Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 06-09-2012) 16-11-2012, n. 44865

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Frosinone in composizione monocratica ha applicato, a norma degli artt. 444 e segg. cod. proc. pen., in ordine ai reati a ciascuno di essi ascritti, ad A.F. ed A.L. la pena di mesi nove di reclusione ed Euro trecento di multa ciascuno.

Propongono distinti ricorsi per cassazione gli imputati (il solo A.L. con l’ausilio del difensore), deducendo ciascuno violazione della legge penale e mancanza della motivazione, lamentando l’omessa considerazione delle condizioni di cui all’art. 129 c.p.p., ed il solo A.L. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale sotto il profilo della gravità del reato e della valutazione agli effetti della determinazione della pena finale del giudizio di bilanciamento delle circostanze.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono assolutamente inammissibili perchè del tutto privi di specificità in tutte le loro articolazioni e, comunque, manifestamente infondati, atteso che il giudice, nell’applicare la pena da ciascuno concordata, si è, da un lato, adeguato all’accordo intervenuto tra le parti, e, dall’altro, ha motivatamente escluso, sulla base degli atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 c.p.p., ritenendo la correttezza della proposta qualificazione giuridica dei fatti contestati e del previsto trattamento sanzionatorio.

Tale motivazione, avuto riguardo alla rinunzia alla contestazione delle prove e della qualificazione giuridica dei fatti costituenti oggetto di imputazione implicita nella domanda di patteggiamento, nonchè alla speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che ne consegue, appare pienamente adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, Di Benedetto, rv. 191135; Sez. un., n. 10372 del 27 settembre 1995, Serafino, rv. 202270; sez. un., n. 20 del 27 ottobre 1999, Fraccari, rv. 214637).

2. Quanto alla doglianza formulata dal solo A.L., occorre premettere che nella giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente affermato che, nel procedimento speciale disciplinato dagli artt. 444 e segg. c.p.p., l’applicazione della pena si fonda sulla richiesta del pubblico ministero o dell’imputato, cui l’altra parte aderisce convenendo sulla qualificazione giuridica del fatto, sull’applicazione e la comparazione delle circostanze, sulla entità della pena, sulla eventuale concessione della sospensione condizionale della stessa.

L’istituto in esame trova, dunque, il proprio fondamento primario nella convergente richiesta di pubblico ministero e imputato sul merito dell’imputazione (responsabilità e pena conseguente), dal momento che chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa.

Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.

Nella concreta fattispecie, la pena è stata applicata nella misura richiesta e la valutazione in ordine alla congruità della medesima risulta effettuata.

Resta, pertanto, preclusa ogni successiva doglianza al riguardo.

3. La declaratoria di inammissibilità totale dei ricorsi comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè – apparendo evidente che essi hanno proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di Euro millecinquecento ciascuno in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro millecinquecento alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 6 settembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

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