Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-10-2012) 07-12-2012, n. 47638

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.L.V. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale il tribunale di Foggia, sezione distaccata di Trinitapoli, l’ha condannata alla pena dell’ammenda, con il beneficio della sospensione condizionale della pena, per il reato di cui alla L. n. 1963 del 1965, art. 15, lett. c), artt. 24 25 per avere detenuto al fine di farne commercio nel suo ristorante kilogrammi 1,5 di novellarne di triglia. In motivazione il tribunale ha messo in evidenza come la misurazione a campione del novellarne custodito nelle celle frigorifere del ristorante, ha rivelato che la maggior parte di esso era inferiore ai 9 cm e che dovesse essere disapplicata la normativa italiana (D.P.R. n. 1639 del 1968, art. 89) che prevede la tolleranza del 10% sul novellarne pescato, in quanto incompatibile con la disciplina comunitaria e, specificamente, con il regolamento CE 17 giugno 1994 n. 1626 che non consente deroga alla pesca ed al commercio del novellarne. Deduce in questa sede la ricorrente:

1) la mancanza, contraddittorietà e manifeste illogicità della motivazione sostenendo che la motivazione della sentenza difetta palesemente dell’indicazione degli elementi di prova su cui il giudice ha fondato il convincimento per la condanna ed inoltre che il giudice si sarebbe basato unicamente sulle dichiarazioni dell’unico teste di accusa escusso – che aveva proceduto all’accertamento presso il ristorante – senza considerare tuttavia che lo stesso non era in possesso di una valida strumentazione all’atto dell’accertamento medesimo e che inizialmente non ricordava se aveva pesato il novellarne e che, per contro, non si era in alcun modo tenuto conto delle dichiarazioni di C.G., teste della difesa, nonchè della documentazione versata da quest’ultima nel fascicolo del dibattimento;

2) la violazione dell’art. 530 c.p.p., comma 2;

3) la violazione di legge sulla determinazione della pena nonchè sulla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena sottolineando che quest’ultimo non era stato mai richiesto.

Sulla entità della pena il rilievo consiste nel fatto che il giudice di merito sarebbe partito dalla pena massima per la detrazione relativa alle attenuanti generiche nonostante lo stato di incensuratezza dell’imputata.
Motivi della decisione

Devono ritenersi infondati ed ai limiti della inammissibilità i motivi incentrati sulla responsabilità dell’imputato e sulla entità del trattamento sanzionatorio.

Per quanto concerne la responsabilità, in particolare, cui si riferiscono i primi due motivi di ricorso, seppure deducendo violazioni di legge diverse, si osserva che si appalesa assolutamente infondato il rilievo della ricorrente circa l’omessa indicazione delle prove a carico dell’imputato, correttamente indicate nella motivazione del provvedimento impugnato nella testimonianza dell’accertatore e nel verbale di sequestro del pescato.

Eventuali titubanze nel racconto non possono formare oggetto di discussione in questa sede non interessando il nucleo centrale delle dichiarazioni.

In più la ricorrente nè indica gli elementi dai quali dedurre errori percettivi in fase di accertamento, nè spiega le ragioni della decisività del teste indicato dalla sua difesa nè quelle della produzione documentale cui fa, peraltro solo genericamente, cenno nei motivi.

Anche sulla pena, limitatamente alla quantificazione di essa, si rileva che vi è adeguata motivazione con riferimento alla necessità di valutare la gravità del fatto nel suo insieme.

In più si deve in questa sede rilevare che, sia per quanto concerne la responsabilità che l’entità della pena, le questioni dedotte, in quanto sostanzialmente articolate sulla richiesta di diversa valutazione degli elementi di prova, non tengono evidentemente nemmeno conto dei limiti propri del giudizio di legittimità.

Al riguardo le Sezioni Unite, come noto, hanno affermato, infatti, che l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e1, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.

(SU 1997 n. 6402, Rv 207944, Dessimone ed altri).

Appare invece fondato il motivo sulla sospensione condizionale della pena per le ragioni di seguito indicate.

La ricorrente si duole di non aver mai richiesto la sospensione condizionale della pena e peraltro non vi è nemmeno alcuna motivazione sulle ragioni sostanziali della concessione del beneficio motivata con mera clausola di stile ("ricorrono i presupposti per poter concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena").

Al riguardo questa Corte ha costantemente affermato che nell’ambito del potere discrezionale riconosciuto dall’art. 163 cod. pen., il giudice può, anche di ufficio, concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena dell’ammenda, facendo prevalere, sul contrario interesse dell’imputato, l’utilità che discende dalla funzione rieducativa insita nel beneficio in questione: di tale prevalente utilità il giudice è però tenuto a fornire concreta giustificazione (Sez. 1, n. 44602 del 11/11/2008 Rv. 241912).

Il problema, dunque, non è tanto quello della concedibilità d’ufficio del beneficio ma piuttosto quello della completa assenza di motivazione sulle ragioni della concessione d’ufficio.

Si ritiene pertanto nel contesto descritto di poter procedere all’annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente alla statuizione sulla sospensione condizionale della pena provvedendo direttamente in questa sede alla caducazione di essa.

Il ricorso va invece rigettato nel resto.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena, che elimina. Rigetta il ricorso nel resto.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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