Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2012) 16-11-2012, n. 44946

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre C.P. avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 18/5/2011 che, in totale riforma di quella assolutoria emessa dal giudice di prime cure, lo condanna a pena di giustizia per il reato di cui all’art. 483 cod. pen. per avere, nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà allegata alla domanda di definizione degli illeciti urbanistici, attestato falsamente che le opere erano state ultimate in data anteriore al 31- 3-2003.

IL ricorrente deduce:

a) la prescrizione del reato, maturata prima del deposito e della notifica del provvedimento impugnato;

b) la violazione di legge, non essendo assimilabile ad un atto pubblico la "dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio" per cui è processo. Il ricorrente rileva, peraltro, la propria mancanza di legittimazione in ordine alla dichiarazione sostitutiva incriminata, che era stata allegata ad una pratica di condono presentata dai genitori, nonchè la "neutralità" della dichiarazione rispetto all’istruzione della pratica di sanatoria.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, perchè manifestamente infondato.

Integra il reato di falsità ideologica commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegata a domanda di concessione edilizia in sanatoria, attesti falsamente la data di ultimazione dell’opera da sanare, considerato che l’ordinamento attribuisce a detta dichiarazione valenza probatoria privilegiata – con esclusione di produzioni documentali ulteriori – e, quindi, di dichiarazione destinata a dimostrare la verità dei fatti cui è riferita e ad essere trasfusa in atto pubblico (Cassazione penale, sez. 5^, 26/11/2009, n. 2978; Cass., n. 3762 del 2000, Rv. 215725;

Cass., 9527 del 2003, Rv. 223939). Trattasi di orientamento risalente, da cui questo collegio non ravvisa motivi per discostarsi.

Del tutto incomprensibile è, poi, il riferimento alla "legittimazione" fatto dall’imputato, posto che di trattò di dichiarazione da lui resa e allegata alla pratica di condono, rispetto a cui era, evidentemente, servente. Nè assume rilievo il fatto che la pratica di condono fosse stata istruita, originariamente, dai genitori, posto che fu da lui completata con la falsa dichiarazione.

Nessuna prescrizione può dirsi, infine, maturata, giacchè la dichiarazione incriminata è stata resa il 25-3-2004. Alla prescrizione originaria (che sarebbe maturata il 25-9-2011) vanno aggiunti 378 giorni di sospensione, che portano il termine prescrizionale all’8 ottobre 2012 (e senza considerare che l’inammissibilità del ricorso rende sterile il periodo successivo alla pronuncia della sentenza di secondo grado).

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo quantificare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *