Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-07-2012, n. 12006 Crediti privilegiati Tributi locali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente Consorzio Intercomunale Priula impugna per saltum, con il consenso all’iniziativa dell’intimato Fallimento Master Catering C.P.V. s.r.l., la sentenza Trib. Treviso 2.2.2005 n. 184 con cui, in conferma del decreto reiettivo sul punto del competente giudice delegato, venne rigettata la sua opposizione ai sensi dell’art. 98 l.fall., volta all’ammissione allo stato passivo ed in privilegio di quella procedura del credito riferito al servizio di gestione dei rifiuti urbani, alla relativa IVA ed al tributo ambientale provinciale. Il mancato riconoscimento del privilegio, richiesto ex art. 2752 cod. civ., fu motivato dal tribunale veneto – che ammise invece il credito al passivo tra i chirografari – per il collegamento di rinvio della norma civilistica al T.U. Finanza Locale (R.D. n. 1175 del 1931) e la conseguente impossibilità di farne applicazione analogica, stante la natura eccezionale delle cause di prelazione e l’impossibilità di ravvisare nella disposizione una norma in bianco.

Ne sarebbe perciò derivata la preclusione ad attribuire il privilegio (generale) richiesto sui beni mobili del debitore a tutti i tributi dei comuni e delle province istituiti da leggi posteriori, oltre che quello speciale all’IVA di rivalsa per lo svolgimento di un mero servizio. La tariffa per i rifiuti, di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, a sua volta, per un verso si configurerebbe obbligatoria e determinata in via autoritativa dal Comune e però, L. n. 498 del 1992, ex art. 12 (cui rinvia il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 23), si porrebbe anche alla stregua di corrispettivo dei servizi pubblici, improntata all’equilibrio costi-ricavi tale da garantire la copertura delle necessità di gestione, erogabile altresì da soggetti privati, costituiti come imprese commerciali, con esclusione in generale del valore di tributo, oltre che, infine, assoggettabile ad IVA. Il ricorso è affidato a due motivi, con deposito di memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione

Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2752 c.c., u.c., e del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, contestando che la sentenza abbia omesso di considerare la cd. tariffa rifiuti come una vera tassa, anzichè – come avvenuto – alla stregua di un corrispettivo e dunque errando nel negare ad essa il trattamento di credito privilegiato. L’inquadramento letterale della tariffa-TIA non avrebbe tenuto conto della sua sostanziale derivazione dalla precedente TARSU, di cui avrebbe riprodotto i caratteri di determinazione diretta dell’autorità locale e non commutatività o corrispettività, nè assumendo significato dirimente l’applicazione dell’IVA ovvero, come nel caso, l’erogazione del servizio da parte di impresa privata.

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione ancora dell’art. 2752 c.c., u.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per averne invocato un’interpretazione restrittiva, con l’esclusione dal privilegio di tutti i tributi istituiti successivamente al T.U. Finanza locale (R.D. n. 1175 del 1931), anzichè seguire la tesi del rinvio recettizio.

1. I due motivi possono essere trattati congiuntamente, stante l’evidente connessione e ne va affermata la fondatela. Con recente pronuncia, al cui principio di diritto si intende dare continuità, questa Corte ha invero statuito di aver "già avuto occasione di riconoscere al credito della tariffa rifiuti il privilegio di cui all’art. 2752 c.c., u.c., con Cass. 5297/2009. E’ poi seguita Cass. Sez. Un. 13894/2009 – pronunciata in sede di regolamento di giurisdizione – che, ritenendo la natura non tributaria della tariffa pur in presenza di precedenti tra loro contrastanti nella giurisprudenza di questa Corte, ha sollevato eccezione di illegittimità costituzionale della previsione detta giurisdizione del giudice tributario. Un mese dopo, però, Corte Cost. 238/2009 ha confermato – in relazione ad altre ordinanze di rimessione – la natura tributaria della tariffa e successivamente, con ord. 64/2010, ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione sollevata dalle Sezioni Unite; le quali, a loro volta, preso atto di quest’ultima decisione, con ordinanza 14903/2010, hanno dichiarato la giurisdizione del giudice tributario per le controversie aventi ad oggetto l’obbligazione di pagamento della medesima tariffa. Sempre le Sezioni Unite hanno anche risolto, con la sentenza 11930/2010, la questione dell’interpretazione dell’art. 2752 c.c., u.c., accogliendone l’interpretazione estensiva per la quale tutti i tributi, locali, siano o meno previsti dal richiamato R.D., godono del privilegio di cui trattasi" (Cass. 4554/2012). La conclusione promana invero dal convincimento secondo cui "La tariffa di igiene ambientale (TL4) riveste natura tributaria, quale entrata pubblica costituente "tassa di scopo", che mira a fronteggiare una spesa di carattere generale, ripartendone l’onere sulle categorie sociali che da questa traggono vantaggio, mentre manca un rapporto sinallagmatico tra la prestazione da cui scaturisce l’onere ed il beneficio che il singolo riceve. Pertanto, al credito relativo si applica il privilegio previsto dall’art. 2752 c.c., comma 3, in quanto tale norma, con l’espressione "legge per la finanza locale", rinvia non ad una legge specifica istitutiva della singola imposta, bensì all’atto astrattamente generatore dell’imposizione, in coerenza con il fine del privilegio in questione, volto ad assicurare agli enti locali la provvista dei mezzi economici necessari per l’adempimento dei loro compiti istituzionali" (Cass. 2320/2012). Ed invero l’inquadramento tipologico della TIA ha condotto ad affermare che "si tratta di un complesso di proventi non sempre esattamente inquadrabili o definibili, i cui confini sono stati tracciati da … Sezioni Unite (ordinanze n. 123/07 e 8956/07) attraverso l’affermazione secondo cui deve essere riconosciuta natura tributaria a tutte quelle prestazioni che non trovino giustificazione o in una finalità punitiva perseguita dal soggetto pubblico o in un rapporto sinallagmatico tra la prestazione stessa e il beneficio che il singolo riceve". (Cass. s.u. 3158/08; Cass. 5297/2009).

