1994 dep. 11.2.1995 rv 199903; Cass. Sez. Un., sent. n. 32 del 22.11. 2000 dep. 21.12.2000 rv 217266).

2. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2012

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