T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 14-01-2011, n. 330

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, già autorizzata a svolgere – nel complesso immobiliare di sua proprietà – attività complementari all’agriturismo, in data 15 luglio 2006 ha presentato al Comune di Longone Sabino una denuncia di inizio attività (D.I.A.) avente ad oggetto l’avvio di attività ricettiva e di ospitalità con ristorazione (per un numero non inferiore a 300 posti al giorno); quindi, in data 25 luglio 2006, ha presentato domanda al Comune medesimo per ottenere l’autorizzazione allo svolgimento di tali attività.

Acquisita una serie di documentazione integrativa, l’amministrazione comunale, con nota del 5 ottobre 2006, ha ordinato la sospensione dell’attività agrituristica svolta dalla società istante.

Avverso tale atto, ed ogni altro a questo connesso, ha proposto impugnativa la società interessata chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, per i seguenti motivi:

1) violazione di legge.

Nel caso di specie, risulta applicabile la legge 20 febbraio 2006, n. 96 che prevede, per l’avvio di una attività agrituristica, una procedura semplificata attraverso la presentazione di una denuncia di inizio attività.

Ed invero, l’art. 6 della citata legge n. 96 del 2006 prevede che l’amministrazione, a fronte della presentazione della D.I.A., possa inibire l’inizio dell’attività entro 60 gg. dalla ricezione.

Nel caso di specie, la D.I.A. è stata presentata in data 15 luglio 2006, mentre la sospensione dell’attività è stata disposta il 19 ottobre 2006, seppur il Comune abbia concesso 45 gg. per l’adeguamento delle irregolarità riscontrate in sede di sopralluogo;

2) violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla indicazione delle gravi ragioni richieste per la sospensione dell’attività agrituristica.

Il provvedimento impugnato non chiarisce quali sarebbero le gravi carenze ed irregolarità che hanno portato alla sospensione dell’attività di agriturismo;

3) difetto di motivazione con riferimento alla diffida del 14 agosto 2006.

Il provvedimento impugnato si limita a richiamare le risultanze che emergono dal verbale redatto dai NAS dei Carabinieri che, invero, non reca alcuna precisazione in ordine agli addebiti mossi alla ricorrente;

4) errata valutazione e/o travisamento dei presupposti di fatto.

In sede di valutazione della D.I.A. del 15 luglio 2006, avente ad oggetto l’ampliamento dell’attività agrituristica (già autorizzata dal 2001) con quella recettiva e di ospitalità, il Comune resistente ha ritenuto di dover preliminarmente verificare l’attività già assentita.

In particolare, l’amministrazione ha controllato l’esistenza delle colture e degli animali presenti in azienda rispetto al Piano aziendale del 2005, senza tuttavia considerare che tali attività sono soggette a mutamenti di carattere naturale e fisiologico.

Si è costituito in giudizio il Comune di Longone Sabino chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.

Con ordinanza n. 6630/2006, è stata accolta la domanda di sospensiva.

Con atto notificato in data 10 marzo 2010, la ricorrente ha poi impugnato per l’annullamento la nota n. 324 del 29 gennaio 2010 con cui l’Ufficio tecnico comunale, in esecuzione dell’ordinanza della Sezione n. 1501/2009, ha risposto in ordine ad alcuni chiarimenti richiesti dalla Sezione (ovvero accertare se l’azienda del ricorrente aveva assolto alle prescrizioni igienico – sanitarie dettate dall’ASL di Rieti nel mese di novembre 2006; se, previo sopralluogo, la situazione attuale delle colture presenti nell’azienda in argomento e la composizione della stalla erano compatibili con la normativa in materia di agriturismo; se gli abusi edilizi erano stati, di recente, oggetto di sanatoria).

In particolare, la ricorrente ha proposto i seguenti motivi aggiunti:

1) mancata puntuale esecuzione da parte del Comune di Longone Sabino dell’ordinanza istruttoria n. 1501/2009.

La relazione depositata in giudizio nulla dice in ordine all’avvenuto adeguamento da parte della società ricorrente delle indicazioni dettate dalla ASL di Rieti nel novembre 2006 e alla attuale situazione della stalla e delle colture presenti in azienda.

