Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-10-2012) 07-12-2012, n. 47630

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 16/09/2011 la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pisa del 14/04/2010, ha assolto S.U. dal reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, di deposito incontrollato di rifiuti accertato in data 03/11/2006 (capo b) e ha rideterminato la pena, per il reato di cui all’art. 255, comma 3, per non avere egli ottemperato all’ordinanza dirigenziale del 18/04/2005 con cui gli si ordinava di procedere alla rimozione e smaltimento di rifiuti (capo a), in mesi due di arresto.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato; con un primo motivo si duole della mancata declaratoria di estinzione del reato sub a) per intervenuta prescrizione nella data del 16/06/2011; rileva infatti come il reato in oggetto debba considerarsi istantaneo, eventualmente ad effetti permanenti, e non già come reato permanente, con conseguente consumazione una volta scaduto il termine perentorio di giorni sessanta contenuto nell’ordinanza, ovvero in data 17/06/2005.

Con un secondo motivo si lamenta del mancato accertamento, da parte della Corte, in relazione al reato per cui è intervenuta condanna, e non invece a quello da cui S. è stato assolto, della veste o meno da parte sua di legale rappresentante della società e dell’essere egli stato autore materiale del reato di avere scaricato materiale inquinante, quale circostanza non automaticamente discendente dalla qualità di proprietario.
Motivi della decisione

3. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Questa Corte ha già chiarito che il reato di mancata ottemperanza all’ordine sindacale di rimozione dei rifiuti, di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 50, comma 2, (ora sostituito dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 255, comma 3), ha natura di reato permanente, nel quale la scadenza del termine per l’adempimento non indica il momento di esaurimento della fattispecie, bensì l’inizio della fase di consumazione che si protrae sino al momento dell’ottemperanza all’ordine ricevuto (Sez. 3, n. 23489 del 18/05/2006, Marini, Rv.

234484). Si è in particolare specificato che la scadenza del termine imposto nell’ordinanza non esaurisce la condotta criminosa persistendo anche successivamente ad essa l’interesse giuridico sotteso allo adempimento della prescrizione e, quindi, il dovere del destinatario del provvedimento di agire per la rimozione dei rifiuti.

Di conseguenza, trattandosi di reato permanente, la decorrenza del termine prescrizionale deve, nella specie, individuarsi nella data della sentenza di primo grado (epoca nella quale permaneva, appunto, la inottemperanza dello imputato), ovvero in quella del 14/04/2010;

pertanto, il periodo richiesto, ai fini della prescrizione, dagli artt. 157 e 160 c.p. non era maturato al momento della decisione impugnata nè lo è tuttora.

4. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato. Nell’atto di appello a suo tempo presentato l’imputato stesso sottolineava che con l’ordinanza comunale in oggetto "si ordinava al prevenuto la rimozione di tutti i rifiuti presenti, interrati o meno, provvedendo allo smaltimento dei medesimi nelle dovute forme di legge" (pag. 2), in tal modo non essendosi contestato che destinatario del provvedimento, a prescindere dalla qualità soggettiva del medesimo, era lui stesso. Del resto, la stessa deposizione del teste C., come trascritta in ricorso, avrebbe dato atto del fatto che l’ordinanza venne emessa a carico direttamente di S., in tal modo divenendo del tutto inconferente, se non addirittura contraddittorio il motivo stesso articolato. Da ciò, anzi, la conseguenza, che, allorquando, con lo stesso appello, si lamentava che la condizione soggettiva di legale rappresentante dell’azienda agricola non fosse stata provata (pag. 9), la doglianza non poteva non essere riferita (pena, diversamente, appunto, una contraddizione intrinseca allo stesso ricorso) evidentemente, se non al reato sub b) di deposito incontrollato di rifiuti, come definitivamente reso chiaro dalla successiva precisazione contenuta nella medesima pagina 9 ("In realtà, ed in particolare per quanto riguarda il reato sub b)- deposito incontrollato – non vi era nessuna ordinanza e la qualifica di titolare di azienda agricola non è stata previamente accertata essendo viceversa imprescindibile ai fini della formulazione stesa del capo di imputazione"). Ne consegue che nessuna mancata risposta può dunque, sul punto, essere addebitata alla Corte territoriale.

5. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, e della somma indicata in dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2012

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