Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-10-2012) 16-11-2012, n. 44889 Misure alternative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 14.12.2011 il Tribunale di sorveglianza di Venezia ammetteva alla misura alternativa della semilibertà O.M. in espiazione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno per mesi sette e giorni ventidue.

Premetteva che l’istante ha riportato condanna per i delitti di associazione per delinquere, omicidio volontario, tentato e consumato, tentata rapina, porto illegale di armi, rapina aggravata, furto aggravato, commessi tra gennaio e aprile 1988, nonchè, per la detenzione illegale di cartucce cal. 9 parabellum, accertata nel 1994 in occasione dell’arresto. In specie, l’ O., appartenente alla polizia di Stato, aveva partecipato, sia pure per un periodo circoscritto rispetto a quello ben più ampio di operatività del sodalizio, all’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di numerosi reati gravi nota come la "banda della Uno bianca".

Rilevata, quindi, l’ammissibilità della istanza quanto alla pena espiata ed alla opportunità lavorativa, il tribunale esaminava le diverse tappe del percorso penitenziario e trattamentale del detenuto, indicandone l’evoluzione personale sotto il profilo specifico della finalità rieducativa della pena.

Concludeva, quindi, pur tenendo conto delle argomentazioni introdotte dal Procuratore generale al fine di motivare il proprio parere contrario all’accoglimento dell’istanza, che a fronte della particolare gravità dei reati commessi e dell’allarme sociale generato in tutto il territorio nazionale, eccezionalità del percorso di recupero sinceramente intrapreso dal condannato rendeva legittimo il graduale reinserimento del condannato nella società attraverso la misura della semilibertà, evidenziando, peraltro, come tale misura non sgancia il condannato dal circuito penitenziario, nè ne modifica lo status restando lo stesso detenuto.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia, la violazione di legge in relazione all’art. 50, comma 4 Ord. Pen..

In specie, censura la valutazione del tribunale in ordine ai progressi compiuti dal condannato nel corso del trattamento intramurario ed alla verifica delle condizioni per il graduale reinserimento del condannato nella società.

Ad avviso del ricorrente, nella fattispecie i risultati del trattamento non possono consistere soltanto nell’attivazione ed utilizzo di quelle abilità e competenze che il condannato già possedeva, tenuto conto che si tratta di persona che all’epoca della commissione dei fatti apparteneva alle forze dell’ordine, ma è necessario un concreto ravvedimento. Inoltre, la valutazione della sussistenza delle condizioni per il graduale reinserimento nella società avrebbe richiesto una maggiore ponderazione sulla gravità dei reati commessi e dell’offesa arrecata alle vittime ed alla collettività, posto che quanto più grave è l’offesa, tanto più rigorosa deve essere la valutazione della pretesa dei consociati in ordine ad un pieno ed incondizionato ravvedimento da estrinsecarsi in fatti concreti. Sotto tale profilo il ricorrente ha sottolineato che l’ O. ha negato la propria responsabilità nel corso del giudizio per ammetterla soltanto in sede esecutiva con una prospettazione riduttiva del proprio ruolo; inoltre, pur non partecipando più all’attività del sodalizio, fino al suo arresto non ha rivelato l’identità dei partecipi.

3. Con memoria in data 24.9.2012, nel condividere le argomentazioni articolate dal Procuratore generale presso questa Corte nelle sue conclusioni scritte, O.M., a mezzo del difensore di fiducia, sottolinea come la ritenuta meritevolezza della misura alternativa della semilibertà sia stata fondata su circostanze di fatto oggettivamente apprezzabili che non possono soccombere dinanzi alle aspettative o richieste dell’opinione pubblica.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

Tenuto conto dell’effettiva e ampia portata precettiva della funzione rieducativa della pena, la concedibilità o meno delle misure alternative alla detenzione in carcere postula la valutazione, in concreto, delle specifiche condizioni che connotano la posizione individuale del singolo condannato e delle diverse opportunità offerte da ciascuna misura secondo il criterio della progressività trattamentale. Detta valutazione deve, all’evidenza, essere rappresentata nella motivazione del provvedimento connotata dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità.

Come è stato affermato anche con riferimento alla valutazione finalizzata alla applicazione del ben più ampio istituto della liberazione condizionale di cui all’art. 176 c.p., il comportamento da valutare in termini di ravvedimento non può essere individuato nella pretesa modificazione, ideologica e psicologica, della personalità del condannato, connotata "inferiormente" da pentimento, riconoscimento di errori e colpe, riprovazione morale dei delitti commessi, ammissione di colpevolezza, accettazione della condanna e della pena, intima adesione ai valori e ai modelli espressi dall’assetto istituzionale, nè tantomeno da formale "abiura" delle pregresse condotte devianti.