La predetta relazione dà, invero, atto della sola presentazione da parte della ricorrente della istanza di concessione del permesso di costruire in sanatoria.

Non è stato, invece, dato atto del fatto che la ricorrente, in adempimento dei rilievi mossi dalla ASL di Rieti nel novembre 2006, ha trasmesso alla predetta azienda sanitaria apposita dichiarazione dalla quale risulta l’avvenuta ottemperanza alle suddette indicazioni (ovvero installazione di idonei dispositivi antimosche nella cucina, di armadietti individuali per il personale e di un servizio igienico al piano seminterrato per i dipendenti; attestazione sulla formazione del personale in materia di igiene alimentare).

Per quanto riguarda la situazione delle colture e del bestiame esistente in azienda, vale quanto esposto nelle relazioni depositate con la D.I.A. presentata nel luglio del 2006;

2) errata valutazione dei presupposti di fatto posti a base delle dichiarazioni contenute nella relazione di cui alla nota n. 324 del 29 gennaio 2010.

La relazione comunale del gennaio 2010, nel dare atto della presentazione della domanda di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, poi concesso con provvedimento n. 2/2009, non chiarisce che la predetta istanza non riguarda la realizzazione di nuove opere, bensì reca una rettifica rispetto alla precedente domanda del 2005 dove era stata indicata erroneamente una superficie inferiore di 180 mq.

Né possono essere ritenute veritiere le ulteriori affermazioni circa la mancanza di elaborati grafici di smaltimento delle acque reflue e lo schema di depurazione delle stesse, né la mancanza del certificato di agibilità (di cui l’immobile è sempre stato dotato fin dal luglio 2006) e del certificato antisismico (rilasciato invece dalla Regione Lazio e depositato in giudizio).

Altrettanto inconferente è l’affermazione contenuta nella predetta relazione secondo cui la stalla sarebbe carente di ogni forma di smaltimento dei liquami in quanto il bestiame vive allo stato brado e, solo di rado, viene ricoverato all’interno della stalla medesima.

In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie, insistendo nell’accoglimento delle loro rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 7 dicembre 2010, la causa, dopo la discussione delle parti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

1. Va, anzitutto, precisato quanto segue:

– la ricorrente, nel luglio del 2006, si è attivata per ottenere il necessario titolo (dapprima con la presentazione della D.I.A., poi con la richiesta di autorizzazione) per procedere all’ampliamento dell’attività agrituristica già autorizzata nel 2001, con l’avvio dell’ulteriore attività di ricettività ed ospitalità con ristorazione (per un numero non inferiore a 300 posti al giorno);

– il Comune di Longone Sabino, con il provvedimento impugnato, ha sospeso, ai sensi dell’art. 6, comma 2, della legge n. 96 del 2006, l’attività agrituristica svolta dalla ricorrente;

– in particolare, la sospensione è stata disposta in ragione delle irregolarità, ritenute gravi dal Comune resistente, riscontrate nell’attività svolta dalla ricorrente, con particolare riferimento alla composizione della stalla ed alle colture presenti in azienda, risultate difformi rispetto a quanto indicato nel Piano di utilizzazione aziendale del 1° dicembre 2005;

– altresì, la sospensione di cui al provvedimento impugnato, secondo quanto si desume per relationem dal richiamato verbale dei NAS di Viterbo del 27 luglio 2006, è stata disposta anche in ragione della difformità riscontrata tra gli interventi edilizi (in particolare, gli impianti igienici) realizzati presso l’Azienda ricorrente rispetto a quelli risultanti dall’allegato alla D.I.A. presentata il 15 luglio 2006.

2. Ciò posto, va respinta la censura contenuta nel primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio.

Deve infatti escludersi che con la denuncia di inizio attività, presentata dalla ricorrente in data 15 luglio 2006, si sia formato il titolo ai sensi della speciale disciplina prevista dall’art. 6, comma 2, della legge n. 96 del 2006: risulta dagli atti che la richiesta di integrazione documentale – disposta dal Comune con note in data 26 luglio 2006 e 26 agosto 2006 – è stata soddisfatta dall’interessata solo il 4 settembre 2006.

