Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-10-2012) 16-11-2012, n. 44989

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 23 marzo 2012 il Tribunale di Venezia in funzione del giudice del riesame rigettava l’istanza di riesame presentata da P.F. e accoglieva parzialmente – sostituendo la misura originariamente applicata con altra meno afflittiva – quella presentata da Po.Ge. avverso il provvedimento cautelare emesso nei loro confronti dal G.i.p. del Tribunale di Padova per i reati di partecipazione ad associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta aggravata e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

2. Avverso l’ordinanza ricorrono a mezzo del comune difensore entrambe gli indagati.

2.1 Il ricorso presentato nell’interesse del P. deduce violazione dell’art. 416 c.p. e vizi motivazionali del provvedimento impugnato in ordine alla riconosciuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in capo all’indagato per il reato di partecipazione ad associazione a delinquere, rilevando in proposito come proprio le intercettazioni valorizzate in tal senso dal Tribunale a carico del P. negherebbero un suo inserimento organico nel medesimo, confortando altresì quanto dallo stesso dichiarato nel corso del suo interrogatorio circa la sua conoscenza di uno solo dei componenti dell’organizzazione cui viene accusato di appartenere. Non di meno i giudici del riesame avrebbero omesso di considerare come le coordinate temporali delle condotte integranti i reati-fine dell’associazione addebitati all’indagato dimostrerebbero come la sua collaborazione con la medesima sarebbe intervenuta ad intermittenza e non in maniera stabile e duratura, come richiesto dalla norma incriminatrice contestata. Infine il ricorrente lamenta l’insussistenza delle esigenze cautelari ritenute dal Tribunale e dallo stesso individuate in maniera del tutto indeterminata.

2.2 Analogamente con il ricorso presentato nell’interesse del Po. si lamenta l’assenza di un quadro indiziario sufficientemente grave in relazione alla sua prospettata partecipazione all’associazione, rilevandosi in proposito che l’indagato, pur ammettendo il suo coinvolgimento nei reati-fine, ha sempre negato di aver mai avuto contatti se non con un unico soggetto, circostanza che impedirebbe di configurare un suo consapevole inserimento nel sodalizio di cui si tratta. D’altra parte, per il ricorrente, mentre il provvedimento impugnato si dilunga sulla posizione del coindagato P., non altrettanto fa per il Po., apoditticamente ritenuto partecipe del sodalizio con motivazione del tutto apparente se si esclude l’illogico argomento tratto dalla sua presunta capacità criminale. Anche con riguardo alla posizione del Po. viene poi ripreso l’argomento relativo all’omessa valutazione dei tempi di consumazione dei reati-fine, di per sè indicativi di un inserimento non organico dell’indagato nell’organizzazione criminale. Infine anche il ricorso del Po. contesta l’indeterminatezza delle esigenze cautelari enucleate dal Tribunale.
Motivi della decisione

1. Il ricorso del P. è inammissibile perchè sostanzialmente deduce questioni di merito, sollecitando una rivisitazione esorbitante dai compiti del giudice di legittimità della valutazione del materiale probatorio che il Tribunale di Venezia ha operato, sostenendola con motivazione coerente ai dati probatori richiamati ed immune da vizi logici censurabili in questa sede.

I giudici del riesame, infatti, hanno seguito un percorso argomentativo coerente con le risultanze d’indagine richiamate, evidenziando come il reiterato coinvolgimento dell’indagato nei reati- fine (dei quali egli è peraltro reo confesso) e gli esiti di alcune intercettazioni ben dimostrano il suo stabile ed organico coinvolgimento nel sodalizio impegnato nella sistematica spoliazione di aziende in crisi. A questa interpretazione dell’evidenza disponibile il ricorrente si limita a contrapporre una peraltro generica interpretazione di segno opposto del significato probatorio delle menzionate intercettazioni, chiedendo a questa Corte per l’appunto una inammissibile lettura alternativa degli elementi indiziari, che peraltro non tiene nemmeno conto di come proprio le suddette intercettazioni dimostrino che il P. era in contatto con diversi componenti dell’organizzazione e non già solo con il soggetto di cui ha ammesso la conoscenza.

