Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-10-2012) 07-12-2012, n. 47609

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 07/07/2009 il Tribunale di Perugia, assolvendo S.M. dal reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 29 e art. 59, comma 8, perchè, in assenza di autorizzazione, effettuava lo scarico al suolo di reflui provenienti dall’allevamento di animali da cortile esistenti presso la sua abitazione, lo ha condannato alla pena di Euro 200,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 674 c.p. perchè, tramite una condotta sotterranea, effettuava lo sversamento delle acque luride provenienti dal predetto allevamento nel piazzale condominiale.

2. Ha proposto appello l’imputato personalmente lamentando con un primo motivo l’insussistenza della prova del fatto per cui è intervenuta condanna e ciò in relazione, anzitutto, allo stato dei luoghi, tali per cui le acque, defluenti da un apposito foro di scarico, andrebbero a perdersi nel terreno, e alle testimonianze raccolte in giudizio, da cui risulterebbe confermato che o la situazione riscontrata esclusivamente dalle persone pretesamente offese è riconducibile ad una causa diversa da quella ipotizzata a carico dello S. o che la stessa non sussiste affatto.

Con un secondo motivo lamenta l’eccessività del risarcimento dei danni riconosciuto in favore delle parti civili costituite.

3. Con ordinanza in data 27/09/2011 la Corte d’appello di Perugia, convertendo l’impugnazione in ricorso per cassazione, ha trasmesso gli atti a questa Corte sul presupposto della inappellabilità della sentenza.
Motivi della decisione

4. Deve preliminarmente osservarsi che l’appello, presentato dall’imputato attraverso difensore legittimato al patrocinio in sede di legittimità, deve definitivamente essere convertito in ricorso per cassazione ex art. 568 c.p.p., comma 5, stante l’inappellabilità della sentenza impugnata, di condanna alla sola pena dell’ammenda;

occorre al riguardo ricordare l’insegnamento delle Sezioni unite che, con la sentenza n. 45371 del 2001, Bonaventura, hanno sostenuto che in tema di impugnazioni, allorchè un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, come verificatosi del resto nella specie, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5, a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonchè l’esistenza di una "voluntas impugnationis", consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente. Con la stessa decisione si è aggiunto che condizione necessaria ed insieme sufficiente perchè il giudice possa compiere la operazione di qualificazione è la esistenza giuridica di un atto – cioè di una manifestazione di volontà avente i caratteri minimi necessari per essere riconoscibile come atto giuridico di un determinato tipo – e non anche la sua validità; ciò che conta è inoltre la volontà oggettiva dell’impugnante – quella cioè di sottoporre a sindacato la decisione impugnata -, senza che sia possibile attribuire alcun rilievo all’errore che potrebbe verificarsi nel momento della manifestazione di volontà o anche alla deliberata scelta di proporre un mezzo di gravame diverso da quello prescritto.

5. Il ricorso, in tal modo convertito l’atto di appello presentato, è tuttavia inammissibile.

Il primo motivo, nell’articolare unicamente censure in fatto, volte a richiedere, nella sostanza, una nuova valutazione delle prove assunte, è inammissibile. Va infatti ricordato che, anche dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006 all’art. 606 c.p.p., il sindacato della Cassazione resta quello di sola legittimità sì che continua ad esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e più adeguata valutazione delle risultanze processuali (tra le tante, Sez. 2, n. 23419 del 23/05/2007, P.G. in proc. Vignaroli, Rv. 236893). In ogni caso i giudici di primo grado hanno posto esaustivamente in rilievo che dalle dichiarazioni, convergenti e puntuali, rese dagli abitanti del condominio di (OMISSIS) nonchè dalle fotografie in atti è emerso che il piccolo allevamento di animali sito nel terreno dell’imputato posto a confine del condominio è stato fonte, attraverso una canalizzazione appositamente creata, di immissioni moleste liquide e maleodoranti nel piazzale condominiale, tanto da avere indotto i condomini a ostruire il foro di scarico con una lamina in metallo.

Anche il secondo motivo, limitandosi ad investire il profilo di ritenuta eccessività del risarcimento dei danni subiti dalla parte civile, è, inammissibile, finendo per censurare, oltretutto in modo generico, unicamente un profilo di carattere valutativo.

6. L’inammissibilità originaria del ricorso, non consentendo il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude la possibilità di rilevare e dichiarare, a norma dell’art. 129 c.p.p., la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza di merito, per quanto detto non validamente impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca).

7. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, e della somma indicata in dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p.; va altresì pronunciata condanna al pagamento delle spese in favore della parte civile.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonchè al pagamento delle spese in favore della parte civile N.G., che liquida in complessivi Euro 2.300,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2012

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