Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2012) 16-11-2012, n. 44944

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Ricorre M.I. avverso la sentenza del Tribunale di Udine del 20-9-2010 che, a conferma di quella emessa dal Giudice di pace di Tarcento, la condanna a pena di giustizia per il reato di ingiuria commesso nei confronti del fratello M.L., dicendogli:

"sei un ladro, mi hai derubato, vergognati, rubi a tutti".

La ricorrente deduce anche con una memoria difensiva violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della provocazione o della ritorsione, che, a giudizio della ricorrente, sarebbe ravvisabile nel fatto che la persona offesa parcheggiava le auto sulla via pubblica, di fronte al terreno di proprietà di suo figlio, ostacolando i lavori di posizionamento di un cartellone pubblicitario, nonchè nel fatto che il figlio della persona offesa l’aveva apostrofata col termine "stronza".
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato, giacchè, come correttamente rilevato dal giudice di merito, anche ammesso che l’attività espletata da M.L. avesse procurato qualche disagio al figlio dell’imputata, questo fatto non giustificava assolutamente la reazione scomposta di quest’ultima, rivolta a ledere un bene primario della persona, quale l’onore.

Nessuna traccia vi è, poi, in sentenza, di espressioni ingiuriose profferite dalla persona offesa o dal figlio di quest’ultima nei confronti dell’imputata, nè la ricorrente ha fatto riferimento ad atti del processo da cui si dovrebbe evincere, con certezza, una simile circostanza. Si tratta, quindi, di mere asserzioni della ricorrente, che non consentono di ravvisare il vizio di motivazione denunciato.

Il ricorso è pertanto inammissibile. Consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo quantificare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

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