Da questa ultima data dunque va fatto decorrere il termine di 60 giorni previsto dalla legge n. 96 del 2006 per l’esercizio, da parte del Comune, del potere di sospensione dell’attività agrituristica, posto che solo con il completamento della documentazione l’amministrazione è in grado di effettuare tutte le valutazioni del caso e decidere se attivare o meno il potere inibitorio.

Né può ritenersi fondata l’affermazione secondo cui la richiesta del Comune sarebbe stata priva di fondamento essendo l’amministrazione già in possesso della necessaria documentazione: sul punto è sufficiente il richiamo alla nota del 2 settembre 2006, con cui l’interessata ha provveduto a depositare ulteriore documentazione inerente la pratica di che trattasi (planimetria dei locali e degli impianti e planimetria catastale con l’indicazione delle colture esistenti).

Neppure è rilevante accertare se – all’epoca in cui è stato adottato l’impugnato provvedimento di sospensione – il regime previsto per la formazione del titolo necessario all’espletamento dell’attività in questione fosse quello previsto dalla legge n. 96 del 2006 (D.I.A.), ovvero quello autorizzatorio di cui alla legge regionale n. 36 del 1997: va infatti osservato che in data 14 agosto 2006 – dunque prima che l’interessata provvedesse al completamento della documentazione allegata alla D.I.A. – il Comune di Longone Sabino aveva respinto l’istanza per il rilascio della autorizzazione commerciale, presentata il 26 luglio 2006, a pochi giorni di distanza dal deposito della denuncia di inizio attività e che tale provvedimento di rigetto non è stato poi impugnato dalla ricorrente.

In ogni caso, posto che il dies a quo da cui far decorrere i 60 giorni previsti dall’art. 6, comma 2, della legge n. 96 del 2006, per l’adozione del provvedimento inibitorio va fatto risalire al 4 settembre 2006, il provvedimento impugnato di sospensione dell’attività, risulta adottato nel rispetto dei termini previsti dalla norma citata (secondo cui "…il comune, compiuti i necessari accertamenti, può, entro sessanta giorni, formulare rilievi motivati prevedendo i relativi tempi di adeguamento senza sospensione dell’attività in caso di lievi carenze e irregolarità, ovvero, nel caso di gravi carenze e irregolarità, può disporre l’immediata sospensione dell’attività sino alla loro rimozione da parte dell’interessato, opportunamente verificata, entro il termine stabilito dal comune stesso").

3. Ciò posto, con riferimento invece alle ulteriore censure contenute nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti, è necessario ordinare al Comune di Longone Sabino di depositare, in triplice copia (un originale e due copie), le relazioni redatte in esecuzione delle ordinanze della Sezione n. 1501 del 19 novembre 2009 e n. 649 del 16 aprile 2010 (già prodotte in giudizio rispettivamente in data 2 febbraio 2010 e 8 giugno 2010), unitamente ai documenti ivi (eventualmente) richiamati, in quanto, dopo il passaggio in decisione della controversia, la predetta documentazione è risultata non integra e, comunque, tale da non consentire piena contezza del loro contenuto.

In ragione di ciò, il Comune di Longone Sabino dovrà depositare quanto sopra richiesto entro 15 giorni dalla comunicazione, in via amministrativa, del presente provvedimento ovvero dalla notifica, se antecedente.

4. Le spese di giudizio saranno regolate una volta definito il merito della controversia.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), non definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, respinge il primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, mentre, per la definizione delle restanti censure, ordina al Comune di Longone Sabino di depositare in giudizio quanto richiesto in parte motiva (punto 3. della parte in diritto) entro 15 giorni dalla comunicazione, in via amministrativa, del presente provvedimento ovvero dalla notifica, se antecedente.

Fissa, per la definizione della controversia, la pubblica udienza del 2 marzo 2011.

Spese al definitivo.

Ordina che la presente sentenza non definitiva sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere

Daniele Dongiovanni, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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