Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2012) 16-11-2012, n. 44942

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Ricorre D.L. avverso la sentenza della Corte di appello di Trento del 3-6-2011 che, in parziale riforma di quella emessa dal locale Tribunale, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 610 cod. pen., perchè, spruzzando della vernice e una sostanza urticante addosso ai relatori, impediva la prosecuzione di una conferenza presso l’aula Kessler della facoltà di sociologia dell’Università di Trento.

2. Il difensore dell’imputato lamenta:

a) l’erronea qualificazione del fatto, dovendo al massimo ravvisarsi nella condotta dell’imputato i reati di danneggiamento e lesioni personali, posto che ogni condotta violenta comporta, per la vittima, "di non fare più ciò che essa stava facendo";

b) l’erronea applicazione dell’aggravante di cui alla L. 31 maggio 1965, n. 375 dovendosi disapplicare per illegittimità il provvedimento applicativo della misura di prevenzione nei confronti del D.;

c) la manifesta illogicità della motivazione, ex art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), in ordine alla quantificazione della pena, alla mancata concessione delle attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena, nonchè in ordine alla mancata conversione della pena detentiva.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, perchè manifestamente infondato.

In maniera del tutto corretta i giudici di merito hanno ravvisato la responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 610 cod. pen., che ricorre ogniqualvolta viene coartata, con violenza o minaccia, la libertà psichica di una persona, ostacolata nelle sue determinazioni. Nè rileva, come sostenuto dal ricorrente, che ogni condotta violenta comporta, per la vittima, "di non fare più ciò che essa stava facendo", giacchè è il finalismo della condotta che qualifica il reato, e non una parte delle sue conseguenze.

Del tutto infondato è il secondo motivo di ricorso. I giudici hanno ampiamente argomentato sulla legittimità del provvedimento applicativo della misura di prevenzione, peraltro nemmeno impugnato in sede propria, rilevando che esponeva chiaramente le ragioni della sua emanazione, tutte poggianti sui precedenti di polizia del D. e indicative di insofferenza verso le autorità costituite (era stato denunciato per resistenza a P.U., per violenza privata, per invasione di edifici, per imbrattamenti e deturpamenti, per furto di energia elettrica). Per contro, il ricorrente non fa che riproporre in questa sede doglianze già esposte al giudice d’appello e da questi motivatamente disattese, anche sotto il profilo motivazionale, evidenziando che il provvedimento amministrativo non solo non era privo di motivazione, come lamentato dal ricorrente, ma conteneva una motivazione articolata ed esaustiva, certamente sufficiente a legittimarlo in diritto.

Ugualmente infondate, in maniera manifesta, sono le doglianze relative alla determinazione della pena. Le attenuanti generiche sono state infatti negate per la gravità dei fatti e la personalità dell’imputato, che ha dato ampia prova di volersi arroccare su posizione oltranziste, che non disdegnano la violenza e rifuggono da una misurata critica politica, mentre la sospensione della pena e la sua sostituzione sono state negate per la previsione, ampiamente motivata, che l’imputato non si asterrà dal commettere in futuro nuovi reati. Trattasi di motivazione logica e pertinente, che non consente alcun intervento correttiva da parte di questa Corte di legittimità.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, per legge, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo quantificare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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