Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-07-2012, n. 12000 Società

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza 3 dicembre 1997 il Tribunale di Sondrio dichiarò il fallimento della s.n.c. XX, e, per estensione, dei soci illimitatamente responsabili F. e G.P., escludendo l’estensione a G.B., receduto con effetti dal 26 luglio 1996. A seguito del decreto della Corte d’appello di Milano in data 12 febbraio 1997, emesso sul reclamo avverso il diniego di estensione del fallimento, il Tribunale di Sondrio, con sentenza 10 marzo 1999, dichiarò l’estensione del fallimento al socio G.B..
Contro la prima sentenza avevano proposto opposizione F. e G.P., chiedendo la revoca del fallimento della società, e in subordine l’estensione del fallimento a G. B., sopravvenuta poi in corso di giudizio per effetto dell’accoglimento del reclamo da parte della Corte d’appello.
Contro la seconda sentenza propose opposizione G.B..
Nei due giudizi, poi riuniti, resistette la creditrice M.M. L..
Con sentenza 4 aprile 2005, il Tribunale di Sondrio respinse l’opposizione di F. e G.P., al quale in corso di causa erano succeduti i suoi eredi, e accolse l’opposizione di G.B.. Applicando la sentenza della corte costituzionale 21 luglio 2000 n. 319, il tribunale revocò la dichiarazione di estensione del fallimento a G.B., avendo accertato che questi era validamente receduto dalla società a norma dell’art. 11 dello statuto sociale, il 24 febbraio 1993, con effetto dal giorno 1 settembre 1993.
2. Con sentenza 23 ottobre 2009, la Corte d’appello di Milano ha respinto l’appello proposto in via principale da G. F., che chiedeva la revoca del fallimento della società e, in subordine, l’estensione del fallimento a G.B.. Nel giudizio era intervenuta, associandosi all’appello principale, anche la s.n.c. XX. La corte ha respinto anche l’appello incidentale proposto da G.B., che lamentava la disposta compensazione delle spese del giudizio di primo grado con la creditrice M..
3. Per la cassazione di questa sentenza ricorre G.F. per due motivi.
Altro ricorso, di identico contenuto, è stato proposto dalla Società XX s.n.c..
G.B. ha depositato un controricorso con ricorso incidentale per un motivo.

