Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-10-2012) 16-11-2012, n. 44976

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con pronunzia del 4 luglio 2011 la Corte d’appello di Napoli confermava la condanna di E.B. per il reato di concorso in lesioni personali volontarie aggravate dall’uso di un’arma, provvedendo a riformare invece l’appellata sentenza del Tribunale di S. Maria C.V. in merito alla contravvenzione di porto ingiustificato della sbarra di ferro utilizzata per cagionare le sunnominate lesioni, da cui proscioglieva l’imputato ritenendo il reato estinto per prescrizione, provvedendo altresì a rimodulare la pena epurandola della porzione imputabile a titolo di continuazione alla suddetta contravvenzione.

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del difensore, che con unico motivo lamenta vizi motivazionali della pronunzia in merito alla riconosciuta credibilità della persona offesa A., le cui dichiarazioni costituirebbero l’unica prova d’accusa. In particolare il ricorrente rileva come tali dichiarazioni confliggano proprio con le risultanze del certificato medico eletto a riscontro delle stesse, atteso che dal documento emerge la modesta entità delle lesioni patite dall’ A., da ritenersi incompatibili con l’asserito utilizzo di una sbarra di ferro, peraltro mai rinvenuta (circostanza che peraltro, facendo evaporare l’aggravante dell’utilizzo di un’arma avrebbe comportato la procedibilità a querela del reato e l’attribuzione della sua competenza al Giudice di Pace). Non di meno la persona offesa, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, sarebbe stata smentita dalle dichiarazioni del teste V., nel mentre la sentenza impugnata, sempre ai fini dell’attendibilità dell’ A., avrebbe trascurato di valutare che analoghe accuse avanzate da quest’ultimo nei confronti dell’imputato avevano innescato un procedimento al cui esito egli era stato assolto e che il coimputato aveva ammesso di essere venuto alle mani con l’ A., escludendo però l’utilizzo della sbarra di ferro e la partecipazione dell’ E., intervenuto in un secondo momento solo per dividere i due contendenti.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile perchè sostanzialmente deduce questioni di merito, sollecitando una rivisitazione esorbitante dai compiti del giudice di legittimità della valutazione del materiale probatorio che la Corte distrettuale ha operato, sostenendola con motivazione coerente ai dati probatori richiamati ed immune da vizi logici.

In proposito deve infatti osservarsi che i giudici dell’appello si sono diffusamente soffermati sulla contestata attendibilità dell’ A., sui riscontri acquisiti alle sue dichiarazioni e sull’irrilevanza in senso contrario dell’esito delle pregresse vicende giudiziarie che l’hanno visto contrapposto all’imputato, fornendo per l’appunto una motivazione tutt’altro che illogica e che peraltro il ricorrente ha contrastato affermando in maniera apodittica la valenza negativa delle circostanze evidenziate a sostegno del ricorso.

Quanto infine al presunto travisamento delle dichiarazioni del teste V. – alle quali peraltro la Corte distrettuale non ha per nulla associato il significato addebitatogli dal ricorrente – deve invece ricordarsi che, qualora la prova che si pretende omessa o travisata abbia natura dichiarativa, il ricorrente ha l’onere di riportarne integralmente il contenuto, non limitandosi – come invece avvenuto nel caso di specie – ad estrapolarne alcuni brani (peraltro autonomamente sintetizzati dal ricorrente), giacchè così facendo viene impedito al giudice di legittimità di apprezzare compiutamente il significato probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di valutare l’effettiva portata del vizio dedotto (Sez. 4 n. 37982 del 26 giugno 2008, Buzi, rv 241023). In tal senso il ricorso si rivela dunque anche generico e quindi ulteriormente inammissibile. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille/00 alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

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