Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-11-2012) 07-12-2012, n. 47545

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Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Vercelli in data 12.5.2005 nei confronti di C.C. e D.F. per i delitti di ricettazione e uso abusivo di carta di credito.

2. Avverso la pronunzia della Corte di Appello propongono ricorso per cassazione a mezzo di difensore gli imputati.

2.1. C.C. presenta due motivi.

Il primo sulla violazione di legge, nell’art. 192 e art. 530 c.p.p., comma 2, per avere ritenuto i giudici di appello la penale responsabilità dell’imputato pur in presenza di un non decisivo quadro probatorio, che avrebbe potuto determinare una alternativa ricostruzione del fatto, dettagliatamente esposta in ricorso.

Il secondo motivo contesta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nonostante l’irreprensibile condotta processuale dell’imputato e la risalenza dei precedenti penali a suo carico.

Infine, si reclama la declaratoria di prescrizione del reato, essendo la stessa intervenuta in data 27.2,2012.

2.2. D.F. presenta un unico motivo sul violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio: lamentando in particolare il mancato riconoscimento delle attenuanti di cui all’art. 62, n. 4 e art. 62 bis c.p. e reclamando conseguentemente la declaratoria di prescrizione del reato.

Si contesta, in particolare, che la Corte di appello abbia ritenuto di non speciale tenuità il danno benchè lo stesso sia pari a Euro 250,00; ed abbia negato la concessione delle attenuanti generiche inglobando in un unico giudizio le diverse posizioni dei due imputati.
Motivi della decisione

1. I ricorsi, rappresentando le stesse lamentele, possono essere trattati congiuntamente.

Gli stessi sono manifestamente infondati.

Così, evidentemente la doglianza sul merito del fatto, insindacabile in questa sede di legittimità quando – come nel caso di specie – la convinzione dei giudici di merito è esposta in una logica motivazione, peraltro non contestata in quanto tale dal ricorrente (che in nessun caso enuncia e dimostra mancanze di motivazione, illogicità o contraddizioni). Sul trattamento sanzionatorio, comunque ritenuto eccessivo, e sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, deve rilevarsi che il giudice d’appello, con motivazione congrua ed esaustiva, anche previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente riproposti, è giunto a una valutazioni di merito come tale insindacabile nel giudizio di legittimità, quando – come nel caso di specie – il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici (Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794), rilevando in particolare per entrambi gli imputati: la sussistenza di precedenti penali, la prognosi negativa sulla personalità e la proporzione della pena inflitta alla gravità del fatto commesso; negando peraltro importanza al comportamento collaborativo e ammissivo di responsabilità del C. attesa l’evidenza del fatto.

Del resto questa Corte ha chiarito che in sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. Pertanto, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione. (Cass. Sez. 2 sent. n. 29434 del 19.5.2004 dep. 6.7.2004 rv 229220).

Per questi rilievi, deve concludersi che la determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicchè l’obbligo della motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf.

mass. N. 155508; n. 148766; n. 117242).

In particolare, con riguardo alla esclusione della richiesta attenuante disciplinata dall’art. 62 c.p., n. 4, la conformità a diritto della decisione impugnata discende dalla giurisprudenza secondo cui ai fini della concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, l’entità del danno deve essere valutata anzitutto con riferimento al criterio obiettivo del danno in sè, mentre quello subiettivo (riferimento alle condizioni economiche del soggetto passivo) ha valore sussidiario e viene in considerazione soltanto quando il primo, da solo, non appare decisivo o quando la perdita del bene, nonostante il modesto valore dello stesso, può rappresentare, in relazione alle condizioni particolarmente disagiate della persona offesa, un pregiudizio non trascurabile e quindi tale da escludere l’applicabilità dell’attenuante. L’indagine sulle condizioni economiche della persona offesa è pertanto irrilevante quando il criterio obiettivo induca a escludere la speciale tenuità del danno , dovendosi a tal fine tenere comunque conto che per la sussistenza dell’attenuante è in ogni caso necessario che il pregiudizio cagionato sia lievissimo.

(Fattispecie nella quale è stato ritenuto corretto il diniego dell’attenuante relativamente al furto della somma di Euro 195, trattandosi di importo che comunque escludeva che il danno subito dalla persona offesa potesse ritenersi, di per sè, di speciale tenuità) (Cass. 30.5.2011, n. 32097).

Orbene, la Corte territoriale, in ossequio del citato orientamento, ha ritenuto oggettivamente di non speciale tenuità un danno pari ad Euro 250,00.

2. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè di ciascuno al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2012

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