Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-07-2012, n. 12003 Giudice delegato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

All’origine della controversia vi sono, per quel che ancora rileva, i seguenti fatti. Con decreto 3 maggio 2007, il Tribunale di Mantova omologò a norma della L. Fall., art. 129, comma 4, come modificato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, il concordato del fallimento Belleli Holding Industriale s.p.a. (nel seguito Fall. BHI), come proposto da Sigef s.p.a. (nel seguito: Sigef) quale terzo assuntore. Con altro decreto nella stessa data, il Tribunale di Mantova omologò anche, a norma della stessa disposizione, il concordato del fallimento Belleli Finanziaria s.p.a. (nel seguito Fall. BF), anch’esso proposto da Sigef quale terzo assuntore. I due decreti divennero definitivi il 3 maggio 2007. Essi prevedevano il rilievo integrale dell’attivo da parte dell’assuntore, in esso compresi i crediti vantati da ciascuna delle due società fallite verso terzi.

Il Fall. BHI era stato ammesso, in via chirografaria, al passivo del Fallimento dell’Interklim Sistemi s.r.l. (nel seguito: Fall.

Interklim), dichiarato il 10 maggio 1996, per un credito di complessivi Euro 36.097.168,40. A sua volta, il Fall. BF era stato ammesso, in via chirografaria, al passivo dello stesso fallimento per un credito di complessivi Euro 29.320.673,17.

Con ricorso 12 ottobre 2007 Sigef, cessionaria dei crediti vantati dai due fallimenti insinuati al passivo, chiese la sua ammissione in via chirografaria al passivo del fall. Interklim per complessivi e 65.417.841,57.

Il 5 novembre 2007, nelle more del procedimento relativo all’ammissione della Siges in luogo dei creditori insinuati, il curatore del fall. Interklim depositò l’ottavo progetto di ripartizione parziale dell’attivo, nel quale era disposto l’accantonamento dell’importo totale di complessivi Euro 4.252.159,71, spettanti ai due fallimenti già insinuati. Il piano fu dichiarato esecutivo il 3 dicembre 2007.

Il successivo 5 dicembre 2007 i crediti di Sigef furono ammessi al passivo come da domanda, trattandosi di sostituzione soggettiva nella titolarità dei crediti dei due fallimenti già insinuati.

Il 10 aprile 2009 il curatore depositò il nono progetto di ripartizione parziale. In esso, con riguardo ai crediti vantati da Sigef, il curatore, premesso che si trattava di crediti "inter company" per complessivi Euro 67.804.284,58, di natura finanziaria, ne proponeva la postergazione, con l’effetto che l’accantonamento operato nel precedente piano di riparto parziale a favore di Sigef non aveva più ragion d’essere e si rendeva disponibile ai fini del medesimo riparto. Del decreto in data 5 maggio 2009, di esecutività di questo nuovo piano di riparto, che e-scludeva Sigef sia dal pagamento delle somme in precedenza accantonate, e sia dalla partecipazione al nuovo riparto, fu data comunicazione alla società interessata il giorno 11 maggio 2009.

Contro il predetto decreto, Sigef propose reclamo L. Fall., ex art. 26, respinto dal Tribunale con decreto 6 ottobre 2009.

Per la cassazione di questo decreto, notificato il 19 ottobre 2009, ricorre Sigef, con atto – n. 27595-2009 r.g. – notificato in data 4 dicembre 2009, per tre motivi, illustrati anche con una memoria che è stata depositata da Eurocredit 99 s.p.a., che nelle more del giudizio ha incorporato la Sigef in liquidazione.

Il fallimento resiste con controricorso e con memoria.

La stessa Eurocredit 99 s.p.a. aveva a sua volta proposto distinto ricorso – n. 27590-2009 – contro il medesimo decreto per la postergazione di propri crediti. I due ricorsi sono stati riuniti e chiamati insieme all’odierna udienza di discussione.
Motivi della decisione

Il difensore di Erocredit 99 s.p.a., comparso all’udienza per la discussione del suo ricorso n. 27590-2009, ha dichiarato che, a seguito dell’accantonamento dei suoi crediti controversi, è cessata la materia del contendere. Deve pertanto provvedersi in conformità in ordine al ricorso 27590 del 2009, mentre deve essere esaminato nel merito il ricorso n. 27595/2009.

Con il primo motivo di questo, si denuncia la violazione del principio dell’intangibilità dello stato passivo. Si sostiene che le questioni attinenti alla graduazione, incluse quelle relative alla postergazione, devono essere trattate e decise in sede di ammissione al passivo, e la definitività dello stato passivo preclude che la questione sia sollevata in sede di ripartizione dell’attivo.

Con il secondo motivo del ricorso si denuncia la violazione del principio di irretroattività della legge. Si censura l’affermazione del tribunale dell’applicabilità degli artt. 2467 e 2469 quinquies – nel testo novellato dal decreto n. 6 del 2003, che ha introdotto la postergazione dei finanziamenti dei soci, nei casi espressamente indicati – a crediti sorti anteriormente al giorno 1 gennaio 2004, data di entrata in vigore della riforma. La ricorrente sostiene che, in mancanza di norme che affermino l’applicabilità della nuova disciplina della postergazione ai crediti sorti anteriormente, le nuove regole non sono retroattive.