Manifestamente infondata appare poi la censura relativa alla presunta omessa valutazione delle date dei reati-fine, asseritamente rivelatici dell’intermittenza del contribuito dell’indagato, atteso che il dato evocato è privo di alcuna intrinseca forza dimostrativa e di pregio logico e dunque correttamente non è stato preso in considerazione dal Tribunale.

Parimenti inammissibili sono infine le lamentele avanzate con riguardo alle esigenze cautelari, attesa l’assoluta genericità del loro tenore e l’erroneità dell’osservazione per cui il – peraltro solo asserito – scioglimento dell’associazione vanificherebbe di per sè ogni pericolo di reiterazione del reato, atteso che quello presupposto dall’art. 274 c.p.p., lett. c) non è esclusivamente il rischio della prosecuzione della medesima attività criminosa oggetto dell’intervento cautelare, bensì anche quello della consumazione in diverso contesto di altri reati omogenei a quelli contestati.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla cassa delle ammende.

2. Deve invece essere rigettato il ricorso presentato nell’interesse del Po., i cui motivi sono nel complesso infondati, ancorchè per certi versi parimenti inammissibili.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il provvedimento impugnato motiva, sebbene in maniera succinta ancorchè sufficiente, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi della partecipazione dell’indagato all’associazione di cui si tratta, individuando i medesimi nel comprovato – atteso che in proposito il Po. è reo confesso – e reiterato coinvolgimento dello stesso nella consumazione dei reati fine del sodalizio (p. 9 del provvedimento).

In proposito va ricordato che in tema di reati associativi, gli elementi certi relativi alla partecipazione di determinati soggetti ai reati fine effettivamente realizzati possono essere influenti nel giudizio relativo all’esistenza del vincolo associativo e all’inserimento dei soggetti nell’organizzazione, specie quando ricorrano elementi dimostrativi del tipo di criminalità, della struttura e delle caratteristiche dei singoli reati, nonchè delle modalità della loro esecuzione (Sez. 5 n. 21919 del 4 maggio 2010, Procopio, rv 247435) e che l’appartenenza di taluno ad un sodalizio criminale può essere ritenuta anche in base alla partecipazione ad un solo reato fine; in tale caso, peraltro, è necessario che il ruolo svolto e le modalità dell’azione siano tali da evidenziare la sussistenza del vincolo e ciò può verificarsi solo quando detto ruolo non avrebbe potuto essere affidato a soggetti estranei oppure quando l’autore del singolo reato impieghi mezzi e sistemi propri del sodalizio in modo da evidenziare la sua possibilità di utilizzarli autonomamente e cioè come membro e non già come persona a cui il gruppo li ha posti occasionalmente a disposizione (Sez. 5 n. 2838/03 del 9 dicembre 2002, Platania, rv 224916).

Il Tribunale di Venezia si è sostanzialmente attenuto a tali principi, ritenendo che la peculiarità dei reati fine presupponesse inevitabilmente la consapevolezza da parte dell’indagato di operare nell’ambito di una organizzazione di mezzi e persone e la sua adesione alla medesima. Si tratta di argomento non manifestamente illogico e coerente alle risultanze d’indagine menzionate nell’ordinanza impugnata (e non contestate dal ricorrente), atteso che effettivamente il Po. è stato chiamato a svolgere ripetutamente il ruolo di prestanome nell’intestazione di società di comodo strumentali alla schermatura dell’attività di spoliazione di aziende in crisi. Nè in senso contrario rileva il fatto che egli abbia intrattenuto rapporti esclusivamente con il P. e con il "reclutatore" del sodalizio, atteso che non necessariamente il singolo partecipe – per essere ritenuto tale – deve essere in contatto con tutti i membri del sodalizio criminale o anche solo conoscerne l’identità, essendo sufficiente che egli sia consapevole di agire nell’ambito di un organismo associativo, come avvenuto nel caso di specie in ragione della complessità delle attività necessarie per portare a compimento il programma criminoso.

Quanto agli altri profili attinti dal ricorso, in tutto identici a quelli prospettati con il ricorso del P., deve ribadirsi la manifesta infondatezza del rilievo sull’omessa valutazione della presunta intermittenza della collaborazione prestata dall’indagato e l’assoluta genericità delle doglianze avanzate in merito all’insussistenza delle esigenze cautelari.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di P.F. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Rigetta il ricorso di Po.Ge. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

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