T.A.R. Puglia Bari Sez. III, Sent., 14-01-2011, n. 75

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I. Espongono le strutture ricorrenti di erogare sul territorio regionale servizi socio assistenziali come RSSA ex art 66 reg. reg. n.4/2007 e di intrattenere rapporti convenzionali con il S.S.N., tramite le ASL territorialmente competenti, quali soggetti provvisoriamente accreditati.

Con regolamento n.4/2007 pubblicato sul B.U.R.P. n.12 del 22 gennaio 2007, la Regione Puglia, in attuazione della l.r.19/2006, stabiliva all’art 32 c. 2 che "le tariffe da riconoscere ai soggetti titolari di strutture e di servizi sociali e socio sanitari autorizzati ovvero accreditati, comprensive dell’eventuale quota di compartecipazione da parte degli utenti, dovranno essere determinate dalla Regione, d’intesa con i Comuni e sentite le associazioni datoriali di categoria, con apposito e successivo provvedimento della G.R., da adottare entro 180 giorni dalla entrata in vigore del presente regolamento".

Stante l’inerzia dell’Amministrazione regionale, le ricorrenti adivano questo T.A.R. ex art 21bis l.1034/1971, che con sentenza del 18 novembre 2008 n.2613 accertava l’illegittimità del suddetto silenziorifiuto, ordinando alla Regione di concludere il procedimento di rideterminazione della quota di spesa sanitaria e di adeguamento delle tariffe entro il termine di 180 giorni dalla comunicazione della sentenza; con successiva ordinanza n.153/2009, questo Tribunale nominava altresì il commissario ad acta.

Nel contempo, veniva avviato un tavolo di concertazione per la determinazione delle tariffe, con la partecipazione delle associazioni di categoria e dei soggetti gestori di RSSA.

Con deliberazione 1746 del 23 settembre 2009 (qui impugnata), la Giunta regionale approvava lo studio di fattibilità per la determinazione delle tariffe, disponendo che le medesime avrebbero trovato copertura finanziaria per la loro piena applicazione su tutto il territorio regionale "a partire dal 1 gennaio 2010".

Con successiva deliberazione n.279 del 2 febbraio 2010 (parimenti impugnata) a parziale modifica ed integrazione della precedente del. 1746/09, la Giunta regionale stabiliva tra l’altro: a) la non retroattività dell’applicazione; b) l’entrata in vigore a partire dalla data di pubblicazione sul B.U.R.P., previa graduale rinegoziazione della retta versata dai nuclei familiari degli utenti ovvero ridefinizione degli eventuali rapporti convenzionali con i Comuni in essere, previo espletamento di procedure negoziali per l’individuazione di tariffe economicamente più convenienti, e in ogni caso, successivamente alla revisione ed aggiornamento dei rapporti convenzionali ovvero accordi contrattuali in essere tra ASL e soggetti gestori.

Con ricorso notificato il 19 aprile 2010, ritualmente depositato, le odierne ricorrenti, come sopra rappresentate e difese, impugnano le deliberazioni regionali in epigrafe, chiedendone l’annullamento, previa concessione di idonea misura cautelare, deducendo le seguenti censure:

– Violazione e falsa ed erronea interpretazione ed applicazione art 32 e 66 r.r. 4/2007, art 3septies d.lgs. 502/92 e dei principi di programmazione ed organizzazione delle attività socio sanitarie dettati dal DPCM 14 febbraio 2001; eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità manifesta, disparità di trattamento, contraddittorietà, difetto di motivazione.

– Eccesso di potere sotto ulteriore profilo e violazione di giudicato.

Domandava altresì parte ricorrente l’accertamento del diritto a conseguire l’adeguamento tariffario con decorrenza dal 181° giorno dalla notificazione della sent. T.A.R. Puglia Bari 2613/2008, unitamente alla condanna al risarcimento del danno da ritardo.