Con il terzo motivo, denunciando vizi di motivazione e violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., si censura l’accertamento dell’esistenza dei presupposti della postergazione dei crediti, basata esclusivamente sul contenuto del parere di un legale della curatela e sulla supposta non contestazione di questo parere da parte della Sigef.

Il secondo motivo, per il suo carattere assorbente, può essere esaminato con priorità.

Esso è fondato.

Gli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c., nel testo stabilito dalla riforma del decreto n. 6 del 2003, sono entrati in vigore il giorno 1 gennaio 2004, e si applicano pertanto a partire da quella data. Le citate disposizioni regolano in modo nuovo i rimborsi dei crediti dei soci delle società in sede di liquidazione. La tesi, sostenuta nella discussione orale anche dal Procuratore generale, della natura interpretativa della nuova disciplina non è condivisibile.

A questo riguardo occorre chiarire che questa corte, con riferimento a fattispecie verificatesi anteriormente all’entrata in vigore del decreto n. 6 del 2003, ha recentemente affermato il seguente principio di diritto che potrebbe apparire anticipatore, sotto certi aspetti, della disciplina novellata: l’erogazione di somme, che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate, può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva "in conto capitale", o altre simili denominazioni, il quale dunque non da luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale "residual claimant".

La qualificazione, nell’uno o nell’altro senso, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti, dovendo trarsi la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, non tanto dalla denominazione dell’erogazione contenuta nelle scritture contabili della società, quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi (Cass. 23 febbraio 2012 n. 2758). Ora, questo principio non giustifica l’assunto che la nuova disciplina avrebbe carattere interpretativo, e sarebbe quindi applicabile retroattivamente. E’ agevole osservare, a questo proposito, che vi è una profonda differenza tra i finanziamenti eseguiti dai soci "in conto capitale" o con altre formule simili, pur al di fuori di una formale deliberazione di modifica dell’atto costitutivo, e i finanziamenti eseguiti dai soci a favore della società in forma di prestito (mutuo), come è pacificamente avvenuto nella fattispecie di causa. Questa ipotesi è espressamente contemplata, nel principio sopra riportato, come alternativa al conferimento in conto capitale – che tale resta anche se non rivesta le forme prescritte dal codice civile per questo caso – ed è soggetta alle regole ordinarie valevoli per i crediti del socio nei confronti della società.

Occorre poi precisare che la nuova disciplina ha natura sostanziale e non processuale, come pure si adombra da parte di chi sostiene la tesi della sua applicabilità alle liquidazioni posteriori all’entrata in vigore del decreto. La circostanza che la disciplina in questione operi concretamente solo in sede di liquidazione della società non è argomento a favore della supposta natura processuale, perchè la liquidazione della società è istituto del diritto sostanziale, che solo occasionalmente si svolge nelle forme processuali della procedura concorsuale.

La nuova disciplina ha natura inequivocabilmente sostanziale, perchè incide direttamente sugli effetti del negozio di finanziamento, ed è alla data di questo che occorre aver riguardo per stabilire se la nuova disciplina fosse in vigore e possa conseguentemente trovare applicazione. Le nuove norme regolano, infatti, il diritto dei finanziatori al rimborso, che nel negozio di finanziamento ha la sua causa e la sua origine. E’ del resto di intuitiva evidenza che il regime dei rimborsi condiziona la formazione della volontà negoziale dei soci finanziatori, i quali nel determinarsi a concedere il prestito valutano le condizioni del rimborso, e potrebbero rifiutarlo se consapevoli della successiva postergazione.

Poichè, dunque, le norme in questione introducono una disciplina nuova di diritto sostanziale, applicabile in sede di liquidazione ma incidente sugli effetti giuridici del negozio di finanziamento, ne consegue che solo una specifica disposizione di legge potrebbe, in deroga all’art. 11 preleggi, stabilirne l’efficacia retroattiva, con la conseguente postergazione dei crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore. Una tale disposizione, tuttavia, non esiste.

Nella fattispecie di causa è incontestata l’anteriorità dei finanziamenti alla data del primo gennaio 2004, di entrata in vigore della nuova disciplina, sicchè questa non può trovare applicazione.

Diversamente ragionando il giudice di merito è incorso nella denunciata violazione delle norme di diritto, e il vizio di legittimità comporta la cassazione del provvedimento impugnato, e il rinvio della causa al medesimo tribunale che, nel decidere, anche ai fini del regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, si uniformerà al seguente principio di diritto:

Gli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c., nel testo stabilito dal decreto n. 6 del 2003, postergando in casi determinati il rimborso dei crediti dei soci della società, hanno introdotto una nuova disciplina di diritto sostanziale, applicabile in sede di liquidazione della società, ma incidente sugli effetti giuridici del negozio di finanziamento e, in mancanza di una diversa disciplina che abbia regolato la loro efficacia nel tempo in deroga all’art. 11 preleggi, non si applicano ai crediti dei soci nei confronti della società sorti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto n. 6 del 2003.
P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere sul ricorso Eurocredit n. 27590-09, e compensa le spese del giudizio di legittimità tra le parti; accoglie il secondo motivo del ricorso n. 27595-09 e dichiara assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche ai fini delle spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Mantova in altra composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2012

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