Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-10-2012) 16-11-2012, n. 44975

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 23 febbraio 2012 ha proposto ricorso per cassazione – qui pervenuto il successivo 29 marzo 2012 – T.A. avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze in data 13 ottobre 2011 (depositata il 10 gennaio 2012), con la quale, su ricorso del PM riqualificato da questa Corte come appello è stata totalmente riformata la sentenza assolutoria del giudice di primo grado (del 2009) e per l’effetto è stata riconosciuta la responsabilità dell’imputata stessa in relazione ad una serie di contestazioni ex artt. 476 e 479 c.p., per reati di falso commessi fra il (OMISSIS).

Era rimasto, cioè, accertato, da parte del giudice dell’appello, che l’imputata, quale responsabile dell’ufficio urbanistico del Comune (OMISSIS), si era occupata della presentazione della domanda di concessione per la ristrutturazione di un vecchio edificio. Tale domanda era stata esaminata dalla Commissione edilizia nella seduta del 12 maggio 2003 e, in tale occasione, pacificamente, la Commissione aveva esaminato anche il correlato progetto per la realizzazione, in contiguità dell’edificio da ristrutturare, di altri 19 appartamenti: progetto di fatto allegato a quello per la ristrutturazione oggetto della domanda di concessione.

Quest’ultimo soltanto, però, era stato formalizzato unitamente alla relativa domanda di concessione, con l’assegnazione del numero di protocollo e la descrizione dell’oggetto.

Sicchè, quando il 19 luglio 2004 – allorchè pure risultavano cambiate in senso restrittivo le norme sulle volumetrie realizzabili – era stata formalizzata la domanda di concessione per la realizzazione dei 19 appartamenti, l’imputata aveva commesso i reati di falso ad essa contestati, effettuando in primo luogo la materiale, falsa attestazione – con la manipolazione della fotocopia della copertina della prima ed unica domanda di concessione fino a quel momento depositata – che la nuova istanza, pure dotata di un diverso numero di protocollo rispetto alla precedente, era stata tuttavia depositata nella stessa data della prima, ossia il 4 aprile 2003.

Conseguentemente e correlativamente l’imputata aveva fatto figurare, con alterazioni rilevanti ancora ai sensi dell’art. 476 c.p. (falsità materiale), che nel verbale della Commissione edilizia del 12 maggio 2003 era stato annotato, sin dall’inizio, come trattato, l’esame anche del progetto relativo 19 appartamenti e che nel registro interno delle pratiche edilizie era stata annotata la sospensione del parere relativo alla pratica – anch’essa aggiunta successivamente – concernente gli appartamenti.

L’imputata è stata dunque ritenuta, dal giudice dell’appello, responsabile in primo luogo del reato di falsità materiale in atto pubblico, contestato al capo A), per avere, quale responsabile dell’ufficio urbanistica del Comune di (OMISSIS), il (OMISSIS), attestato falsamente che la domanda di concessione edilizia per la realizzazione di 19 nuovi appartamenti in località il (OMISSIS) era stata depositata, anzichè quel giorno stesso, il precedente 4 aprile 2003: e ciò, come detto, mediante la alterazione della fotocopia di un documento originale.

L’imputata è stata anche riconosciuta responsabile, ex art. 476 c.p., di avere alterato, in epoca successiva, il verbale della commissione edilizia del 12 maggio 2003 nonchè, tra agosto e settembre 2005, il registro interno delle pratiche edilizie (Capi B e C).

Inoltre il giudice dell’appello ha addebitato il reato di falsità ideologica per induzione di cui al capo E), commesso il (OMISSIS), nonchè il reato di falsità ideologica commesso il (OMISSIS), formando una concessione edilizia fondata su presupposti falsi, avente ad oggetto la realizzazione dei menzionati 19 nuovi appartamenti (capo F).

Deduce:

1) il vizio della manifesta illogicità della motivazione.

Segnala la difesa che la detta evidente illogicità deriverebbe dal fatto che lo stesso giudice dell’appello aveva confermato l’assoluzione dell’imputata in relazione al fatto contestato sub D) e cioè in relazione alla presunta falsità che si assumeva commessa dalla ricorrente, nella sua qualità, spedendo al progettista una lettera raccomandata nella quale aveva attestato che la domanda di concessione edilizia, per la realizzazione di 19 appartamenti, così come presentata il 4 aprile 2003, era stata esaminata dalla Commissione edilizia del 12 maggio e che il relativo parere era stato sospeso: il giudice dell’appello aveva cioè riconosciuto che la missiva in questione e aveva un contenuto veritiero poichè l’esame della Commissione edilizia sul progetto relativo ai 19 appartamenti era stato realmente espletato.

