Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-11-2012) 07-12-2012, n. 47650

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 07/10/2011 il Tribunale di Latina ha condannato I.F. alla pena di Euro 6.000,00 di ammenda per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, in relazione all’avvenuto smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi consistenti in materiale inerte derivante da attività di demolizione e scavo.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato tramite il proprio Difensore. Con i primi due motivi, coincidenti quanto al contenuto, si duole dell’omesso accertamento sulla reale natura dei presunti "rifiuti speciali non pericolosi" essendo stato l’unico indizio tratto dalla scarna ed apodittica relazione di p.g. senza che sia stato effettuato alcun accertamento tecnico in tal senso. Con un terzo motivo lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 546 c.p.p., lett. e), essendo la motivazione meramente apparente a fronte della assoluta mancanza di elementi dimostrativi della responsabilità dell’imputato. Invoca, in ogni caso, la riduzione della pena da ritenersi eccessiva.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è manifestamente infondato. Va premesso che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, integra il reato previsto dall’art. 256 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 l’abbandono incontrollato di residui da demolizione, che vanno qualificati come rifiuti speciali e non come materie prime secondarie o sottoprodotti (Sez. 3, n. 17823 del 17/01/2012, Celano, Rv. 252617; Sez. 3, n. 7465 del 15/01/2008, Baruzzi, Rv. 239012; Sez. 3, n. 14323 del 04/12/2007, P.M. in proc. Coppa ed altri, Rv. 239657). Nella specie, facendo corretta applicazione del principio, la sentenza impugnata ha esaustivamente motivato in ordine agli elementi fondanti la responsabilità dell’imputato attesa, da una parte, la natura del materiale rinvenuto dagli agenti del Corpo Forestale dello Stato nell’area di proprietà dell’imputato e consistente in circa 300 metri cubi di calcinacci di varia tipologia proveniente da demolizione di edifici e, dall’altra, la mancanza di titolo abilitativo che consentisse la raccolta e lo smaltimento di detto materiale. Conseguentemente tutti e tre i motivi di ricorso sono inammissibili.

Inammissibile è infine anche la doglianza relativa alla eccessività della pena inflitta, che, esposta in tali termini, è del tutto generica.

4. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

L’inammissibilità originaria del ricorso, non consentendo il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare, a norma dell’art. 129 c.p.p., la prescrizione maturata successivamente alla sentenza di merito, per quanto detto non validamente impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca).

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, e della somma indicata in dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2012

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