Evidenziava la difesa delle ricorrenti il grave ritardo nella rideterminazione delle tariffe rispetto al paradigma normativo di riferimento e alla sentenza 2613/2008 di questo Tribunale, poiché l’impugnata del.G.R. 279/2010 pur riconoscendo parzialmente l’agognata utilità finale, ne rinvia ulteriormente sine die la concreta applicazione a far data dalla rinegoziazione della retta sociale o alberghiera a carico dell’utenza o dei Comuni, in violazione del termine assegnato in via giudiziale.

Contestava poi la difformità sia con quanto stabilito in sede di tavolo concertativo in merito al quantum, sia con la stessa decorrenza dal 1 gennaio 2010 fissata nella precedente deliberazione 1746/2009.

Si costituiva la Regione Puglia, eccependo nel merito il carattere non vincolante delle risultanze della concertazione, e l’infondatezza della pretesa alla retroattività della rideterminazione, per l’insussistenza di ragioni eccezionali in grado di derogare al generale principio di irretroattività dell’attività autoritativa, oltre ad addurre ragioni di copertura finanziaria che avevano imposto la posticipazione della decorrenza rispetto a quanto statuito con la del. G.R. 1746/2009.

Alla camera di consiglio del 10 giugno 2010 veniva disposta la cancellazione dal ruolo dell’istanza cautelare e fissata la trattazione nel merito, in relazione alla complessità delle questioni trattate.

All’udienza pubblica del 16 dicembre la causa veniva trattenuta in decisione.

II. Il ricorso è complessivamente infondato e va respinto.

L’impugnata deliberazione G.R. 279/2010 di rideterminazione delle tariffe è intervenuta a seguito del procedimento di concertazione stabilito dal r.r. n.4/2007 in ottemperanza alla statuizione contenuta nella sentenza 2613/08 di questo T.A.R. che ha stabilito l’obbligo della Regione di provvedere alla rideterminazione, sussistendo inadempimento rispetto allo specifico termine di 180 giorni codificato dalla normativa di settore, nella fattispecie dall’art 32 c.2 r.r. n.4/2007.

La suddetta sentenza, lungi dall’imporre all’Amministrazione regionale qualsivoglia criterio in ordine alla concreta fissazione, espressione di potere ampiamente discrezionale regionale, non è pero come si dirà in prosieguo irrilevante ai fini della responsabilità.

Premesso che in materia di determinazione del quantum delle tariffe per la remunerazione di prestazioni di rilievo sanitario rese nell’ambito del S.S.N., non diversamente da quanto avviene in genere per il corrispettivo spettante a beneficio dei gestori di un servizio pubblico, sussiste discrezionalità sia tecnica che amministrativa dell’Amministrazione sanitaria – entro il limite della effettiva rimuneratività del capitale investito per l’esigenza di tutela del diritto costituzionalmente garantito di iniziativa economica (Consiglio di Stato sez VI 21 aprile 1999, n.484) – ritiene il Collegio che nella presente fattispecie i criteri di cui all’impugnata deliberazione regionale G.R. 279/2010 non presentino evidenti e chiari sintomi di eccesso di potere, sotto i profili dedotti da parte ricorrente, sindacabili in sede di giurisdizione generale di legittimità, rivestendo le pretese delle ricorrenti consistenza di interesse legittimo al cospetto di un potere indubbiamente autoritativo sotto il profilo del quantum (T.A.R. Lombardia Milano sez I 14 gennaio 2009, n.15, Consiglio di Stato sez V, 20 febbraio 2010, n.1146).

III. Nessun vincolo innanzitutto viene costituito dalle risultanze della concertazione prevista dallo stesso regolamento regionale, poiché tale strumento, a differenza della contrattazione, non ha valenza negoziale, ma rappresenta un’occasione di confronto per finalità istruttorie, fermo restando il potere dell’Amministrazione di determinarsi in modo difforme, nell’esercizio delle proprie prerogative in materia di politica sanitaria e tariffaria.

