Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-07-2012, n. 12140 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 23.2.2010, la Corte di Appello di Roma respingeva il gravame proposto dalla s.p.a. Poste Italiane avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da T. G., intesa ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogatole, con decorrenza dal 31.12.2001, a conclusione della procedura di mobilità di cui alla L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24 ritenendo che non fosse stato dimostrato il nesso eziologico con la posizione lavorativa della appellata e che il criterio dell’anzianità fosse stato applicato in maniera svincolata dalle effettive esigenze imprenditoriali.

La Corte del merito riteneva fondati i primi due motivi del gravame proposto dalla società con riferimento alla sussistenza dei presupposti causali giustificanti l’apertura della procedura ed alla completezza della comunicazione negate dal giudice di prime cure e rigettava i rimanenti motivi di impugnazione, ritenendo che era pacifico che i novecentosessantatre lavoratori destinatati dalla lettera di licenziamento non esaurissero quelli che rispondevano al criterio della prepensionabilità, avendo la società mantenuto in servizio cento dipendenti, e che l’astratta ammissibilità dell’unico criterio di scelta dei licenziati, costituito dal raggiungimento dei requisiti per il prepensionamento, idoneo di per sè a costituire oggettiva base di un graduatoria per la scelta stessa, non esonerasse il datore di lavoro dalla puntuale indicazione delle modalità con le quali il criterio di scelta stesso era stato applicato.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la società con unico motivo, illustrato con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso la T., che propone anche ricorso incidentale, per il caso di accoglimento del ricorso principale, fondato su dieci motivi, ugualmente illustrati con memoria.
Motivi della decisione

Il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti avendo ad oggetto la stessa pronuncia impugnata.

Con unico articolato motivo, la società denunzia violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, comma 9 rilevando che il criterio di scelta era stato indicato nelle comunicazioni agli uffici competenti in modo estremamente analitico e sufficiente per ritenere assolto l’onere previsto a carico del datore di lavoro dalla norma suindicata e che il criterio era caratterizzato da assoluta oggettività, onde l’indicazione della modalità di attuazione doveva essere caratterizzata dalla menzione del medesimo, dall’allegazione degli accordi raggiunti con le 00.SS. e dall’allegazione dell’elenco dei novecentosessantatre lavoratori destinatari delle lettere di risoluzione del rapporto di lavoro, idonee a rendere possibile il controllo sulla corretta individuazione dei dipendenti licenziati ai sensi del criterio scelto, la cui applicazione non richiedeva alcuna discrezionalità. Aggiunge che la norma non esige che il datore giustifichi, per i soggetti da licenziare, se questi abbiano o meno il requisito previsto dal criterio o alleghi l’elenco di tutti i propri dipendenti in possesso dei requisiti e rientranti nel programma di recesso e che un modo di applicazione del criterio ha senso solo quando lo stesso, sebbene unico, preveda differenziate vie di applicazione, ciò non valendo quando criterio e modalità applicative coincidano. Per i dipendenti trattenuti in servizio, vi era stata soltanto una sospensione per un limitato periodo degli effetti del licenziamento comunque irrogato.

Con specifico quesito domanda se, quando il criterio sia stato individuato nel possesso dei requisiti per il pensionamento, la comunicazione L. 23 luglio 1991, n. 223, ex art. 4, comma 9 vada interpretata nel senso per cui la stessa richieda la mera menzione del predetto e non anche l’indicazione, per tutto il personale impiegato presso il datore e per quello licenziato, dei requisiti di anzianità e contribuzione.

Il motivo è infondato.

La Corte d’appello ha confermato la sentenza impugnata ritenendo insufficiente – e quindi illegittima – la comunicazione L. 23 luglio 1991, n. 223, ex art. 4, comma 9, correttamente considerando che è possibile sì un unico criterio – quale quello della prepensionabilità – ma se poi i destinatari del licenziamento collettivo sono solo "alcuni" dei dipendenti in possesso di tale requisito, occorre una specificazione ulteriore nella comunicazione.

