Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-09-2012) 16-11-2012, n. 44941

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Catania, con sentenza del 25 gennaio 2011, ha confermato la sentenza del Tribunale di Catania, Sezione Distaccata di Belpasso del 24 settembre 2006 con la quale I. A., C.S., C.V. e F.G. erano stati condannati per il delitto di concorso in furto aggravato dalla destrezza.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione tutti gli imputati, a mezzo del proprio comune difensore, lamentando:

a) l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’applicazione della contestata aggravante e alla trasformazione, quindi, del delitto come procedibile d’ufficio, in mancanza di una rituale querela della parte offesa;

b) una violazione di legge in merito alla mancata assunzione al dibattimento quali testi dei Carabinieri verbalizzanti l’arresto;

c) l’erronea mancata applicazione dell’attenuante del fatto di particolare tenuità;

d) la mancata concessione delle circostanze attenuanti prevalenti sulla contestata aggravante;

e) l’intervenuta prescrizione del reato;

f) l’erronea mancata applicazione dell’indulto.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile essendo manifestamente infondati i motivi.

2. Con riferimento al primo motivo del ricorso, per ciò che attiene all’affermazione della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 cod. pen., n. 4 secondo la pacifica giurisprudenza di questa stessa Sezione (v. da ultimo Cass. Sez. 5^ 16 marzo 2010 n. 16276) si è evidenziata la circostanza che i ricorrenti avessero agito con modalità denotanti callidità ed astuzia, senza che, come è noto, fosse richiesto l’uso di una eccezionale abilità, essendo sufficiente che si sia approfittato, per configurare l’aggravante in esame, di una qualunque situazione, soggettiva od oggettiva, favorevole ad eludere la normale vigilanza dell’uomo medio, come è avvenuto nel caso di specie con le modalità di astuzia evidenziate dai Giudici di merito (uno dei correi distraeva la vittima mentre gli altri provvedevano alla sottrazione della merce dal locale).

Il reato è, dunque, procedibile d’ufficio per cui nessun pregio rivestono le contestazioni in merito alla validità o meno della querela.

3. La mancata escussione di testi in prime cure avrebbe dovuto essere eccepita in grado di appello, con particolare riferimento alla revoca di testi verbalizzanti già ammessi, in quanto secondo la giurisprudenza di questa Corte " è affetta da nullità l’ordinanza con la quale il Giudice dispone la revoca dell’ammissione di un teste nonostante il difensore abbia insistito per la sua escussione ma tale nullità deve essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell’art. 182 cod. proc. pen., comma 2" (v. Cass. Sez. 3^ 6 dicembre 2005 n. 816 e Sez. 3^ 12 febbraio 2009 n. 20128).

Va ribadito, a tale riguardo, l’orientamento già espresso da questa Corte, secondo il quale, nel caso in cui sia stata eccepita, nel giudizio di merito, una pretesa violazione di norme processuali, il Giudice non debba far luogo ad alcuna motivazione se la violazione denunciata non sussista o risulti comunque sanata.

Ne consegue che non può invocarsi in sede di legittimità il difetto di motivazione se, stante la non fondatezza dell’eccezione, il Giudice a quo non sia soffermato sulla stessa nel discorso argomentativo a supporto della decisione adottata (v. Cass. Sez. 3^ 26 novembre 2009 n. 8159).

Nella specie, la necessità di escutere i verbalizzanti l’arresto risultava superflua alla luce dell’esperita istruttoria dibattimentale nè gli odierni ricorrenti si sono premurati di evidenziare la decisività della chiesta prova testimoniale.

4. In tema di circostanze attenuanti comuni, con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 62 cod. pen., n. 4, il Giudice deve motivare in ordine al valore intrinseco ed economico della cosa e non può limitarsi a valutarla unicamente in relazione alle sue potenzialità di uso ed al servizio da essa reso: il che è quanto in concreto accertato nel giudizio di merito, con motivazione del tutto logica che sfugge al sindacato di legittimità di questa Corte.

5. Del tutto pretestuosa è, ancora, la doglianza in merito alla mancata concessione, da parte del primo Giudice, della prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante: il Giudice dell’appello, invero, non è stato investito della relativa questione in maniera specifica, essendosi gli appellanti limitati a contestare, quanto al trattamento sanzionatorio la sola esistenza dell’aggravante della destrezza di cui dianzi si è fatto cenno.

6. Con la sentenza di condanna, non può essere contestualmente applicato l’indulto e disposta la sospensione condizionale della pena, in quanto quest’ultimo beneficio prevale sul primo (v. Cass. Sez. Un. 15 luglio 2010 n. 36837) per cui manifestamente infondata è l’ulteriore doglianza degli odierni ricorrenti.

7. Il ricorso, per concludere, deve essere dichiarato inammissibile, con ciò rendendosi inutile l’accertamento dell’intervenuta prescrizione o meno degli ascritti reati, e i ricorrenti condannati singolarmente al pagamento delle spese processuali nonchè ad una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

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