Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-10-2012) 16-11-2012, n. 44971

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione R.A. avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 8 aprile 2011 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine al reato di tentato furto continuato e aggravato ex art. 625 c.p., n. 2, in concorso, fatto accertato (OMISSIS) ed avente ad oggetto il rame custodito all’interno di una struttura industriale.

Deduce:

1) la mancata applicazione dell’ipotesi della desistenza volontaria ex art. 56 c.p., comma 3.

E’ stato, infatti, accertato che l’imputato era stato colto nella fase del tentativo incompiuto, essendo stati posti in essere soltanto atti non penalmente rilevanti e quindi non punibili. Segnala la difesa che il requisito della univocità degli atti posti in essere dall’agente ha natura formale – oggettiva nel senso che tale connotato deve desumersi – con valutazione ex ante – dalla natura del comportamento posto in essere e non da un ragionamento postumo del giudice, relativamente ad atti che di per sè non presentano il carattere del univocità;

2) la inosservanza dell’art. 624 c.p. non risultando che sia stato accertato il requisito dello spossessamelo previsto dalla norma;

3) la erronea applicazione dell’art. 81 c.p. non essendo possibile ipotizzare, in capo all’imputato il quale ha posto in essere soltanto atti non punibili, la programmazione di una serie ripetuta di atti punibili;

4) la erronea applicazione dell’art. 110 c.p., difettando sia la dimostrazione del contributo causale tipico del concorso materiale sia quella della agevolazione delle altrui proposito criminoso;

5) inosservanza dell’art. 625 c.p., n. 2.

Si tratterebbe di un’aggravante speciale non compatibile con il delitto tentato essendo prevista per il solo reato consumato e la diversa di determinazione da parte del giudice sarebbe in violazione del principio di legalità;

6) l’inosservanza dell’art. 62 c.p., n. 4, derivando la doverosità della sua applicazione non solo dal valore economico della res oggetto di tentato furto ma anche dalla entità del danno patrimoniale cagionato in concreto;

7) la mancata applicazione delle attenuanti generiche, alla quale non poteva ostare il solo rilievo dei precedenti penali dell’imputato;

8) la inosservanza dell’art. 530 c.p.p., comma 2, essendo rimasta dubbia la responsabilità dell’imputato;

9) il vizio della motivazione, essendo stata redatta, la sentenza di appello, con la tecnica del rinvio per relationem a quella di primo grado;

10) la mancanza di motivazione in ordine alla entità della pena inflitta.

Il ricorso deve essere rigettato essendo basato su doglianze in parte inammissibili e in parte infondate.

Appartenente al primo genere è il motivo di ricorso sub 1) attesa la genericità con la quale è stato formulato.

Giova ricordare che l’art. 581 c.p.p. richiede la esposizione specifica, a pena di inammissibilità, delle ragioni di fatto oltre che di quelle in diritto, sulle quali è basato il motivo di ricorso.

Nel caso di specie la difesa si produce in una analisi delle differenze tra gli atti non punibili e quelli integranti il tentativo punibile senza indicare con la necessaria cura descrittiva il comportamento tenuto dall’imputato che, dunque solo assertivamente viene presentato come rientrante soltanto fra gli atti preparatori non punibili.

Invero, non risulta contestato l’eloquente accertamento dei fatti come descritto in sentenza e cioè il rilievo che l’imputato è stato sorpreso all’interno di una stazione elettrica assieme ad altri due soggetti che sono stati poi giudicati separatamente con il rito del patteggiamento: in tale luogo era stata rinvenuta una serie di strumenti atti allo smontaggio, sezioni di materiale ramoso già predisposto per il trasporto ed infine era stata constatata – senza che neppure risulti una alternativa versione fornita dall’imputato circa la sua presenza sul luogo – la già realizzata forzatura delle porte di ingresso del locale.