IV. Quanto al concreto contenuto delle rideterminazioni tariffarie disposte, non ritiene il Collegio di poter condividere le ulteriori censure dedotte, poiché la scelta di rinviare in concreto l’applicazione delle nuove tariffe alla negoziazione delle rette con l’utenza ed i comuni interessati e alla revisione delle convenzioni con i soggetti gestori, è complessivamente rispondente all’interesse generale all’ottimizzazione della spesa pubblica ed equilibrio della finanza pubblica complessiva (Corte Cost. 23 aprile 2010 n.141) così come del resto quanto al parziale rinvio al c.d. DIEF 2010, in attuazione del principio pacifico secondo cui in materia sanitaria le esigenze di contenimento della spesa pubblica rivestono carattere preminente, tale da giustificare "lo stesso abbattimento anche drastico dei margini di utile degli operatori privati accreditati" (ex multis Consiglio di Stato sez V, 4 ottobre 2007, n.5134)

V. Quanto invece al dedotto profilo del mancato riconoscimento della retroattività, ritiene il Collegio che pur non ravvisandosi un obbligo in tal senso, con conseguente infondatezza anche della relativa censura, non può nell’ambito del presente giudizio non assumere rilievo la circostanza per cui l’obbligo di rideterminazione delle tariffe deriva non soltanto dalla precedente deliberazione G.R. 1746/2009 attuativa del r.r n.4/07, ma dalla stessa sentenza 2613/08 di questo Tribunale, la quale ha assegnato l’ulteriore termine di provvedere di 180 giorni rispetto al termine legale già scaduto, di fatto raddoppiandolo, proprio in considerazione della riconosciuta complessità degli adempimenti procedimentali.

La violazione del termine di cui all’art 2 l.241/90 così come di quello giudiziale assegnato in sede di giudizio sul silenzio rifiuto, se non assume rilevanza ai fini della legittimità dei provvedimenti tardivamente emanati (ex multis T.A.R. Calabria Catanzaro sez II 2 luglio 2010, n.1428) è però idonea a produrre altre conseguenze giuridiche, tra cui in primis la responsabilità risarcitoria.

Non può infatti a giudizio del Collegio disconoscersi l’interesse delle ricorrenti al tempestivo esercizio del potere discrezionale di adeguamento delle tariffe, peraltro concretamente allo stato ancora limitato quanto a concreta applicazione, avendo la Regione si stabilito le tariffe massime di riferimento ma, come detto, rinviatone la concreta fissazione nei confronti delle ricorrenti, tanto da potersi prefigurare una residua parziale inerzia regionale in tal senso, con conseguente tutela in sede di ottemperanza alla sent. 2613/08.

Va quindi esaminata dal Collegio la domanda risarcitoria per il danno da ritardo, che la stessa difesa delle ricorrenti peraltro delimita nella misura in cui lo stesso potrà ritenersi risarcibile avuto riguardo al momento di effettiva applicazione delle tariffe.

Come noto, secondo giurisprudenza consolidata anche se non pacifica, la risarcibilità del danno da ritardo, consistente nel ritardato esercizio di potere autoritativo, è condizionata dal giudizio sulla spettanza del bene della vita, il quale non può effettuarsi in termini prognostici, bensì soltanto dopo che l’Amministrazione abbia esercitato il potere e riconosciuto l’utilità finale spettante, quale pregiudizio per il ritardato riconoscimento di quanto dovuto (ex multis Consiglio Stato, sez. VI, 11 dicembre 2006, n. 7215, id. sez V 2 marzo 2009 n.1162, id. Adunanza Plenaria 15 settembre 2005 n.7) non essendo riconosciuta la risarcibilità del danno "da mero ritardo", consistente nella violazione del termine per la conclusione del procedimento codificata dall’art 2 l. 241/90 e s.m.e dalla normativa di settore.

Tale impostazione è stata per lo più confermata anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art 2bis l.241/90 per effetto della l.2009 n.69, non disciplinando il legislatore tutti i presupposti sostanziali del diritto al risarcimento, e non introducendo espressamente alcuna risarcibilità del ritardo "fine a sé stesso" (ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 22 settembre 2010, n. 32382) non reputandosi interesse di per sè meritevole di tutela ai sensi dell’art 2043 c.c. il rispetto del termine di conclusione del procedimento scandito dalla legge, meramente strumentale rispetto al conseguimento dell’utilità finale oggetto della pretesa.

