Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 09-11-2012) 07-12-2012, n. 47653

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 20 gennaio 2011 la Corte di Appello di Cagliari confermava la sentenza di condanna emessa il 1 luglio 2005 dal Tribunale di Oristano nei confronti di P.M. per il reato di falsa testimonianza commesso il 26 aprile 2001. Il ricorrente, difatti, nel corso del procedimento a carico di D.F., aveva negato che, durante l’inseguimento da parte di una pattuglia di carabinieri dell’auto in cui anche P. era presente, aveva ricevuto dal D.F. una pistola illegittimamente detenuta perchè se ne disfacesse lanciandola dal finestrino.

La Corte confermava la ricostruzione dei fatti di cui alla sentenza di primo grado rigettando i motivi di appello per quanto riguardava la tesi secondo cui il ricorrente, in quanto imputato in procedimento connesso, non poteva essere sentito quale testimone; riteneva infatti la applicabilità della disciplina di cui all’art. 197 bis cod. proc. pen., in quanto per il reato di favoreggiamento reale il P. aveva "patteggiato" la pena.

Con unico motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 197 bis, 198 e 210 cod. proc. pen. e art. 384 cod. proc. pen. osservando che le dichiarazioni testimoniali ritenute false furono rese in epoca precedente alla introduzione della L. n. 63 del 2001. Il difensore, richiamata la disciplina introdotta da questa legge in ordine al diritto al silenzio, osserva che il ricorrente, ascoltato quale testimone assistito, fu sentito su circostanze che consistevano in fatti inscindibili da quelli per i quali era sottoposto al procedimento concluso con applicazione di pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.. In tale caso, parte ricorrente ritiene applicabile la disciplina di cui all’art. 197 bis cod. proc. pen. che dispone che il testimone non possa essere obbligato a deporre su fatti che concernono la propria responsabilità in ordine al reato per cui si procede. Ne consegue la applicabilità della disposizione di cui all’art. 384 cod. pen., comma 2, che esclude la punibilità per falsa testimonianza di chi non avrebbe potuto essere obbligato alla deposizione.

Il ricorso è inammissibile.

Rileva il collegio che il motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto la parte giustifica la propria richiesta su una non condivisibile interpretazione analogica della disposizione di cui all’art. 197 bis cod. proc. pen.. Tale disposizione fissa il principio "nel caso previsto dal comma 2 il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti che concernono la propria responsabilità in ordine al reato per cui si procede o si è proceduto nei suoi confronti" e, secondo la difesa, se ne dovrebbe desumere una identica regola applicabile anche nel caso di deposizione su "fatto inscindibile" da quello costituente reato per il dichiarante.

In realtà tale apodittica affermazione della difesa è assolutamente in contrasto con il complesso delle disposizioni citate che intendono riferire, testualmente e logicamente, la disciplina al solo caso della testimonianza sul fatto implicante direttamente propria responsabilità penale, solo in tale caso trovando ragione il permanere del diritto al silenzio pur a fronte dei particolari eventi (passaggio in giudicato della sentenza nei propri confronti, scelta di rendere dichiarazioni nelle condizioni di cui all’art. 64 cod. proc. pen., comma 2, lett. c) citati dalla disposizione.

La valutazione delle ragioni della inammissibilità fa ritenere adeguata la sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Inammissibile e spese.

così deciso in Roma, il 9 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2012

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