Il secondo motivo è manifestamente infondato con riferimento al caso di specie nel quale si tratta di un’ipotesi tentata di furto e quindi ontologicamente tale da escludere che possa essersi realizzato lo spossessamento del bene.

Il terzo motivo è inammissibile non risultando che lo stesso sia stato sottoposto al giudice dell’appello.

Il quarto motivo è pure inammissibile perchè costituisce la mera reiterazione del corrispondente motivo d’appello, già esaustivamente affrontato dal giudice del merito.

E’ stato notato in sentenza che l’apporto causale dell’imputato al tentativo di furto posto in essere in concorso con altri due soggetti è desumibile dalla circostanza che egli si trovasse con gli altri all’interno del magazzino contenente il materiale ramoso, magazzino al quale erano state forzate le porte d’ingresso con la relativa effrazione del meccanismo di chiusura (saldature) ed inoltre nel magazzino stesso erano stati rinvenuti annessi utili per l’asporto del materiale, portati dall’esterno.

Non risulta che una simile motivazione, la quale implicitamente ma necessariamente riferisce tutte le emergenze descritte alla convergente iniziativa dei tre sorpresi sul posto, sia stata aggredita specificamente dal ricorrente il quale si è limitato a ripetere la doglianza già rappresentata a giudice dell’appello, così cadendo nel difetto della genericità del motivo stesso.

Il quinto motivo è infondato.

Si rileva nella giurisprudenza di questa Corte l’assenza di dubbio alcuno sulla compatibilità della aggravante speciale in esame con l’ipotesi di tentato furto, derivando la configurabilità del tentato furto aggravato ex art. 625 c.p., n. 2 dal precetto di cui all’art. 56 c.p. che consente, proprio nel rispetto del principio di legalità, la configurazione del tentativo quale effetto del combinato disposto tra la condotta consistente nel compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco alla commissione del delitto e la configurazione del delitto stesso, nella forma aggravata prevista dalle norme della parte speciale del codice penale.

Su tale base, è stato affermato nella giurisprudenza di legittimità, che l’esercizio di violenza sulla cosa, che integra la circostanza aggravante speciale del delitto di furto, connota specificamente le modalità dell’azione sottrattiva e non è indice che il delitto sia stato consumato, dal momento che afferisce alla condotta di sottrazione e resta estranea all’evento dell’impossessamento (Rv. 246560).

Il sesto motivo è inammissibile poichè non aggredisce la specifica motivazione adottata dal giudice del merito secondo cui non può ritenersi di lieve entità il furto che nella specie era stato tentato relativamente a una partita di rame, aggiungendosi a tale danno – e non potendosi certo valutare sostitutivamente ad esso – quello arrecato in concreto alle porte del magazzino.

Il settimo motivo è inammissibile poichè non illustra gli elementi di fatto, in ipotesi favorevoli all’imputato, che il giudice dell’appello avrebbe illegittimamente trascurato.

Ugualmente inammissibile per genericità e l’ottavo motivo semplicemente enunciato nelle sue conclusioni e non fondato sulla dovuta illustrazione delle ragioni in fatto e in diritto che l’avrebbero dovuto sostenere.

Manifestamente infondato è il nono motivo per il quale ci si lamenta di una motivazione per relationem, a fronte di una sentenza nella quale il giudice dell’appello ha fornito risposte ai singoli motivi di gravame rappresentati.

Inammissibile è l’ultimo motivo di ricorso, non essendo rassegnabile alla Corte di legittimità la questione sull’entità della pena senza contestualmente enunciare le ragioni del ricorrere di uno dei vizi di cui all’art. 606 c.p.p. e dovendosi considerare che il giudice dell’appello l’ha comunque definita "equa" con riferimento alla gravità del comportamento delittuoso accertato e descritto nel corpo della motivazione nonchè della negativa personalità dell’imputato (tale giudicata a causa dei suoi precedenti e del comportamento processuale tenuto): così fornendo una motivazione congrua che la difesa aggredisce solo genericamente.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente il pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

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