Per contro, deve tenersi conto dell’insieme degli atteggiamenti concretamente tenuti ed esteriorizzati dal soggetto durante il tempo di esecuzione della pena, che consentano il motivato apprezzamento della compiuta revisione critica delle scelte criminali di vita anteatta e la formulazione – in termini di certezza, ovvero di elevata e qualificata probabilità confinante con la certezza – di un serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta di vita del condannato al quadro di riferimento ordinamentale e sociale, con cui egli entrò in conflitto con la commissione dei reati per i quali ebbe a subire la sanzione penale (Sez. 1, n. 18022, 24/04/2007, Balzerani).

Cosi che, il giudizio relativo all’esistenza delle condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società, quali richieste, ai fini della concessione della semilibertà dall’art. 50, comma 4, dell’ordinamento penitenziario prescinde dalle ammissioni di colpevolezza del condannato, ma deve essere ancorato alla prospettiva che lo stesso acquisisca consapevolezza della necessità di rispettare le leggi penali e di conformare, in genere, il proprio agire ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale sanciti dall’ordinamento (Sez. 1, n. 18319, 10/12/2010, Piras).

Dalle suesposte considerazioni deve inferirsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata ha correttamente ricostruito la portata normativa dell’art. 50 Ord. Pen..

Ad avviso del Collegio, dal tessuto motivazionale dell’ordinanza impugnata si rileva una compita valutazione della sussistenza delle condizioni per un graduale reinserimento sociale del condannato.

Il tribunale di sorveglianza, prendendo in esame le concrete condotte tenute dal condannato durante il tempo di esecuzione della pena e le relazioni degli operatori penitenziari ispirate al principio di progressività trattamentale, ha dato atto del lungo percorso di rieducazione, recupero e risocializzazione, caratterizzato dall’avvenuta esplicitazione della volontà di avviare un riavvicinamento alla vittime dei reati, dalla riflessione critica sul dolore causato alle stesse e dalla partecipazione ad una importante esperienza di mediazione penale.

E’ stato evidenziato, altresì, (come indice soggettivo di interesse, disponibilità, non indifferenza per il valore fondamentale della solidarietà sociale) il carattere non strumentale dell’iniziativa di avviare tale percorso con i parenti di alcune vittime ed il comportamento positivo del condannato oltre che con gli operatori penitenziari anche con i volontari nella redazione del giornale "(OMISSIS)" e con gli studenti nell’ambito di un progetto che ha coinvolto le scuole. Particolare rilievo è stato dato, poi, al percorso lavorativo seguito in carcere dal 2002 ed alla dimostrata capacità di gestire i permessi premio di cui il detenuto ha fruito dal 2010.

Il tribunale ha, conseguentemente, tratto dal complesso di siffatte condotte, positive e sintomatiche la eccezionalità del percorso di recupero e la prova della completa e radicale trasformazione di atteggiamenti e di valori di riferimento e, perciò la ragionevole e sicura prognosi di non recidivanza dell’ O..

Ciò posto, osserva il Collegio che, a fronte dello scrutinio particolarmente attento e approfondito da parte del tribunale di tutti gli elementi di fatto, ritenuti dimostrativi dell’acquisita consapevolezza da parte del condannato dei valori fondamentali della vita sociale e dell’abbandono per il futuro di scelte criminali, nonchè dell’esauriente apparato argomentativo a sostegno del provvedimento impugnato, le critiche del P.G. ricorrente non colgono nel segno. Invero – come ha rilevato il Procuratore generale presso questa Corte nelle conclusioni scritte -anche le deduzioni del ricorrente che evidenziavano significativi profili della personalità criminale dell’istante, sono state esaminate e valutate "comparativamente ed in termini congrui con altri indicativi di un percorso rieducativo le cui connotazioni positivamente eccezionali legittimano l’ammissione alla semilibertà".

Il ricorso, quindi, non è fondato atteso che il tribunale ha esercitato la propria discrezionalità valutativa facendo corretta applicazione dei principi di diritto ed argomentando le ragioni del proprio convincimento con discorso giustificativo immune da illogicità manifeste ed interne contraddizioni ed ancorata agli elementi acquisiti agli atti.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

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