Motivi della decisione

4. I ricorsi proposti contro la medesima sentenza devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..
5. I due ricorsi proposti rispettivamente da G.F. e da Società XX s.n.c., di contenuto identico, devono essere esaminati insieme.
6. Con il primo motivo, si denuncia la nullità della sentenza e del procedimento, in relazione all’art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4, per error in procedendo consistito nella violazione dell’art. 112 c.p.c..
Si deduce che la corte milanese non avrebbe pronunciato sulle "molteplici eccezioni" sollevate dall’appellante a sostegno della domanda di revoca del fallimento della società, e che inoltre non avrebbe esaminato o preso in considerazione la documentazione depositata agli atti del giudizio, non avrebbe esaminato le testimonianze assunte in primo grado, non avrebbe acquisito i fascicoli della procedura, non avrebbe esaminato la documentazione in atti dimostrativa dell’invalidità del recesso. L’enunciazione della rubrica è seguita da una lunga discussione su tutti gli aspetti di merito della causa.
7. Il motivo è inammissibile. Nella sentenza impugnata, la corte territoriale si è pronunciata su tutte le richieste formulate da G.F. e dalla società, quali sono riportate in epigrafe della sentenza ed esaminate in motivazione, così assolvendo in modo esauriente l’ufficio del giudice d’appello. I ricorrenti, per contro, non indicano in alcun modo quali sarebbero le "eccezioni" sollevate nel giudizio di appello, sulle quali la corte territoriale non si sarebbe pronunciata. Nè poi una tal indicazione, ancorchè indispensabile per la specificità della censura, sarebbe stata sufficiente, posto che, non risultando dall’impugnata sentenza che fossero state sollevate delle eccezioni diverse da quelle esaminate e respinte, sarebbe stato onere dei ricorrenti indicare in quale atto del processo le eccezioni in questione erano state da loro formulate, sì da far sorgere il dovere del giudice di pronunciarsi su di esse.
In realtà, i ricorrenti mostrano di intendere, per "eccezioni", il complesso delle difese di merito svolte nel giudizio di gravame, alla cui trattazione è dedicata per intero l’esposizione del motivo. Ora, l’esame e la valutazione delle risultanze del processo, e specificamente degli argomenti difensivi svolti dalle parti, sotto il profilo della loro rilevanza o decisività appartengono al merito della causa, e non possono essere discusse nel giudizio di cassazione, che è giudizio di legittimità, se non sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5; e ciò, negli stretti limiti indicati da quella disposizione, con riferimento alla supposta assenza stessa di una motivazione idonea a rivelare la ratio deciderteli; o alla sua insufficienza su punti determinati, di ciascuno dei quali deve essere puntualmente illustrato il carattere decisivo – tale cioè da condizionare da solo l’esito del giudizio – e sempre che siano rilevatali d’ufficio o siano stati specificamente indicati dalle parti; o alla sua contraddittorietà, quale vizio interno alla motivazione, ed escluso ogni riferimento estrinseco alle risultanze del processo.
Qualora pure le doglianze dei ricorrenti fossero state poste sotto la rubrica del vizio di motivazione, dunque, esse non sarebbero state suscettibili di esame nel presente giudizio, essendo formulate in manifesta preterizione del tradizionale e consolidato insegnamento di questa corte, per il quale il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito: a questi soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. Sez. un. 11 giugno 1998 n. 5802).
8. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 2290 c.p.c., della L. n. 580 del 1993 e del D.P.R. n. 581 del 1995. I ricorrenti ripropongono preliminarmente la loro tesi dell’invalidità del recesso di G.B., perchè non sarebbe stato portato a conoscenza dei terzi, tra i quali gli esponenti includono, oltre ai creditori, anche i soci e la società. La corte territoriale, ammettendo l’opponibilità ai creditori del recesso, perchè iscritto nel registro delle imprese con effetti decorrenti da data anteriore al fallimento di più di un anno, ne avrebbe a torto negato l’invalidità, e avrebbe violato le norme indicate in rubrica.
Il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 319 del 2000 non sarebbe poi pertinente, negando essa la possibilità di dichiarare il fallimento del socio decorso un anno dalla perdita della responsabilità illimitata, e non dallo scioglimento del rapporto sociale.
9. Il motivo introduce nel presente giudizio di legittimità profili di diritto che non sono affrontati nella sentenza impugnata e non risultano essere stati sottoposti al giudice di merito. I ricorrenti non allegano neppure di aver denunciato le violazioni di legge, oggi sottoposte all’esame della corte, nel giudizio svoltosi davanti alla corte d’appello, e di conseguenza ancor meno indicano l’atto nel quale: tali questioni sarebbero state sollevate. Dalla lettura della sentenza risulta invece che l’invalidità del recesso e la sua inopponibilità ai creditori, nonchè alla stessa società e ai soci, era stata sostenuta sul presupposto della sua revoca espressa, formulata in una missiva del suo legale, o di una revoca implicita desumibile dalle domande proposte nel giudizio arbitrale e in quello promosso davanti al Tribunale di Sondrio, l’uno e l’altro a iniziativa dello stesso G.B., che poi li aveva lasciati cadere. Anche questo motivo è pertanto inammissibile.
10. Il ricorso incidentale censura per violazione dell’art. 92 c.p.c., sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la compensazione delle spese disposta dal giudice d’appello per entrambi i gradi del giudizio, esprimendo il suo dissenso rispetto alle ragioni addotte al riguardo in motivazione.
11. Il motivo è inammissibile. Il giudice di merito si è avvalso di un potere discrezionale conferitogli dall’art. 92 c.p.c. e non censurabile per cassazione se motivato, come in fatto nel caso presente, mentre la valutazione delle ragioni addotte al riguardo attengono al merito e sono insindacabili nel giudizio di legittimità.
12. In conclusione il ricorso è respinto. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico dei ricorrenti principali in ragione dei due terzi, e sono compensate per il terzo rimanente.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Condanna i ricorrenti principali in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in ragione dei due terzi a favore di G. B., e compensa il rimanente terzo; liquida le spese per la quota di competenza posta a carico dei ricorrenti principali in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2012

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