3. Parimenti, è stato osservato che la natura tributaria della tariffa non è messa poi in discussione dall’eventuale tipologia eventualmente privatistica del soggetto che gestisce la stessa.

Questa Corte ha infatti già ribadito "che le varie forme di attribuzione a soggetti privati di servizi (ed entrate) pubbliche non fanno venir meno i cardini della struttura pubblicistica dei servizi (e delle entrate) stesse. La natura tributaria in questione non può neppure essere contestata in base alla considerazione che la parte terza della tabella A allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA, preveda (n. 127 sexiesdecies) che le prestazioni di raccolta, trasporto recupero e smaltimento dei rifiuti sia urbani che speciali siano soggette al pagamento dell’IVA 10%. E’ sufficiente a tale proposito osservare che detta previsione normativa è stata introdotta dal D.L. n. 557 del 1993, art. 4, comma 1, convertito con L. n. 133 del 1994, quando era ancora in vigore la TARSU, la cui natura tributaria è sempre stata indiscussa. Il che dimostra che l’applicazione dell’Iva all’importo corrisposto per smaltimento dei rifiuti prescinde dalla sua natura tributaria o meno" Cass. 5297/2009.

Deve dunque concludersi (in accoglimento della corrispondente censura avanzata dalla società ricorrente) che l’entrata in questione ha natura tributaria, non costituendo, in senso tecnico, il corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta e rappresentando invece una forma di finanziamento di servizio pubblico attraverso la imposizione dei relativi costi sull’area sociale che da tali costi ricava, nel suo insieme, un beneficio. E parimenti ne consegue che dalla descritta qualificazione giuridica della tariffa rifiuti, anche il relativo credito assume il rango privilegiato ex art. 2752 cod. civ., benchè la sua istituzione sia avvenuta con leggi successive al R.D. n. 1175 del 1931 (così per l’ICI, Cass. s.u. 11930/2010), così dovendosi ricorrere alla citata interpretazione estensiva, poichè "la norma fin dal suo testo iniziale fu strutturata in modo da non rivolgersi ad una legge specifica istitutiva della singola imposta – tanto meno coincidente con il solo T.U. del 1931 – ma intese rinviare all’atto astrattamente generatore dell’imposizione nella sua lata eccezione onde consentire …l’aggregazione successiva di norme ulteriori in ragione della materia considerata"(Cass. s.u. 11930/2010).

4. Il ricorso va pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e, sussistendo i requisiti di cui all’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p., (nella formula applicabile), in quanto non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il riconoscimento del privilegio generale mobiliare ex art. 2752 c.c., comma 3 (nel testo ratione temporis vigente) al credito insinuato al passivo del Fallimento intimato – per detta tariffa di igiene ambientale – dal consorzio ricorrente.

Analoga sorte compete alla prestazione accessoria degli interessi, da ammettere al passivo secondo le decorrenze e nelle misure di legge e qualità richieste dal creditore e fino alla liquidazione mobiliare.

Per la parte di credito dell’IVA di rivalsa per lo svolgimento del servigio (secondo la ricostruzione in fatto operata dal giudice del merito sulle fatture impagate), si osserva che, da un lato, ogni controversia ad essa relativa attiene ai limiti di esercitabilità della prelazione e da svolgere nella fase del riparto, esulando dalla presente sede di accertamento la verifica del bene oggetto del privilegio, quando sia da riconoscere in via astratta (Cass. 6849/2011; 16080/2004; s.u. 16060/2001); dall’altro, il consorzio ricorrente ha espressamente precisato che la qualificazione siccome tributaria della tariffa determinerebbe il non addebito dell’IVA stessa, conseguendone il sopravvenuto difetto d’interesse alla domanda e l’assorbimento del motivo di ricorso, per tale parte.

5. In ragione della solo recente acquisizione di più univoci orientamenti giurisprudenziali quanto alle questioni oggetto di controversia, tenuto conto dell’epoca della domanda e delle decisioni assunte nel procedimento, sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e per l’effetto, decidendo nel merito la domanda di ammissione al passivo, ammette il creditore al passivo del Fallimento Master Catering C.P.V. s.r.l. in via privilegiata ai sensi di cui in motivazione, quanto al credito per il servizio di gestione dei rifluii, nonchè agli interessi con il tasso di legge applicabile sul capitale come da domanda e fino alla liquidazione mobiliare; dichiara l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2012

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