Ma se ciò era vero, prosegue la difesa, avrebbe dovuto essere accreditata in toto la tesi sostenuta dall’ interessata e già accolta dal primo giudice, secondo cui dovevano ritenersi di fatto presentate, sin dall’aprile 2003, tanto la domanda di concessione per la ristrutturazione del fabbricato preesistente quanto quella concernente la realizzazione dei nuovi 19 appartamenti: con la conseguenza che anche le annotazioni, nel relativo verbale, sull’esame delle stesse ad opera della Commissione edilizia nella seduta del 12 maggio 2003 e, nell’apposito registro, della pratica con sospensione del parere (effettivamente disposta, per mancanza dell’elaborato geologico), dovevano ritenersi corrispondenti al vero e non rappresentazioni di fatti falsi. In sostanza, la domanda di concessione per la realizzazione dei nuovi appartamenti doveva ritenersi effettivamente presentata alla data su di essa attestata mentre il 19 luglio 2004 doveva ritenersi presentata una mera domanda integrativa di concessione.

Il tutto corrispondeva ad una prassi rappresentata anche dei testi escussi ed in particolare dall’autore dei progetti, architetto L. così come i membri della Commissione edilizia avevano confermato l’esame di entrambi i progetti e il consulente del Pm aveva confermato tale evento, ribadendo che il progetto relativo ai nuovi appartamenti non doveva sottostare ai limiti di realizzazione di volumetria previsti dalla normativa successiva.

Tutto ciò comporterebbe, ad avviso della difesa, che la condotta dell’imputata si era risolta nella realizzazione di mere correzioni materiali di atti e registri, finalizzate ad assicurare una corrispondenza delle relative annotazioni alla effettività dei fatti e, oltre a ciò, a porre rimedio alle omissioni di registrazione dovute a colpa dell’ufficio urbanistico.

Era mancata, in altri termini, la prova di un movente di collusione dell’imputata con il progettista, per la realizzazione di un affare illecito;

2) la erronea applicazione della legge penale (art. 49 c.p.).

Si sarebbe dovuta applicare l’ipotesi del falso inutile o innocuo, non essendo stato leso o messo in pericolo alcuno degli interessi tutelati dalle norme sulle falsità.

D’altra parte la ricostruzione dei fatti renderebbe evidente l’assenza dell’elemento soggettivo che, nei reati di falso, non è ravvisabile in re ipsa, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità che ha attribuito efficacia liberatoria alla prova di una semplice "leggerezza" dell’agente.

Il ricorso è da accogliere nei termini rappresentati, compresa la richiesta subordinata, dal Procuratore Generale di udienza.

Occorre dare atto che al caso di specie devono applicarsi, in base alla giurisprudenza ormai consolidata della suprema Corte di legittimità e del Giudice delle leggi, le norme in tema di prescrizione entrate in vigore con la novella del 2005 e più favorevoli per l’imputata.

Tale novella, da applicarsi in toto, non prevede più, a differenza che nel passato, la rilevanza della continuazione ai fini della individuazione del momento di decorrenza del termine prescrizionale, con la conseguenza che i fatti reato contestati come commessi fino al (OMISSIS), appaiono prescritti, non ricorrendo cause di sospensione del termine, e dato atto, come si vedrà, dell’assenza di cause di inammissibilità del ricorso introduttivo.

Diversamente deve ritenersi in relazione ai fatti contestati al capo C): per essi, risultati commessi tra (OMISSIS), il termine di sette anni e sei mesi previsto per la prescrizione, non è ancora decorso.

I motivi di ricorso articolati, non tutti manifestamente infondati, come si vedrà, e per questo non inammissibili, sono tuttavia da respingere.

Invero, la prima doglianza è, essa si, inammissibile dal momento che l’intero ragionamento del giudice dell’appello non soffre affatto il vizio di manifesta illogicità denunciato dalla parte ed anzi appare del tutto coerente ed esaustivo laddove rappresenta che il reato contestato sub A) deve ritenersi commesso, essendo stato accertato che l’imputata, alla domanda di concessione edilizia presentata materialmente il 19 luglio 2004 presso l’ufficio da essa diretto, ha allegato, con la condotta descritta nell’imputazione e non contestata nella sua materialità nemmeno nel ricorso, la fotocopia alterata ed adattata della prima pagina di una domanda di concessione concernente altro oggetto e presentata dallo stesso interessato il 4 aprile 2003:

una condotta che si è risolta nel far apparire, con condotta integrante il reato di falsità materiale in atto pubblico, una falsa data di presentazione dell’istanza di concessione, in realtà avvenuta, come detto, nell’estate del 2004.

Lo stesso giudice dell’appello ha poi ritenuto comprovate le contestazioni ulteriori (esclusa quella sub D), consistite nell’apportare le descritte correzioni o aggiunte nel verbale della commissione edilizia del 12 maggio 2003 e nel registro interno delle pratiche edilizie ed infine, nell’avere indotto in errore la commissione edilizia circa i presupposti del parere da esprimere sul progetto presentato nel 2004 nonchè nell’avere rilasciato la concessione edilizia su presupposti di fatto (data di presentazione) non conformi al vero.

Ciò posto, non è chi non veda la manifesta irrilevanza dei fatti rappresentati nel primo di motivo di ricorso, pur in presenza dell’accertamento, contenuto nella sentenza, del fatto che vi sarebbe stato, nella seduta consiliare del 12 maggio 2003, un esame concreto dei progetti relativi alla concessione edilizia, presentata formalmente però soltanto nel luglio 2004.