Il suesposto opinamento, pur se giustificato da esigenze di contenimento della spesa pubblica, non pare esente da critiche sotto il profilo strettamente teorico giuridico, dal momento che nonostante il silenzio dell’art 2bis al riguardo, non può ignorarsi, alla luce della clausola generale atipica del "danno ingiusto" di cui all’art 2043 c.c., come la certezza della conclusione del procedimento entro i termini legali possa invece ben apprezzarsi come autonomo bene della vita, rientrante nel concetto di "meritevolezza dell’interesse" ai fini della tutela risarcitoria – secondo le basilari coordinate tracciate dalle Sezioni Unite della Cassazione (22 luglio 1999 n.500) – fermo naturalmente restando l’accertamento puntuale degli ulteriori elementi costitutivi dell’azione di risarcimento del danno, tra cui in particolare, la colpevolezza dell’inerzia e l’allegazione dei fatti costitutivi dello stesso danno, oltre che del dovere di correttezza imposto al danneggiato dal comma secondo dell’art. 1227 c.c." (T.A.R. Puglia Bari sez III, 25 febbraio 2010, n.688).

In buona sostanza, non può condividersi la negazione a priori ed in astratto della risarcibilità ex art 2043 c.c. del pregiudizio anche patrimoniale sofferto a causa del ritardo nell’esercizio del potere, dovendosi invece spostare il problema sul diverso piano dell’accertamento in concreto dell’elemento soggettivo richiesto dallo stesso art 2bis l.241/90, nonché, soprattutto, della quantificazione del danno, per il quale, fermo restando l’onere probatorio a carico del danneggiato quanto all’an, potrebbe dirsi possibile il ricorso al criterio di determinazione equitativa ex art.1226 c.c. soltanto in ipotesi di "impossibilità o motivata difficoltà di procedere al’esatta quantificazione" (ex multis Cassazione sez II 7 giugno 2007 n.13288) e non già per supplire al mancato assolvimento dell’onere posto a carico del danneggiato (Consiglio di Stato sez VI 23 giugno 2006, n.3989).

Nella fattispecie per cui è causa tuttavia parte ricorrente, pur soddisfando l’onere di allegazione relativo all’elemento soggettivo (non fornendo l’Amministrazione alcuna prova a discolpa del proprio operato in termini di errore scusabile – Consiglio di Stato sez VI, 21 maggio 2009, n.3144) non fornisce sufficienti elementi per apprezzare sotto il profilo del mero ritardo la domanda risarcitoria, anzi espressamente rinviando la concreta risarcibilità"al momento della effettiva applicazione delle tariffe", evento come detto, allo stato futuro ed incerto.

Ne consegue l’impossibilità per il Collegio di apprezzare allo stato la fondatezza della domanda risarcitoria secondo la prospettazione della difesa delle ricorrenti, fermo restando il diritto di riproporre la domanda all’esito della concreta quantificazione del quantum spettante, nei termini oggi stabiliti dal comma 4 dell’art.30 c.p.a. e/o di rivolgersi eventualmente a questo giudice in sede di ottemperanza alla sent. 2613/2008.

VI. Per i suesposti motivi il ricorso è complessivamente infondato e va respinto, sia quanto alla domanda demolitoria che di accertamento e condanna al risarcimento del danno, fermo restando sotto tal profilo la proponibilità di nuova domanda all’esito della concreta applicazione delle tariffe di cui alla deliberazione G.R. 279/2010, vale a dire al riconoscimento dell’utilità finale spettante.

Sussistono giustificati motivi ai sensi dell’art. 26 c.p.a. per compensare le spese tra le parti, in relazione alla complessità delle questioni trattate e comunque al perdurante ritardo della Regione nella applicazione delle tariffe.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge come da motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Pietro Morea, Presidente

Antonio Pasca, Consigliere

Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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