Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-10-2012) 07-12-2012, n. 47625

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 26/09/2011 la Corte d’appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale di Modica del 01/06/2010 di condanna di A.F.B. alla pena di mesi quattro di arresto ed Euro 14.000,00 di ammenda per i reati di cui all’art. 44, lett. b), artt. 93, 94 e 95, nonchè D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65 e 71, in relazione alla intervenuta realizzazione di un manufatto edilizio con struttura in cemento armato.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato tramite il proprio difensore; con un primo motivo, lamentando violazione dell’art. 23, comma 6 e art. 10, comma 1, del D.P.R. cit., deduce che le opere sono state in realtà realizzate a seguito di D.i.a. sulla quale, in virtù della mancata notificazione all’interessato di ordine di non effettuazione dell’intervento, si è formato il silenzio – assenso;

rileva inoltre l’erroneo riferimento all’art. 10 cit. posto che il volume del preesistente immobile era maggiore di quello successivamente realizzato. Deduce inoltre come risulti in atti l’intervenuta comunicazione in data 29/11/2005 a propria firma indirizzata al Genio Civile di Ragusa su cui si è formato il silenzio assenso, non essendo intervenuto nei termini alcun atto inibitorio.

Con un secondo motivo lamenta la mancata declaratoria per intervenuta prescrizione posto che i fatti, seppure accertati in data 06/10/2006, si sono consumati in epoca antecedente essendo stata la D.i.a.

comunicata il 29/11/2005 ed i lavori iniziati prima dello scadere dei trenta giorni ed interrotti prima del 06/10/2006 come desumibile dalle dichiarazioni della teste G. presente in loco al momento dell’accertamento. In ogni casi lamenta come non sia stata applicata la previgente disciplina prescrizionale avendo i lavori avuto inizio con la D.i.a. e quindi il 29/11/2005.

Con un terzo motivo lamenta vizio motivazionale con riguardo alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla commisurazione della pena avuto riguardo alla incensuratezza successiva al contestato reato.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile. Quanto al primo motivo, volto a sostenere la legittimità dell’intervento edilizio in virtù della avvenuta presentazione di D.i.a. sulla quale si sarebbe formato il silenzio – assenso da parte del Comune, va ricordato che questa Corte ha già affermato che la inutile scadenza del termine di legge per contestare all’interessato la carenza dei presupposti e dei requisiti per seguire la disciplina procedimentale della denunzia di inizio attività non configura un provvedimento implicito di silenzio- assenso, rimanendo impregiudicato il potere-dovere del Comune e dell’autorità giudiziaria di intervenire sul piano sanzionatolo nel caso in cui l’intervento realizzato a seguito della presentazione della D.i.a. risulti sottoposto a permesso di costruire (Sez. 3, n. 11252 del 17/01/2008, Tartaglia, Rv. 239005; Sez. 3, n. 19378 del 15/03/2002, Catalano, Rv. 221953). Le restanti argomentazioni appaiono inoltre inammissibili in quanto volte a valorizzare, al fine di escludere i reati di cui ai capi b) e c), e senza invocare travisamenti di prova, questioni di mero fatto estranee all’orizzonte del giudizio di legittimità e la valutazione di atti (nella specie comunicazione al Genio Civile) il cui accesso è inibito a questa Corte.

4. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato; risulta dalla sentenza di primo grado che alla data dell’accertamento effettuato il 06/10/2006 i lavori erano ancora in corso senza che il ricorrente abbia mai allegato elementi diretti a sostenere che l’edificio fosse, a quella data, già ultimato, ivi compresi i lavori di rifinitura.

Grava, infatti, sull’imputato, che voglia giovarsi della prescrizione quale causa estintiva del reato, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso dai quali desumere la data di inizio del decorso del termine, diversa da quella risultante dagli atti (tra le altre, Sez. 3, n. 19082 del 24/03/2009, Cusati, Rv. 243765). Ne consegue che il termine di prescrizione, di durata quinquennale, è maturato solo in data 06/10/2011 e, quindi, successivamente alla data della sentenza impugnata.

5. Il terzo motivo è parimenti manifestamente infondato: nell’atto di appello il ricorrente si era limitato a sostenere l’eccessività della pena irrogata per il mero fatto della "scarsissima rilevanza dell’operato"; la Corte territoriale ha invece del tutto logicamente fatto leva, per ritenere adeguato il trattamento sanzionatorio, neppure troppo discostato dal minimo edittale, all’entità delle violazioni edilizie contestate da ricondurre, come ricordato in premessa, alla realizzazione di un fabbricato con struttura portante in cemento armato delle dimensioni di m. 12,50 x 12,00 circa e m.

8,50 x 5,00 circa.. Quanto alla doglianza in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, la stessa è inammissibile non essendo state dette attenuanti sollecitate con l’atto di appello sì che nessun obbligo di puntuale motivazione incombeva sui giudici del gravame.

6. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

L’inammissibilità originaria del ricorso, non consentendo il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare, a norma dell’art. 129 c.p.p., la prescrizione dei reati maturata successivamente alla sentenza di merito, per quanto già detto non validamente impugnata (Sez. U., n, 32 del 22/11/2000, De Luca).

7. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, e della somma indicata in dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2012
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