Invero tale evenienza, come pure l’accertamento di un’ eventuale omissione o incompletezza nella registrazione effettuata nell’aprile del 2004, non eliminano il rilievo che il pubblico ufficiale ha ritenuto consapevolmente e volontariamente di compiere una materiale, falsa attestazione in atto pubblico nonchè di ricorrere allo stesso genere di condotta alterando il contenuto di un verbale di assemblea consiliare e di un registro pubblico, per poi determinare il rilascio del parere della commissione e la emissione della concessione edilizia sulla base della falsa data di presentazione della domanda di concessione. E’ noto che i motivi dell’agire non spiegano rilevanza ai fini della configurabilità del dolo del reato di falsità in atto pubblico, una volta accertato che la falsificazione sia stata commessa con coscienza è volontà. Ha affermato la giurisprudenza di questa Corte, più volte, che il delitto di falso materiale in atto pubblico (art. 476 cod. pen.) è punito a titolo di dolo generico. Per la configurabilità dell’elemento soggettivo è sufficiente la sola coscienza e volontà dell’alterazione del vero, indipendentemente dallo scopo che l’agente si sia proposto, e anche se sia incorso nella falsità per ignoranza e per errore, cagionato da una prassi o per rimediare a un precedente errore, con la convinzione di non produrre alcun danno (Sez. 5, Sentenza n. 2487 del 17/11/1998 Ud. (dep. 25/02/1999) Rv. 212723; Sez. 5, Sentenza n. 6900 del 12/12/2000 Ud. (dep. 20/02/2001) Rv. 218275).

Anche la giurisprudenza evocata dal ricorrente ha ribadito che in tema di falsità documentali, ai fini dell’integrazione del delitto di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 cod. pen.), l’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, che consiste nella consapevolezza della "immutatio veri", non essendo richiesto l"animus nocendi vel decipiendi" (Sez. 5, Sentenza n. 29764 del 03/06/2010 Ud. (dep. 28/07/2010) Rv.

248264).

E nella specie non vi è dubbio che l’imputata abbia, con le sue diverse condotte, attestato una diversa data di presentazione della domanda di concessione di cui al capo A), inducendo la formazione di successivi atti basati sul falso presupposto, ma, soprattutto, non esitato a por mano con alterazioni assolutamente contra legem, al tenore di atti pubblici quali il verbale della seduta consiliare e il registro delle pratiche edilizie.

Nel caso descritto appare chiaramente leso il bene tutelato dalle norme in materia di falso e cioè quello dell’affidamento nella corrispondenza al vero della informazione che l’atto contiene.

In termini non fondati, d’altra parte, è stata evocata la figura giuridica del falso innocuo tenuto conto che, in base alla costante giurisprudenza di questa Corte, l’innocuità del falso in atto pubblico non va ritenuta con riferimento all’uso che si intende fare del documento – che non è necessario ad integrare la condotta incriminata, e può altrimenti integrare estremi di reato diverso – ma solo se si esclude l’idoneità dell’atto falso ad ingannare comunque la fede pubblica (v. tra le molte, Rv. 209266).

E, nella specie, le falsità di cui alle imputazioni avevano attitudine ad esplicare effetti sulla funzione documentale che l’atto era chiamato a svolgere, funzione da individuare nella esatta determinazione della data di ufficiale investitura dell’ufficio pubblico ricevente, data certa alla quale si riconnettono diritti e doveri riconosciuti dall’ordinamento, a prescindere da quelle che possono poi essere le autonome valutazioni, anche di carattere interpretativo, in materia espresse dagli uffici interessati.

Il ricorso alla falsificazione è dunque dimostrato anche dal punto di vista soggettivo.

Quanto al richiamo alla giurisprudenza di legittimità, sull’atteggiamento di buona fede e di possibile leggerezza in cui sarebbe incorsa l’agente, alla luce degli eventi obiettivamente verificatisi nel corso della seduta consiliare del 12 maggio 2003, è il caso di rilevare che quello evocato dalla difesa è un orientamento indubbiamente riscontrabile e implicitamente rilevabile anche a fondamento della sentenza di assoluzione del giudice di primo grado il quale aveva fatto notare come lo scopo della iniziativa fosse stato quello – comunque raggiunto all’esito della controversia – di conseguire il permesso di costruire in base alla previgente e più favorevole disciplina urbanistica: ebbene, si tratta di orientamento che, però, il ricorrente ha richiamato nel ricorso in termini generici e non apprezzabili, oltre che in contrasto con le emergenze alle quali sopra si è fatto riferimento.

La rilevazione della estinzione dei reati di cui ai capi A,B, E ed F comporta altresì la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per la rideterminazione della pena in ordine alla residua imputazione sub C).
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio, limitatamente ai reati di cui ai capi A, B, E, F della rubrica, perchè gli stessi sono estinti per prescrizione e con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per la determinazione della pena in ordine al reato di cui al capo C) della imputazione.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

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