In proposito questa Corte ha affermato che in materia di collocamento in mobilità e di licenziamenti collettivi, il criterio di scelta adottato nell’accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali per l’individuazione dei destinatari del licenziamento può anche essere unico e consistere nella prossimità al pensionamento, purchè esso permetta di formare una graduatoria rigida e possa essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro (cfr. Cass, 6 ottobre 2006, n. 21541). Analogamente, con pronunzia del 2 settembre 2003, n. 12781, cui è conforme Cass. 11.11.2010 n. 22898, questa Corte ha ribadito che, nella materia dei licenziamenti collettivi regolati dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto dei singoli lavoratori coinvolti nella procedura, ai sensi dell’art. 5, comma 3, la sanzione dell’inefficacia del licenziamento ricorre anche in caso di violazione dell’art. 4, comma 9, che impone al datore di lavoro di dare comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali, delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare; tale sanzione si applica anche nel caso in cui, in considerazione della inidoneità del criterio adottato e comunicato, non sia possibile individuare le ragioni che hanno indotto al licenziamento dell’uno o dell’altro lavoratore. E’ stata, quindi, confermata – in una fattispecie analoga a quella di cui è causa – la sentenza di merito che aveva ritenuto violato il dovere di comunicazione da parte del datore di lavoro perchè il criterio della prossimità al pensionamento, individuato con le organizzazioni sindacali come unico criterio di scelta dei lavoratori, non consentiva in concreto, stante la pluralità di dipendenti prossimi al pensionamento, di comprendere le ragioni per le quali era stato licenziato un lavoratore piuttosto che un altro.

Questa Corte, con pronunzia del 26 settembre 2002, n. 13963, ha anche affermato che in materia di collocamenti in mobilità e di licenziamenti collettivi, ove il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali abbiano convenuto un unico criterio di scelta dei lavoratori da porre in mobilità, costituito dalla possibilità di accedere al prepensionamento, e il datore di lavoro abbia mantenuto in servizio alcuni lavoratori prepensionabili, tale fatto non implica automaticamente la pretestuosità e illegittimità del criterio di scelta concordato, ma il giudice del merito deve valutare il rispetto del canone di buona fede e correttezza ex art. 1375 c.c., nell’esecuzione del contratto, tenendo presenti la dinamica della vita aziendale e, all’occorrenza, al criterio stabilito dalla L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 1, secondo cui l’individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità, in attuazione dei criteri di scelta contrattuali, deve avvenire in relazione alle esigenze tecnico – produttive e organizzative del complesso aziendale.

Il ricorso principale deve essere, per tali considerazioni, respinto.

Con i ricorso incidentale si deducono vizi di legge e di motivazione attinenti alla comunicazione di avvio della procedura, alla mancata precisazione dei motivi dell’esubero ed alla mancata indicazione degli esuberi per unità produttiva e per profili professionali, al difetto di individuazione preliminare dell’ambito organizzativo di operatività del criterio di scelta e di coerenza tra licenziamento ed esigenze tecnico produttive ed organizzative dei complesso aziendale, al mancato accertamento dell’abuso delle procedura, consistito nel ricorso alla L. 223 in difetto della situazione legittimante alla erronea applicazione di principi in materia di onere della prova, alla carenza di contestazione in ordine a fatti allegati in ricorso, al mancato accertamento della violazione dei principi di ragionevolezza e non discriminazione nell’applicazione del criterio di scelta ed ulteriori violazioni, in parte anche dedotte per la prima volta in tale sede di legittimità.

Tuttavia, il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale in quanto condizionato, essendo stato proposto dalla parte interamente vittoriosa in appello.

Il ricorso principale va quindi rigettato, assorbito quello incidentale.

Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, Euro 3000,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in ROMA, il 6 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2012

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